Se è impossibile, oggi, fare delle previsioni, alcuni dati di una ricerca Key-Stone permettono di fare dei ragionamenti. Li abbiamo chiesti a Roberto Rosso che suggerisce, anche, consigli
In piena pandemia, sarebbe decisamente prematuro fare qualsiasi previsione sugli sviluppi futuri ed ancora di più delle previsioni.
Un’indagine condotta da Key-Stone, l’istituto di ricerche di mercato specializzato in ambito salute e più nello specifico del settore odontoiatrico, sulle opinioni e abitudini rispetto alla frequentazione dei pazienti degli studi odontoiatrici -dati raccolti nei gironi in cui l’Italia si apprestava a chiudere- offrono certamente interessanti spunti per dei primi ragionamenti.
Per sollecitarli, abbiamo posto alcune domande a Roberto Rosso (nella foto), presidente di Key-Stone, a cui abbiamo anche chiesto quali sono le azioni che in questo periodo di inattività gli studi possono attivare per farsi trovare pronti alla ripartenza.
Ci spiega il sondaggio?
Il sondaggio nasce in seno a una più ampia ricerca Key-Stone, sulle opinioni e abitudini rispetto alla frequentazione di studi medici polispecialistici, centri diagnostici e studi dentistici. La ricerca ha voluto anche indagare le reazioni rispetto all’allarme e ai recenti provvedimenti connessi alla diffusione del contagio da coronavirus Covid-19.Dobbiamo premettere che il sondaggio è stato concluso il 10 di marzo, quindi il giorno prima della “lockdown” comunicato al Presidente del Consiglio la sera dell’11 marzo. Nonostante ciò questa ricerca aiuta a comprendere l’atteggiamento dei cittadini prima che certi comportamenti diventassero obbligatori.Il sondaggio, effettuato durante cinque giorni, dimostra una forte eterogeneità di giudizio tra gli intervistati, anche se si può notare come oltre la metà del campione fosse favorevole alle misure adottate nonostante l’inevitabile impatto sull’economia.
Ma è sorprendente notare il netto cambiamento di opinione avvenuto negli ultimi giorni, con l’inasprirsi del numero dei casi di contagio e le allora più recenti misure, i soggetti favorevoli ai provvedimenti di legge e a comportamenti più rigorosi è aumentato in modo drastico: segno di un cambiamento attitudinale importante, una probabile presa di coscienza della situazione di difficoltà e di rischio per la salute pubblica.
Il sondaggio ha valutato specificatamente i possibili timori dei cittadini anche rispetto alle cure dentistiche, cosa è emerso?
L’indagine ha voluto anche analizzare eventuali decisioni e cambio di comportamento nel caso in cui i cittadini debbano sottoporsi a consulti medici specialistici, a esami diagnostici o a visite odontoiatriche in questo periodo.In particolare, il sondaggio ha misurato l’eventuale ostacolo rappresentato dal rischio di contagio nella decisione di sottoporsi a uno dei servizi precedentemente indicati attraverso la seguente domanda:
"Considerando l’allarme generato dal Coronavirus nelle ultime settimane, qualora in questi ultimi giorni abbia necessitato – o potrebbe necessitare nel mese di marzo – di prestazioni mediche tra quelle di seguito elencate, quale è stato – o sarebbe – il suo atteggiamento?"
Nel grafico si possono osservare i risultati.
Anche in questo caso, le opinioni cambiano se raccolte negli ultimi due giorni. Come si può osservare nei risultati comparati per periodo, l’aumento della consapevolezza della situazione generale che sta attraversando il Paese induce una parte dei cittadini a posporre alcune prestazioni mediche.In particolare, sono le prestazioni che prevedono una relazione personale con il medico a risentire principalmente del maggior allarme, con un forte aumento a posporre le visite specialistiche e, in modo molto marcato, proprio gli accessi agli studi dentistici.
Non sapendo quando l’epidemia durerà è difficile ipotizzare quando gli studi potranno riaprire. C’è un rischio che il paziente post pandemia, vedrà in modo diverso l’andare dal dentista? Lo veda come un rischio?
Tutto ciò che descriviamo attraverso il sondaggio, avveniva nei giorni antecedenti i provvedimenti più restrittivi del Governo, prima che fossero gli stessi studi medici e dentistici a chiudere, di fatto, le proprie attività. Chiaramente dobbiamo iniziare a chiederci quale sarà la situazione quando si uscirà da questa situazione contingente.La ricerca dimostra chiaramente una percezione degli ambulatori medici, diagnostici e dentistici come possibili “luoghi di contagio”, e ciò potrebbe avere un enorme impatto nelle abitudini dei cittadini e per i professionisti della salute, poiché con l’auspicata uscita dalla fase di emergenza, i contagi saranno probabilmente attenuati, si ridurrà lo stress sul sistema ospedaliero, ma la malattia sarà ancora presente per molto tempo e i cittadini dovranno tornare a “fidarsi” degli abituali luoghi e dei professionisti sanitari, cui si sono sempre rivolti con totale fiducia. Come possiamo osservare nel grafico, prima ancora del “lockdown” sono state proprio le visite dentistiche quelle ad essere percepite come le principali occasioni da evitare tra quelle mediche, con un maggior aumento della parte di intervistati che posporrebbero il consulto. È quindi possibile che, a seguito di questa fase emergenziale, siccome la malattia continuerà probabilmente ad essere in circolazione per molti mesi, ahi noi forse anni, in attesa del vaccino, ci potrebbe essere una maggiore attenzione e timore della popolazione rispetto a questo possibile contagio, ed è indubbio che una parte dei cittadini possa vivere lo studio dentistico come uno dei possibili “luoghi di contagio”. Ora la situazione in Italia è ulteriormente cambiata, poiché con i provvedimenti dell’11 di marzo quasi tutti gli studi hanno chiuso e offrono solo servizi di emergenza.Sarà quindi normale assistere ad una forte riduzione delle prestazioni odontoiatriche e a un calo del mercato, anche importante, in questa prima fase.
