Il prof. Roberto Di Lenarda dal 1° gennaio 2019, è il nuovo presidente del Collegio dei Docenti Universitari di discipline Odontostomatologiche. Lo affiancheranno il prof. Filippo Graziani come segretario, e la professoressa Livia Ottolenghi come tesoriere.
Prof. Di Lenarda, prende in mano un Collegio sempre più centrale all’interno del mondo odontoiatrico.
È un ruolo centrale, costruito nel passato in condizioni irripetibili, ma che da un decennio e per il futuro lo sarà nella misura in cui saremo seri, credibili, difendibili e aperti al confronto senza paura e senza alibi. Convinti di poter svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo del mondo odontoiatrico.Per questo dobbiamo ringraziare la professoressa De Stefano Dorigo, che ha gestito con maestria e rettitudine un cambio generazionale complesso, la professoressa Polimeni, quintessenza del professore universitario nel senso più alto del termine, e il professor Gherlone, past-president, grande organizzatore e ottimo amico, oggi e nel futuro.Il Collegio è una associazione costituita 25 anni fa a cui afferiscono più di 500 docenti in tutta Italia. A differenza della gran parte dei Collegi di area medica, il CDUO è costituito non solo dai professori ordinari, ma anche dagli associati e dai ricercatori universitari. È una grande ricchezza che ci permette di essere realmente rappresentativi di tutta l’odontoiatria accademica.
Quali sono i punti centrali del suo programma?
Credo vada rafforzato il ruolo del Collegio dei Referenti. Sono convinto che dobbiamo basarci su qualità, impegno e serietà per valorizzare il ruolo delle sedi universitarie, soprattutto quelle pubbliche, che vanno aiutate a superare le criticità che, pur a macchia di leopardo, persistono.Un mio desiderio, che so pienamente condiviso dai presidenti della Conferenza permanente dei corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria, professor Lorenzo Lo Muzio, e della Commissione nazionale dei Cdl in igiene dentale, professoressa Maria Rita Giuca, è l’armonizzazione dei piani di studio dei corsi di laurea, sia per favorire la possibilità di trasferimento degli studenti da una sede all’altra (ancora più importante in presenza della graduatoria nazionale nell’esame di ammissione), sia per garantire a tutti una preparazione teorica, ma anche pratica, uniforme e adeguata. Molto è stato fatto e il progress test oramai attivo da anni, sia per il CLMOPD che per il CLID, è la chiara dimostrazione che il tempo non è passato invano per raggiungere una formazione di livello europeo. Dobbiamo fare ora un nuovo salto di qualità.
Si è riaperto, se mai si era chiuso, il dibattito sul test e sul numero programmato. Quale è la sua posizione?
L’esame di ammissione presenta oggettivamente criticità significative. Il numero programmato è doveroso, ma l’attuale organizzazione degli scorrimenti si è dimostrata fallimentare sia nel prevenire i ricorsi, motivo per il quale era stata introdotta, sia nell’efficace reclutamento di studenti. A otto-nove mesi dal test, più di 1 posto su 4 non è stato coperto. Inoltre, non raramente, gli studenti all’inizio del secondo anno di corso si re-iscrivono all’esame di ammissione e in molti casi si trasferiscono al Corso di laurea in medicina e chirurgia, lasciando liberi ulteriori posti, accentuando l’inefficienza del sistema già caratterizzato, storicamente, da alcuni corsi di laurea con ridotto potenziale formativo.
Soluzioni possibili?
