Le informazioni fornite dai denti diventano però più decisive quando si deve determinare l’età di un cadavere o di una persona vivente: sebbene i vari metodi abbiano uno scarto temporale di incertezza e indichino dunque un’età approssimativa, i denti rimangono uno degli elementi più sicuri per la determinazione e di conseguenza questa è una delle competenze richieste a chi si occupa di odontologia forense. “Per i bambini e gli adolescenti fino a 14-15 anni ci si può basare sui tempi dell’eruzione dentale, comparando lo stato della dentizione con dati statistici contenuti negli atlanti, e sulla chiusura degli apici fino al 7°” ha riassunto De Angelis dopo aver mostrato alcuni dei testi di riferimento. Durante le lezioni sono stati anche illustrati i diversi metodi utili per la determinazione dell’età negli adulti tra cui quello basato sul grado di trasparentizzazione raggiunto dalla dentina radicolare dell’individuo, metodo che rende l’idea del tipo di lavoro che l’odontologo svolge: bisogna porre una fonte luminosa dietro al dente, misurare la parte interessata dal fenomeno e inserire i dati ottenuti in una formula complicata a prima vista ma, come assicurano gli insegnanti, relativamente semplice da utilizzare.
L’identificazione: se tutto combacia
Una certezza ancora maggiore è quella che i denti possono fornire quando si arriva all’identificazione, ossia ad associare un nome a resti non riconoscibili a vista. è stata questa parte del corso ad affascinare Pierluigi Lucatorto, odontoiatra free lance di 35 anni che divide le proprie giornate lavorative tra due studi a Milano e uno in provincia di Bergamo dove si occupa di chirurgia orale e parodontologia. “L’argomento che mi ha interessato maggiormente è stato proprio l’identificazione del cadavere tramite l’apparato dentario. è talmente interessante che avrei desiderato dedicare più tempo alle simulazioni pratiche ma nel complesso, come tutto il corso, il modo in cui è stato affrontato si è rivelato all’altezza delle mie aspettative”. E in effetti un odontoiatra ha le conoscenze necessarie, anche se non l’esperienza, per effettuare un tipo di identificazione che si svolge tramite confronto: quando si può disporre di radiografie odontoiatriche o fotografie che mostrano il sorriso della persona che si pensa possa corrispondere al cadavere da esaminare, è compito dell’odontologo individuare e analizzare gli specifici elementi che possono portare all’identificazione. Allora la posizione particolare di un dente, la forma di una radice, la peculiarità di un lavoro endodontico, i contorni di un’otturazione o la specificità di una protesi possono diventare gli elementi decisivi. Le prove infatti sono chieste all’odontologo anche quando vi sono altri dati convergenti proprio perché i denti sono considerati uno degli elementi decisivi per l’identificazione. Vi sono per esempio casi di scomparsa molto conosciuti per i quali, nonostante molti elementi come l’esame del DNA, il luogo del ritrovamento o i vestiti indossati portassero all’identificazione dei resti rinvenuti, l’odontologo che si è occupato delle indagini ha ritenuto di portare come prova identificativa la sovrapposizione, eseguita a computer, tra il profilo della dentatura rinvenuta e quello visibile in una fotografia, talvolta utilizzando proprio quel sorriso reso noto dai manifesti che la famiglia dello scomparso ha utilizzato per le ricerche del proprio caro.
Attenti a spostare il cadavere…
E questo è solo un riassunto di tutto ciò che gli odontoiatri, chi per passione e chi per desiderio di cambiare lavoro, hanno potuto imparare al Corso di perfezionamento. Molti sono gli argomenti a cui non si è accennato: come riconoscere una lesione inferta con un’arma da taglio per esempio, quali effetti provocano le diverse armi da sparo, come si arriva ad analizzare i denti in un cadavere recidendo i tessuti del viso bruciati o irrigiditi, oltre alle discussioni su argomenti riguardanti la deontologia e l’etica professionale. E allora ci si potrà chiedere: sarà utile sapere come si svolge un sopralluogo sulla scena del crimine e come si trasporta un cadavere senza inquinare le prove a chi molto probabilmente non diventerà odontologo forense? Possiamo dire che i corsisti l’hanno trovato decisamente interessante, e che degli argomenti più lontani dalla loro pratica quotidiana hanno apprezzato in generale il desiderio degli insegnanti, che svolgono un lavoro tanto fuori dall’ordinario, di raccontare la propria esperienza e condividere con loro le conoscenze che hanno accumulato in anni di lavoro, parlando sia degli aspetti entusiasmanti sia delle difficoltà. Ma c’è qualcuno che, dopo aver partecipato al corso, ha intrapreso davvero una nuova professione? “Ricordo un corsista in particolare che si era talmente appassionato alla materia da frequentare il corso più volte fino a costruirsi il bagaglio di conoscenze necessario per iscriversi all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio presso il Tribunale e proporsi a diversi studi di avvocati come consulente di parte” ha raccontato Danilo De Angelis. “Così come la preparazione è oggi, in questa professione, uno sforzo individuale di ricerca di conoscenze e di esperienze, anche il lavoro in sé è poi costituito in gran parte dal giudizio e dalla valutazione soggettiva: è infatti il professionista che sceglie quale metodo seguire, quali studi della letteratura scegliere per supportare le sue tesi, e quali elementi privilegiare perché più significativi. è un percorso faticoso e coraggioso ma che può essere affrontato con successo e nel corso del quale, come diciamo sempre a chi si appassiona alle lezioni, i corsisti possono ricontattarci e chiederci i consigli e il supporto di cui hanno bisogno.”
GdO 2010;13
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