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26 Settembre 2011

Impianti: la gestione del paziente per evitare il contenzioso

di Cosma Capobianco


Altro aspetto di fondamentale importanza in una rassegna sull’implantologia è il contenzioso medico-legale. Ne abbiamo parlato con Alberto Borioli, implantologo, medico legale e consulente tecnico del tribunale di Novara.

Dottor Borioli, quali sono le cause più frequenti di contenzioso in implantologia?
Il contenzioso nelle riabilitazioni implantoprotesiche è causato principalmente dalla perdita del supporto implantare a pochi anni dalla riabilitazione per perimplantite e dall’assenza dei controlli che l’odontoiatra deve eseguire per intervenire velocemente in caso di necessità.
Osservo che molti colleghi abbandonano a se stessi i pazienti a cui hanno fatto grosse riabilitazioni implantari, senza mettere in atto neanche le sedute d’igiene orale, che sono obbligatorie in questi casi. Fortunatamente molti colleghi si sono organizzati collaborando con laureati in igiene dentale, a cui demandano i controlli periodici. Se questi mancano e la riabilitazione fallisce, l’odontoiatra non ha scampo, venendo imputato di negligenza e imprudenza (per non aver richiamato il paziente).
Si deve eventualmente ricorrere anche a una lettera scritta, se il paziente rifiuta di presentarsi ai controlli. È chiaro che già nel consenso informato il paziente deve dare garanzia e assumersi il rischio nel caso non si presenti. Altra causa importante di contenzioso è la lesione traumatica del nervo mandibolare causata dal fresaggio dell’osso.
Meno frequente è invece la rottura di neostrutture e saldature.
Aggrava il tutto, e lo rilevo molte volte nelle consulenze tecniche d’ufficio, la mancanza di un consenso informato scritto che, sebbene non obbligatorio, permette all’odontoiatra di dimostrare di averlo acquisito.
Quali sono le misure da mettere in atto per prevenire il contenzioso in implantoprotesi?
Occorrono un consenso informato dettagliato, una documentazione completa, comprendente cartella clinica e radiografie pre e post-trattamento, controlli di igiene successivi.
Il dentista sarà così in grado di dimostrare di aver ben operato per raggiungere il migliore risultato.

Quale è il suo parere sulla profilassi antibiotica nei soggetti sani? Le sono capitati casi di contenzioso in cui al dentista è stata addebitata una mancanza in questo senso?
La profilassi antibiotica nei soggetti sani per migliorare la prognosi non si basa su evidenze scientifiche certe, giacché gli studi in proposito sono contrastanti.
Dal punto di vista clinico non è quindi possibile dare indicazioni.
Per contro, la prospettiva dal punto di vista dell’odontologo forense è ben definita e assume carattere di certezza.
Ricordo, in modo vivido, l’esito di una consulenza tecnica d’ufficio a cui partecipai alcuni anni or sono. Un collega aveva eseguito la riabilitazione di tutta l’arcata superiore con impianti post-estrattivi immediati e andò incontro nei giorni successivi a un completo fallimento.
Non si rilevarono cause evidenti dell’insuccesso a eccezione dell’assenza di terapia antibiotica di supporto. Il giudice condannò il collega per imprudenza, sulla base del seguente ragionamento: è vero che l’evidenza scientifica non dimostra con certezza l’utilità dell’antibioticoterapia di supporto, ma è altrettanto vero che non è possibile dimostrare il contrario, e quindi nell’incertezza sarebbe stato certamente più prudente metterla in atto. Anche in altri casi simili ho visto condannare l’odontoiatra per non avere prescritto la terapia antibiotica. Quindi, incertezza scientifica, ma certezza pratica di una sicura condanna. Ognuno tiri da solo le proprie conclusioni.

Fino a poco tempo fa il fallimento di un impianto più corto del solito avrebbe comportato una sconfitta in un contenzioso. Ora gli impianti corti si stanno imponendo sempre di più. Quale è il suo commento?
Premessa indispensabile è che l’odontoiatra deve comportarsi in modo prudente, diligente e perito, e il suo lavoro deve fondarsi sull’Evidence Based Dentistry, cioè sull’odontoiatria basata sulle evidenze scientifiche.
Quando non vi erano evidenze scientifiche sugli impianti corti, il dentista che ne faceva uso poteva essere imputato di imprudenza e soccombere. Oggi, è dimostrato che il loro uso ha una buona percentuale di successo clinico e quindi l’odontoiatra è molto difficilmente imputabile dal punto di vista civilistico e penale se li usa secondo le corrette indicazioni.
È possibile usare gli impianti corti dove l’indicazione sia supportata dall’evidenza scientifica, prevenendo il contenzioso mediante adeguata documentazione clinica (cartella clinica esauriente con radiografie) e consenso informato dettagliato; a tutto ciò si deve aggiungere un’eccellente assicurazione.

GdO 2011;9

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