Da tempo lei si occupa anche di consigliare i dentisti su come organizzare il loro studio. Quali in consigli può dare rispetto a questa situazione, quali conseguenze ci potrebbero essere?
È chiaro che se questa situazione di stallo dovesse durare a lungo, si potrebbe innestare una nuova crisi economica e sociale, che potrebbe riportare il paese in una situazione recessiva più strutturale, ma augurandoci un ciclo negativo di breve durata (meno di tre mesi) possiamo immaginare che ci possa essere un rimbalzo positivo a seguito di questa inevitabile frenata di prestazioni dentali. Viceversa, gli scenari del paese intero sarebbero imprevedibili, e i danni incalcolabili. Chiaramente occorre che gli studi dentistici, i laboratori e le imprese posano contare su una certa solidità finanziaria che gli consenta di “resistere” per un certo periodo, ci si aspetta anche che il Governo e le autorità europee vadano in soccorso dell’economia generale, ancor più di quanto si è fin qui legiferato.
Ci sono delle attività che il titolare di studio può già organizzare in previsione della riapertura? Magari diversificando i consigli per i piccoli e gli studi più organizzati.
Chiaramente lo studio dentistico più piccolo ha probabilmente meno incombenze in merito ai costi fissi dell’attività e le problematiche potrebbero riferirsi soprattutto ai ricavi professionali e alle possibili ripercussioni sul patrimonio personale. Le organizzazioni più grandi devono poter attingere agli ammortizzatori sociali e ai provvedimenti governativi, anche se non sono certo possano essere sufficienti, in particolare è la crisi di liquidità che potrebbe avere un impatto molto rilevante sul sistema e sulle organizzazioni. Ognuno dovrà valutare la propria situazione in chiave prospettica, cercando di realizzare un budget previsionale a ricavi più che limitati, facendosi eventualmente consigliare da consulenti esperti in merito ai provvedimenti da prendere, ma occorre attivarsi subito con queste proiezioni, valutando una o più strategie di gestione della crisi.
Secondo lei cosa potrà insegnare questa emergenza al settore dentale?
Sto riflettendo sulle teorie di finanza aziendale che di fatto invitano a reinvestite sempre gli utili limitando gli accantonamenti, e mi rendo conto che per le microimprese probabilmente occorre pensare a modelli di sviluppo più prudenti, secondo i vecchi e sani principi del “buon padre di famiglia”. La domanda da farsi è lapalissiana: “Siamo certi che non occorra ragionare su accantonamenti più rilevanti per la gestione delle fasi recessive, anziché correre verso il reinvestimento di tutti i profitti in nome della crescita?”
Credo che farò valutazioni diverse per il futuro anche rispetto alla gestione imprenditoriale dello studio dentistico e del laboratorio, alle logiche di investimento, di accantonamento e di ripartizione dei profitti. Quindi in merito alla gestione dei futuri utili provenienti dall’attività odontoiatrica e odontotecnica mi riservo di fare qualche riflessione più avanti. Ma di certo dobbiamo pensare anche al secondo fattore che ho citato, ovvero la percezione di rischio sia dei pazienti, sia degli operatori, nell’attività odontoiatrica del futuro. È abbastanza chiaro che sia la gestione delle agende, evitando sovraffollamenti in attesa, che l’utilizzo più marcato di dispositivi di protezione individuale diventeranno un must dell’attività susseguente la fase emergenziale. E anche in questo caso ci dobbiamo fare una domanda strategica: “Come sarà il nuovo modello di business? con quali costi, quali prezzi e quali margini? Ma anche, quanta domanda da soddisfare e con quale sistema competitivo?”
Ci sono dei lati positivi che si possono cogliere?
Non vorrei apparire prosaico, ma da sempre ci diciamo come già nell’etimologia stessa della parola “crisi” sipossa cogliere anche una sfumatura positiva, in quanto si tratta di un momento duro, ma di riflessione, di valutazione, una fase nella quale si prendono decisioni su possibili cambiamenti in chiave di miglioramento e di rinascita.Tornando però nel concreto, vorrei ricordare che i trattamenti dentistici non sono “consumabili”, si tratta di servizi sanitari che vengono posposti di alcuni mesi, ma che prima o poi verranno effettuati dalla popolazione. Siamo fortunatamente in un settore che non può fare a meno delle prestazioni odontoiatriche, per questo motivo l’abusato e forse sorpassato termine “resilienza” torna prepotentemente attuale. Ma non basta resistere, anche se già parrebbe molto, occorre avere visione strategica e progettare un modello di odontoiatria e di business diverso, sia per affrontare il nuovo scenario - in cui le infezioni crociate per via aerea diventano forse per la prima volta centrali - sia per preservarsi da possibili future situazioni recessive.
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