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07 Marzo 2018

I camici bianchi sono sempre più rosa, ma la governance no

L’esperienza di Sandra Frojo, una delle sole 5 presidenti CAO donna

Francesca Giani

La professione è sempre più al femminile. Non così, però, la sua rappresentanza, tra Ordine e sindacato, che resta in buona parte espressa dalla componente maschile della categoria. I dati parlano chiaro: sotto i cinquant’anni sono più donne medico inscritta all’ordine che maschi. Per gli odontoiatri la prevalenza maschile è ancora “maggioritaria” ma se consideriamo gli iscritti odontoiatri con meno di 40 anni, il rapporto tra uomini e donne è quasi paritario (5337 le donne, 6.777). Disastroso invece il rapporto dei presidenti CAO, solo 5 donne su 106 presidenti.   Dalla legge Lorenzin, con i suoi decreti attuativi, c’è sicuramente un passo in avanti verso le pari opportunità, ma a servire è “un cambio di paradigma” che deve investire l’organizzazione e la visione delle istituzioni e, soprattutto, “il nucleo famigliare”, nella direzione di una conciliazione famiglia-lavoro che dovrà ricercare un equilibrio - anche con l’aiuto delle politiche sociali - che non penalizzi la donna.  

A parlarcene Sandra Frojo (nella foto), presidente della Commissione Albo Odontoiatri dell’Ordine di Napoli e una dei cinque rappresentanti ordinistici donna. “Ci si interroga spesso, soprattutto in periodi elettorali e post elettorali, sulla mancanza di una adeguata rappresentanza delle donne negli Ordini. Non fanno eccezione la professione medica e odontoiatrica, vincolata a una legge istitutiva del 1946 e a un regolamento del 1950. A oggi, la legge Lorenzin, nei decreti applicativi, dovrà dare spazio a concetti di "pari opportunità" e "quote di genere" e questo è positivo. Ma anche queste elezioni sono state una occasione persa per segnare una inversione di tendenza e per comprendere che la parità non è una cancellazione di ogni differenza, ma la ricerca della reciprocità”.   Il problema più grande, continua, è che “la componente maschile non ne vuole sapere di competizione, mentre le donne, dal canto loro, sono sottoposte a una pressione di selezione che le vede protagoniste in famiglia nel ruolo di caregiver nei confronti dei vari membri del gruppo familiare, dal neonato all'anziano. Non c'è dubbio che chi fa una scelta di impegno per una posizione di vertice nelle istituzioni e nelle organizzazioni professionali sceglie di fare grandi sacrifici nel tempo che viene sottratto alla sfera personale”.  

Ecco allora che “la richiesta di una sempre maggiore attenzione alle difficoltà delle donne apre il grande tema della conciliazione lavoro-famiglia che deve vedere una maggiore attenzione ai servizi dedicati alla famiglia. Servizi però che non vanno intesi come una "cortesia" alle lavoratrici, ma un riconoscimento alla genitorialità, vale a dire alla maternità e alla paternità, che si estrinsecano nella 'capacità di prendersi cura'. Diventare genitori richiede una riorganizzazione sul piano pragmatico - portando a cambiamenti sociali ed economici -, nello stile di vita e sul piano lavorativo per entrambi. Per quel che attiene la mia storia personale, mai avrei potuto investire il tempo necessario per raggiungere questa carica senza l'apporto determinante della mia famiglia, in particolare di mio marito, dei miei genitori, dei miei suoceri, delle mie amiche, che a titolo diverso hanno incoraggiato e sostenuto la mia professione”.

Un ruolo importante lo giocano anche le politiche che si mettono in atto all’interno delle istituzioni: “il ruolo di un Presidente è quello di venire incontro e accogliere le istanze, le richieste, le sollecitazioni dei colleghi. Ci sono piccoli ma significativi segni di cambiamento nel nostro Ordine, come quello di consentire la possibilità di seguire la formazione non solo nei fine settimana, dove la organizzazione familiare si complica, di creare un network di colleghi per le sostituzioni in studio in caso di necessità, di garantire che le informazioni utili nella gestione dello studio e della professione circolino in modo veloce e semplice, di aumentare il senso di appartenenza”.

Insomma “uomini e donne possono farcela con un cambio di paradigma che vedrà le prossime generazioni alla prova del fuoco per numeri e ambizioni sempre più declinate al femminile. Uno straordinario potenziale di risorse sociali e civili per lo sviluppo della nostra Professione. Senza scadere nei luoghi comuni, il Comitato centrale e gli Ordini dovranno dare risposte concrete, positive e coerenti ai cambiamenti che sta attraversando la professione. Integrare una diversità è una grande opportunità: auspichiamo che la nuova governance voglia intestarsi appieno questo necessario cambiamento”.  

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