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31 Gennaio 2012

Ricerca Andi: nel 2011 peggioramento per la professione

di Norberto Maccagno


Un dentista che fatica ad aprire lo studio entro i 5 anni dall’iscrizione all’Albo degli odontoiatri, ma che poi, alla fine, si mette in proprio e odontoiatri che giudicano la propria situazione, dal punto di vista professionale, peggiorata rispetto al 2010. Insomma una professione colpita dalla crisi, come molte altre, ma non sempre preparata a tutte le novità che possano toccarla, sia che si chiamino franchising, low-cost, società tra professionisti e liberalizzazioni. Può essere questa una prima lettura dei dati dei due sondaggi realizzati dal Servizio Studi Andi tra dicembre e gennaio, che hanno cercato di indagare come il dentista italiano si ponga di fronte alla crisi e ai nuovi scenari che potranno nascere, a fronte delle ultime riforme, liberalizzazioni su tutte.

Dentisti in proprio o collaboratori?
Dalla ricerca esce un dentista che fatica - ma non è la novità di oggi - ad aprire lo studio - dal 2000 solo il 60% lo ha aperto entro i 5 anni dall’iscrizione all’Albo degli odontoiatri - ma che poi, alla fine, si mette in proprio, visto che l’89% degli intervistati dichiara di avere una struttura odontoiatrica.
In generale, ma il dato può sembrare ovvio, non hanno un proprio studio, e quindi collaborano in quello di altri professionisti, in prevalenza gli under 35, soprattutto quelli residenti nel Nord Est, dove non ce l’ha il 26% (mentre nel Centro Italia sono il 19% e al Nord Est il 15%). In controtendenza rispetto alla media nazionale sono gli odontoiatri con meno di 35 residenti al Sud visto che solo il 9% lavora in uno non suo.
La ricerca conferma come oggi la maggioranza (57%) dei dentisti italiani preferisca (non sappiamo se per esigenza o scelta) lavorare in un solo studio, solo il 28% dichiara di operare in due, il 10% in tre mentre il 5% in quattro. Uno studio, a giudizio degli stessi proprietari, giudicato medio-piccolo (il 52,8% lo giudica di dimensioni medie, mentre il 30,6% piccolo).

La percezione della crisi
Entrando nel merito della situazione economica i dentisti italiani giudicano la propria situazione, dal punto di vista professionale, peggiorata rispetto al 2010 (42,17% quelli che la ritengono peggiorata, 6,5% molto peggiorata). Non è cambiato nulla per il 40,19% mentre a sorridere, dichiarando che le cose sono andate meglio del 2010 sono l’11,6% degli intervistati. A indicare un calo sono prevalentemente i dentisti “affermati”, ovvero quelli tra i 46 ed i 65 anni.
“Oramai è chiaro che ci troviamo di fronte a un cambiamento radicale del modo di fare professione” commenta Callioni. “Ovviamente paradigmi come il mantenimento della continuità terapeutica con il paziente non sono negoziabili, ma molto di quello che fu la professione di ieri lo è invece diventato. Se non altro, per l’atteggiamento stesso del paziente, certamente condizionato dalla crisi economica finanziaria, ma anche aperto a stimoli nuovi e diversi.”
Intercettare e capire queste esigenze è ormai fondamentale per i professionisti, che dovranno anche mettere in campo strumenti atti ad affrontare questi cambiamenti.

Disponibilità a investire
E la disponibilità c’è tutta: i dati evidenziano come i dentisti italiani sembrano voler reagire all’attuale momento difficile della professione e del Paese investendo nel proprio studio. Il 64% sarebbe disposto ad arricchire o ammodernare le attrezzature dello studio, magari con nuove tecnologie per stare al passo con i tempi, ma anche con risorse umane, il 16% non sa.
In prevalenza a voler investire sono i dentisti tra i 46 e i 55 anni (27,7%) e quelli tra i 36 e i 45 anni (15%). In particolare il 57% investirebbe in attrezzature ad alto contenuto tecnologico, il 23% in normali attrezzature per lo studio (riunito, autoclave, e così via), mentre il 20% in risorse umane.
“Dai dati” continua Callioni “emerge il coraggio e la volontà tipici di coloro che quotidianamente ci mettono la faccia, mettendo mano ai propri risparmi per reagire, rinnovarsi anche mediante l’acquisto di costosi e sofisticati beni strumentali al fine di migliorare la qualità delle cure offerte”.
“Ma le istituzioni” precisa il presidente Andi, Gianfranco Prada “devono sostenere i dentisti liberi professionisti e tutto il settore con misure concrete come la reintroduzione della Legge Tremonti-Ter applicabile alle realtà professionali, alla possibilità di maggior detraibilità nello stesso esercizio di beni anche di costo superiore ai 516 euro (l’antica soglia del milione di lire) e una riduzione del periodo di ammortamento dei beni strumentali specifici odontoiatrici”.

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