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20 Febbraio 2022

La burocrazia che per legge non dovrebbero chiederti ma per legge ti chiedono

di Norberto Maccagno


Dal punto di vista economico ed organizzativo il peso della burocrazia è inversamente proporzionale alle dimensioni e soprattutto all’organizzazione dell’attività: più la struttura è organizzata a gestire le “scartoffie” e meno ne sente il peso ed i costi. Calandoci nell’ambito odontoiatrico uno studio o un laboratorio con un addetto alla segreteria certamente gestirà con più facilità, per esempio, la documentazione legata ai dispositivi medici su misura di quanto lo possa fare uno studio con il solo titolare e l’ASO oppure il laboratorio dove a lavorare è il solo titolare.  

Da sempre intendiamo come burocrazia tutti quegli adempimenti non legati alla “produzione” del lavoro. C’è però la burocrazia più o meno inevitabile -le fatture- e quella che ai nostri occhi, ma anche al solo buon senso, sarebbe evitabile perché la Pubblica Amministrazione o più genericamente lo Stato quei dati già li ha. L’esempio classico è il certificato di esistenza in vita, che fa sempre sorridere anche se oggi è richiesta la sola autocertificazione. 

In questi giorni la Commissione Industria Commercio e Turismo del Senato sta analizzando la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021. Tra i vari articoli una serie di provvedimenti per rivedere procedimenti amministrativi volti a semplificare e facilitare le procedure burocratiche, ed i controlli, per imprese ed attività professionali. In realtà la Legge dà le linee di indirizzo delegando il Governo a definire come fare; quindi, dopo l’approvazione della legge si dovrà ancora attendere. 

Ma quella della semplificazione e “decertificazione” è un tema che il Parlamento ha già affrontato più voltenegli ultimi decenni, approvando anche interventi importanti. Il primo provvedimento fu probabilmente la Legge Bassanini, era il 1997. Alcuni di voi lettori erano ancora al liceo mentre oggi state perdendo le serate inserendo i dati delle fatture nel StS.  

Ma servono nuove norme, ulteriori deleghe al Governo o basterebbe imporre alla PA di rispettare quelle che ci sono già? 

Le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non possono richiedere o accettare atti o certificati contenenti informazioni già in possesso di un’altra amministrazione. Dal 1 gennaio 2012 le certificazioni rilasciate dalle PA sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”. 

Questa è la sintesi di quanto prevede il DPR 28 dicembre 2000 n. 445, modificato dall'articolo 15 della legge n.183 del 2011, la si trova in bella vista sul sito del Ministro della Pubblica Amministrazione. E sapendo come vanno in realtà le cose, sembra più una presa in giro verso noi cittadini che una nota informativa. 

L’elenco delle imposizioni burocratiche inevitabili anche nel solo settore odontoiatrico, perché le “informazioni sono già in possesso di un’altra amministrazione”, sarebbe molto lungo. 

L’ultimo in ordine corologico è la registrazione dell'attività radiologica al STRIMS Intendiamoci, di tutti gli adempimenti per lo studio odontoiatrico imposto dalla nuova normativa sulla radioprotezione è certamente il più gestibile, quello che comporta una piccola perdita di tempo e di fatto nessun esborso economico; a differenza degli altri.
Lo si intuisce anche solo leggendo la guida pratica che le dottoresse Giancarla Rossetti e Anna Violanti, entrambe Esperte di radioprotezione, hanno predisposto per i lettori di Odontoiatria33.
Di fatto entri sul portale con lo SPID, che comunque oggi devi già avere per mille altre pratiche ed è comodo, ed inserisci la data in cui ha notificato all’organismo di controllo il radiografico acquistato ed istallato, i dati dell’apparecchio, il numero di serie e la tensione e corrente massima che l’apparecchio utilizza. 

Ma indifferentemente dal fatto che sia un adempimento semplice o complesso, perché il dentista deve dare nuovamente quei dati all’Amministrazione pubblica quando INAIL e tutti gli altri organismi di controllo li hanno già? 

L’unica spiegazione logica è per giustificare l’attivazione di quel portale o come ci ha ricordato molte volte il dott. Renato Mele nelle sue lettere al direttore: “per far fare a noi dentisti il lavoro che dovrebbe fare l’impiegato pubblico”. 

Per ora la questione del STRIMS sembra accantonata per almeno un anno visto che lunedì la Camera voterà la fiducia sul Milleproroghe dove è stato inserito un emendamento che rinvia l’obbligo a marzo 2023. Tra i firmatari l’On. Rossana Boldi, che dimostra per l’ennesima volta l’utilità per il settore di avere una dentista in Parlamento. 

Utile è stata quindi la comunicazione di ANDI che consigliava i soci di aspettare ad inserire i dati ed ora, come annunciato dai firmatari dell’emendamento, l’obiettivo della proroga è quello di riuscire a fare modificare la Legge ed eliminare anche questo inutile adempimento.

Il dubbio che in noi “uomini della strada” rimane ogni volta che una legge impone una inutile incombenza ed un’altra legge la posticipa o cerca di eliminala è: ma non si poteva pensarci prima?
Bastava che qualcuno ai tavoli ministeriali in cui si discuteva del provvedimento avesse alzato la mano sottolineando che quei dati già erano stati trasmessi, agli uffici preposti ai controlli. 

Sicuramente quella manina si è alzata e la questione è stata sollevata, ma allora non si poteva dirlo?
Non si poteva, invece di aspettare l’ultima spiaggia del Milleproroghe, rendere pubblica la questione, esprimendo il dissenso insieme a tutte le altre professioni coinvolte denunciando che di semplificazione alla Politica piace parlarne, ma poi non si preoccupa di far si che gli uffici preposti applichino quanto definito con le leggi? 

Ed allora, se l’ufficio pubblico non rispetta quanto imposto per legge, perché lo deve fare il titolare dello studio?   

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