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04 Febbraio 2016

Altroconsumo su emendamenti società odontoiatriche. Se il problema fosse reale saremmo con ANDI ma a noi sembra una difesa corporativa


Altroconsumo sente puzza di difesa corporativa dietro agli emendamenti caldeggiati da ANDI e presentati nel Ddl Concorrenza che obbligherebbero gli studi odontoiatrici organizzati in società di capitale ad avere almeno i 2/3 dei soci iscritti all'Albo degli odontoiatri, come avviene per le Società tra Professionisti.

Per esprimere le proprie preoccupazioni l'associazione dei consumatori ha scritto ai componenti della Commissione Permanente del Senato ed al Garante della Concorrenze e del Mercato per chiedere di non approvarli.

"Altroconsumo -si legge nella nota inviata ai parlamentari- è sempre stata contraria alle chiusure monopolistiche e/o corporative del mercato e ritiene che, anche in un settore particolare come quello dei servizi odontoiatrici, un mercato libero, concorrenziale e trasparente non si contrapponga alla necessaria professionalità dei soggetti che vi operano legittimamente e ad un livello elevato di attenzione alla salute dei pazienti. Elementi questi che possono e debbono essere garantiti sia da studi privati tradizionali che da catene di cliniche gestite sotto forma societaria, a condizione che, in entrambi i casi, i controlli siano rafforzati e non avvengano solo in fase di autorizzazione per l'apertura dell'attività".

"Se, peraltro, non è possibile affermare genericamente che le catene di cliniche odontoiatriche abbiano portato ad un vantaggio economico per i cittadini -continua la nota- non vi è dubbio che indirettamente la presenza di queste ultime, insieme all'utilizzo della pubblicità, abbiano sdoganato il tema (prima tabù in questo settore ) dei prezzi introducendo una maggiore trasparenza e attenzione ai costi dei cittadini, anche da parte degli studi odontoiatrici tradizionali".

Ma in realtà la motivazione portata da ANDI per legittimare gli emendamenti che indubbiamente metterebbero in "crisi" le catene odontoiatriche, è sulla tutela del paziente non dal punto di vista della qualità delle cure ma da quello delle tutele.

"La nostra azione", aveva spiegato proprio alle associazioni dei consumatori il presidente ANDI Gianfranco Prada, "ha come obiettivo quello di garantire una maggiore tutela ed efficacia del sistema concorrenziale in cui operano i liberi professionisti per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato e l'iscrizione all'Albo".

Cercando di riassumere, ANDI denuncia che in caso di danno dovuto ad una errata cura il paziente che si è rivolto ad uno studio professionale gestito da un dentista iscritto all'Albo può ottenere il risarcimento di quanto subito anche 10 anni dopo che questo ha chiuso lo studio. Il professionista risponde con il suo patrimonio personale. In caso di chiusura della società proprietaria del Centro odontoiatrico, invece, i pazienti vengono lasciati con le cure da terminare ed, in caso di contenzioso, la società risponde solamente per il capitale sociale versato, spesso poche migliaia di euro.

"Accettando di farsi curare in uno studio odontoiatrico", spiega ad Odontoaitria33 l'avv. Valentina Vaccaro, consulente legale ANDI, "si istaura un contratto tra cittadino e struttura. Con il titolare dello studio se è un libero professionista, con la società se a curalo è un centro odontoiatrico. Nei centri odontoiatrici organizzati in società il medico che effettua la cura è certamente responsabile del suo operato ma la richiesta di risarcimento deve essere intentata alla società con cui il cittadino ha un contratto. Sarà poi eventualmente la società a rivalersi sul medico. Se la società non è più in essere nel momento in cui si manifesta il danno, il cittadino potrà rivalersi sul medico, ma solo se riesce a dimostrare che è stato lui a curarlo e che ne conosca le generalità. Sappiamo come spesso in molti di questi centri odontoiatrici la turnazione dei medici che prestano la loro opera è frequente ed un paziente può anche non venire curato per la durata della terapia sempre dallo stesso professionista".

"Se il problema fosse reale come Altroconsumo non potremmo che essere al fianco di ANDI in questa battaglia "dice ad Odontoaitria33 l'avv. Marco Pierani, responsabile dipartimento relazioni esterne di Altroconsumo. "Però non mi è chiaro come obbligare la società ad avere all'interno del CDA il 2/3 dei soci odontoiatri possa porre rimedio alle paure di ANDI. Mi sembra invece un'ottima operazione mediatica per mascherare un tentativo di eliminare dal mercato i principali concorrenti dei dentisti privati".

"Come Altroconsumo -continua l'avv. Pierani- siamo da sempre a fianco dei cittadini per tutelare i loro diritti, riteniamo indispensabile che chi mette le mani in bocca al paziente sia un professionista abilitato e sia totalmente responsabile di quello che fa, questo vale per gli studi tradizionali così come per le catene. Se ANDI ha trovato una falla legislativa nel sistema o una prassi scorretta da parte di alcuni operatori del settore allora siamo pronti a batterci insieme per sanarla, in modo che il paziente sia tutelato, ma di questo non abbiamo affatto evidenza. Il cittadino deve anche poter contare su di un mercato libero, che offra tutte le garanzie di tutela ma anche tutte le opportunità per scegliere le cure adatte. La soluzione dell'obbligare le società ad avere i 2/3 dei soci iscritti all'Albo, però, non è la soluzione corretta per ottenere questo".

"Vorrei ribadire -conclude- che la responsabilità per danni alla salute sono sia del professionista sia della società, quindi in presenza di una società il paziente danneggiato ha un soggetto in più al quale rivolgersi. Sia il singolo professionista che le società tra professionisti sono tenuti per legge a stipulare una polizza di rc professionale, quindi il paziente che si rivolge ad una società gode di una doppia copertura. E' vero che se la società fallisce e chiude da un giorno all'altro baracca e burattini il paziente in cura rischia di rimanere a metà della cura, ma nulla impedisce che anche il singolo dentista chiuda lo studio e se ne vada alle Bermuda".

Quale potrebbe essere la soluzione giusta?

L'avv. Vaccaro propone di adottare quanto da tempo in essere proprio per gli avvocati prevedendo in ambito odontoiatrico l'istituzione solo di società tra professionisti ed impedendo società con prevalenza di capitale eteroprofessionale che potrebbe incidere sulla scelte sanitarie a favore delle dinamiche del socio di maggioranza e di conseguenza sul rapporto fiduciario tra medico e paziente. "La maggioranza dei soci nelle STP mediche e odontoiatriche è composta da iscritti all'Albo e le STP sono registrate nell'apposito Albo all'Ordine dei medici -spiega il legale ANDI-. In caso di cessata attività il paziente potrà sempre risalire, e rivalersi, nei confronti dei soci che come professionisti ne risponderanno personalmente ed eventualmente in solido".

Norberto Maccagno

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