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17 Novembre 2019

Quando tra merendina e dentiera, la differenza la può fare come viene intesa una tassa

di Norberto Maccagno


“Ci tassano anche l’aria”. Novembre è da sempre il mese più adatto per questo detto, soprattutto per gli autonomi alle prese con le rate dei pagamenti delle tasse e tra qualche giorno con l’acconto di quelle che si dovrebbero pagare tra un anno. Una battuta che fino a pochi anni fa era buona al bar, cercando un argomento che non creasse divisioni, al pari del “piove governo ladro”. 

Con i social, ora, invece che al bar queste “perle di saggezza” le si condivide su Facebook, e in questo periodo storico dove la politica è fatta sui social solo attraverso slogan e mai con approfondimenti, ecco che qualsiasi proposta diventa oggetto di aspre critiche anche quando il fine è: per il nostro bene. O dovrebbe esserlo. 

Tassano le merendine dei nostri figli, le bottiglie e bicchieri per l’acqua perché non sanno più dove prenderci i soldi dalle tasche, si è letto sui social e non solo dopo la presentazione della manovra finanziaria. In realtà non è proprio così, la tassa è sullo zucchero aggiunto (quello industriale) e la plastica non riciclabile, ma il "meme" non consente precisazioni e comunque poco cambia. 

Vediamo di provare ad uscire dallo slogan “pro consenso”, ed approfondire la tassa che dovrebbe essere accolta con entusiasmo dal settore odontoiatrico: la sugar tax. Invece salvo la presa di posizione della FNOMCeO che accoglie favorevolmente le forme di disincentivo verso zucchero e plastica introdotte in finanziaria, nel dentale non mi sembra ci siano stati commenti

dati portati dal SIOI confermano quanto voi dentisti indicate da sempre, ovvero i rischi per la salute dei denti, e non solo, di una alimentazione troppo ricca di zuccheri “cattivi”

Ed allora perché non sostenere con forza una tassa che cerca di disincentivare l’utilizzo dello zucchero dannoso chiedendo di estenderla non solo alle bibite, ma anche a merendine ed altre dolci schifezzine? Chiedendo, poi, che i proventi vadano a finanziare cure e prevenzione odontoiatrica verso i più giovani.
Sarebbe anche un’ottima occasione mediatica per tornare a sensibilizzare i cittadini sul valore di una alimentazione sana, sulla prevenzione, sull’igiene orale, e sulle carenze del nostro SSN verso l’odontoiatria. 

Certo il sentito comune è quello che pensa che al Governo non frega nulla della nostra salute ma cerca solo di fare cassa puntando a quei possibili proventi che la tassa sulle bibite gassate porterebbe nelle, vuote casse dello Stato. 

Sono convinto che in buona parte la motivazione sia questa, ed infatti ai primi borbottii mediatici la tassa esce da merendine e dolciumi e rimane solo sulle bibite gassate. Anche perché dare addosso alle multinazionali crea sempre consenso, e ad Atlanta non si vota per le Regionali

Poi ci sono i benaltristi che sostengono che invece di vietare (quindi tassare), si deve premiare. Sono d’accordo anche con loro. 

Peraltro sempre nel nostro settore ci aveva provato l’ANDI del presidente Callioni, molti anni fa, ad ipotizzare un sistema premiante per chi effettuava viste periodiche di controllo, o quando fu nominato membro del Consiglio Superiore di Sanità (gli ho chiesto conferma ad un mio ricordo qualche giorno fa), di creare un sistema virtuoso che invogliasse i bambini a lavarsi i denti nelle scuole e consumare cibi sani in alternativa alle merendine preconfezionate o alle bibite gassate e zuccherate, imponendo anche limiti nell’utilizzo dello zucchero nei cibi. 

Lo scopo della sugar-tax l’ha ricordato il presidente SIOI Lugi Paglia quando mi scrive via WhatsApp: “Si dovrebbe capire che migliorando alimentazione e stili di vita nel bambino, diminuirebbero le malattie croniche degenerative dell’adulto rendendo il Sistema Sanitario sostenibile nel lungo periodo, se questo è lo scopo delle tasse sulle bevande e sui dolci ben vengono, se invece è la colletta per coprire i buchi di bilancio, non ci siamo”. 

Perché invece le due anime non possono convivere? 

Se questa tassa aiuta a stare meglio e fare risparmiare lo Stato in termini di mancata assistenza sanitaria e trova fondi per il SSN, non può essere una tassa meno indigesta? Già perché, come dice giustamente il presidente Paglia, chi si ingozza di merendine avrà problemi di salute che poi lo Stato dovrà curare. E se poi, aggiungo io, il “ciccione” è anche un evasore, il costo sociale è anche doppio. 

La sugar-tax, ma anche la plastic-tax, vista con l’italica mentalità credo che alla fine il risultato sia solo quello del portare soldi allo Stato a spese di noi cittadini, perché le aziende gireranno i costi della tassa sul prezzo di acquisto del prodotto.  

E sappiamo anche come le tasse non siano un forte deterrente per la maggior parte dei consumatori: fumo, alcol, gioco d’azzardo ne sono la prova. Ma questo avviene nei Paesi come l’Italia, dove la politica e buona parte dei cittadini, non riesce a guardare mai oltre l’attuale, e spesso arriva comunque tardi. 

L’inchiesta sul tema sugar-tax che abbiamo affidato a Davis Cussotto ci mostra un quadro diverso da quello fatto dai “criticoni” italiani, ci indica che in molte delle nazioni in cui è stata applicata, non tanto si è ridotto il consumo di merendine o bevande zuccherate ma si è ridotta la presenza degli zuccheri aggiunti (quelli dannosi) nei prodotti, che sono stati sostituiti con altri prodotti più sani. L’immissione sul mercato dei prodotti “zero” è anche una conseguenza di questo, oltre che di una ottima strategia di marketing. E poi i fondi raccolti con la tassa, in moti casi sono andati a finanziare campagne di prevenzione e la sanità pubblica

In molti Paesi sono state le aziende, invece di fare spallucce ed aumentare i prezzi dei prodotti per compensare le tasse che dovevano versare allo Stato, ad investire sulla ricerca per creare prodotti più sani.

Nel nostro Paese, con molta probabilità, questo non avverrà e le critiche sull’iniziativa rimarranno perchè (ma l’ho già scritto) ci compriamo la maglietta per salvare le tartarughe minacciate dai sacchetti di plastica, ma poi diamo di matto se dobbiamo pagare al supermercato qualche centesimo per i sacchetti in materiale biodegradabile che contengono la verdura. 

Nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore, in uno dei tanti articoli che parlavano dell’Ilva, pubblicava la foto di un muro di Taranto con la scritta: “o l’acciaio o la vita”

Perché invece di indignarsi per una tassa contro i bambini obesi, non ci si mobilita per pretendere che acciaio e vita possano convivere, che tutela dei posti di lavoro e dell’ambiente siano la normalità, che la tutela della salute cominci da cosa ci fanno trovare al supermercato, o nel nostro caso, mettiamo sotto i denti?   

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