Malagnino (ENPAM): non convincerli ma incentivare e favorire lo spirito imprenditoriale, anche di gruppo, offrendo loro opportunità e sostegni
Da tempo varie indagini indicano che gli odontoiatri sono sempre più collaboratori e meno titolari di studio, e questo comporta vari problemi: dal rischio di modificare il modello di esercizio della professione oggi basato sullo studio monoprofessionale gestito dall’iscritto all’Albo a quello previdenziale.
Qualche giorno fa Odontoiatria33 ha fatto il punto sugli strumenti che ENPAM ha previsto per sostenere i liberi professionisti nell’accesso al credito con l’obiettivo di aiutare gli under 40 ad aprire il proprio studio o aggregarsi per aprire una StP o uno studio associato.
Ma la scelta di fare i dentisti come collaboratori, e non come titolari di studio, è una necessità a causa di problemi economici oppure una scelta?
Ne abbiamo parlato con il Vice presidente ENPAM Giampiero Malagnino.
Presidente Malagnino, dal suo punto di vista la scelta della collaborazione è una scelta obbligata perché aprire un studio è troppo costoso oppure una scelta, alla fine giudicata “comoda”, in quando consente di svolgere la professione che si è scelta senza pensare alla burocrazia ed altri problemi?
Oggi aprire uno studio è sicuramente più rischioso. Sia dal punto di vista del reperimento dei capitali per poterlo aprire, ma soprattutto per il suo mantenimento, considerando che ci sono molti casi di chiusure per mancanza di pazienti. L’imprenditorialità che fa parte del bagaglio del libero professionista viene messa in crisi o in grande difficoltà quando si manifesta una crisi economica.
Un giovane odontoiatra oggi è chiamato a investire nel proprio lavoro senza però la sicurezza che questo sforzo dia i frutti sperati in un contesto in cui - in base agli ultimi dati - solo il 40% di coloro che avrebbero bisogno di andare dal dentista ci va. Gli altri rinunciano per problemi economici.
Oltre all’incertezza economica, la ridotta propensione all’apertura di uno studio può dipendere dal fatto che i giovani odontoiatri non si sentono sicuri della loro capacità di rispondere efficacemente alle richieste dei pazienti. Quando escono dall’Università non sono completamente formati come professionisti e quindi alcuni preferiscono avere un ulteriore periodo di ‘apprendistato’.
In sostanza, se non sono stato formato in maniera completa - anche dal punto di vista pratico - io giovane odontoiatra faccio fatica a rischiare sul piano economico, ma anche su quello professionale.
Mi riferisco tanto alla capacità di effettuare una prestazione odontoiatrica complessa quanto a quella di occuparsi degli aspetti più gestionali che riguardano la professione in generale.
C’è una carenza di formazione pratica all’università e c’è una difficoltà oggi ad entrare nel modo del lavoro come libero professionista perché, soprattutto in Medicina e in Odontoiatria, ci sono aspetti relativi alla burocrazia e alla parte gestionale molto complessi.In questo ambito, l’iniziativa della Cao e del Collegio docenti di inserire nell’ultimo anno un corso di professionalità relativo a tutto quello che riguarda la gestione di uno studio e l’ingresso nel modo del lavoro è molto utile.
Quindi direi non tanto più comodo, quanto meno rischioso.
Da più fronti, in odontoiatria, viene indicata l’aggregazione come la soluzione per avere uno studio proprio e gestire in condivisione investimenti ma anche timori e burocrazia. Lo strumento ideale è la StP?
Certamente la Società tra professionisti è quella che dà la possibilità di gestire al meglio uno studio per le garanzie che offre. Intanto, la Stp deve essere iscritta all’Ordine e quindi rispettare il codice deontologico, al contrario delle altre forme societarie. Secondo, un’aggregazione di più colleghi può favorire l’ingresso del modo della professione dei giovani soprattutto se questa aggregazione viene fatta tra professionisti con età e motivazioni diverse.Io credo che le varie componenti che rappresentano la professione debbano promuovere una maggiore collaborazione tra colleghi con esperienza e giovani che devono entrare nel modo del lavoro, per spiegare bene che l’Odontoiatria, come le altre professioni medico sanitarie, non può avere mire finanziarie.
Si tratta di distinguere. Le catene o le società che sono costruite dalla finanza e finanziate da gruppi di capitali hanno come obiettivo quello di un rendimento indipendentemente dalla qualità della loro attività. Il loro obiettivo è naturalmente il fatturato più che la soddisfazione delle esigenze dei pazienti, che vengono in un secondo momento rispetto al gradimento dell’investitore. Il libero professionista invece è sì un investitore, ma deve sempre avere la deontologia e il rapporto con il paziente come primi punti di riferimento.
Si tratta di un concetto che deve essere tenuto ben presente sia durante il corso degli studi che all’inizio dell’attività professionale e che deve guidare lo sviluppo della carriera di chi vuole aprire un proprio studio.
Quindi c’è un tema legato al tutoraggio: che può esser fatto da colleghi che interpretano correttamente la professione, deontologicamente corretti, oppure fatto da società che hanno come obiettivo il fatturato.
Quale consiglio può dare ad un giovane odontoiatra che ha come obiettivo uno studio proprio?
I giovani colleghi devono interessarsi a questi aspetti della professione e seguire le indicazioni delle Associazioni di categoria. Devono evitare di farsi attrarre dalla comodità di uno stipendio che a 25 anni può esser comodo, ma che non lo è più a 40 - perché rimane sempre lo stesso - condizionando l’intera loro vita professionale. Inoltre, da un punto di vista previdenziale un reddito basso significa una pensione bassa, quindi una povertà futura che sarà difficile fronteggiare.
È necessario incentivare lo spirito imprenditoriale di gruppo e consolidare i principi della deontologia che informano la nostra professione. Questo va fatto sia nel momento della formazione - durante il corso di laurea - sia subito dopo, seguendo le indicazioni delle singole associazioni sindacali e degli ordini professionali.ENPAM, per quello che può fare, ha previsto che nel bando per la concessione dei mutui - a parità di condizioni - venga favorita quella fatta da professionisti tra loro aggregati. Rimane però un impegno che spetta alle Associazioni sindacali e alla CAO.
Indubbiamente resta il problema generale di come fare in modo che quel 60 per cento di pazienti che avrebbe bisogno di andare dal dentista ma ha problemi economici, si possa curare. E questo è compito delle Associazioni sindacali che devono trovare una qualche forma di promozione e di tutela, anche economica dei cittadini, che devono andare dal dentista approfittando della sanità integrativa. Questa andrebbe utilizzata bene, evitando che le risorse messe a disposizione vengano utilizzate solo parzialmente per le cure e che invece una larga parte delle stesse entrino a far parte del profitto legittimo, degli utili delle assicurazioni o dei fondi di sanità integrativa.
Certamente bisognerebbe però che la politica, il parlamento, prendesse atto che tra i tanti settori in crisi e che sta aiutando c’è anche quello dell’Odontoiatria e intervenisse dal punto di vista fiscale. Se non altro per dare la possibilità ai cittadini bisognosi di cure di andare dal dentista - pubblico o privato - ma di poterci andare.
Anche la salute orale fa parte del concetto di Salute e non è una Salute di secondo piano.
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