È necessaria una riflessione approfondita in quanto le soluzioni sono teoricamente molteplici. Da un lato, quella che a titolo personale ritengo da tempo la soluzione preferibile è un biennio o un triennio comune tra medicina e odontoiatria e successiva diversificazione con un percorso a Y che potrebbe prevedere un virtuoso meccanismo di doppia laurea. Dal lato opposto, la possibilità di separare completamente l’esame di ammissione di odontoiatria e medicina: sicuramente risolverebbe alcuni problemi, ma ne aprirebbe altri. Attualmente il dibattito politico vede sul tavolo la proposta di modifica delle modalità di accesso del Rettore di Ferrara (docente di Anatomia) che riprende nella sostanza il cosiddetto “sistema francese”, molto discusso persino in Francia e prevedrebbe l’iscrizione ai corsi di laurea per gli studenti che entro il mese di gennaio abbiano superato, in test scritti, tre esami (fisica, biologia-istologia e anatomia) con una votazione di almeno 27/30.Personalmente ritengo questa proposta irragionevole e sostanzialmente. Solo alcuni dei temi irrisolti: perchè un esame di anatomia dovrebbe essere in grado di valutare la predisposizione alla professione medica o odontoiatrica più di un test di logica o di cultura generale? Come evitare che vengano penalizzate le sedi più selettive/serie(?) con gravi distorsioni nella distribuzione delle domande di iscrizione? Se si aumentano le iscrizioni di un 30-40% come garantire, isorisorse, una formazione di qualità? Come si possono aiutare i docenti a resistere alla pressione di studenti, docenti e ambiente? L’unico obiettivo che pare raggiungibile con questa proposta è la necessità di investimento in ruoli delle discipline oggetto della valutazione, oggettivamente difficile da ritenere una priorità per il sistema.Un obiettivo ambizioso, ma possibile, è la laurea abilitante perché l’esame di stato come è oggi è inutile.Un ulteriore tema che mi sta a cuore è la regolamentazione razionale e il soddisfacimento di un livello di qualità minimo dell’offerta didattica post-lauream, in particolare delle scuole di specializzazione di area odontoiatrica che dovranno, in tempi brevi, soddisfare i medesimi requisiti strutturali, organizzativi e di performance assistenziale richiesti alle SS di area medica. Ineludibile, peraltro, è il riconoscimento del diritto alla retribuzione pure agli specializzandi di area odontoiatrica, anche utilizzando finanziamenti del SSR per attività con ricadute assistenziali in coerenza con i LEA. La ricerca scientifica, storicamente molto forte in alcune sedi, deve essere supportata e sviluppata in tutte le università. L’attività della Consulta scientifica, che ha lavorato molto bene in questi anni, va ulteriormente sostenuta, così come la consulta didattica. Infine, i rapporti con le società scientifiche, da sempre proficui, andranno consolidati.
Come stanno gli Atenei italiani dal punto di vista della qualità formativa e della pratica?
Per quanto riguarda la preparazione teorica direi che la situazione è buona quasi ovunque, per quella pratica è molto meglio di come qualcuno vorrebbe far credere ma un pochino peggio di come la vorremmo tutti. Accanto ad alcune (non poche e in continua crescita) situazioni del tutto soddisfacenti, la maggior parte delle sedi soddisfa i requisiti di qualità formativa. In alcune sedi rimangono delle criticità anche rilevanti ed è impegno del Collegio sostenere il percorso di crescita qualitativa, per la quale, non possiamo dimenticarlo, non basta la buona volontà dei docenti ma devono essere garantite, dagli Atenei e dal SSR ove previsto, condizioni adeguate.Un possibile passo in avanti potrebbe essere rappresentato dalla certificazione dell’attività svolta dal neolaureato come primo operatore durante il corso di studi.
La professoressa Polimeni a La Sapienza, il prof. Gherlone al San Raffaele di Milano, il prof Angelo Tagliabue a Varese, docenti odontoiatri chiamati a dirigere le facoltà di medicina ed il prof. Ferrari al CSS. Il riconoscimento della qualità della docenza odontoiatrica italiana?
Tre Magnifici Rettori, diversi Direttori di Dipartimenti Universitari/Facoltà di Medicina di sedi anche particolarmente prestigiose, decine di direttori di DAI, la vicepresidenza vicaria dell’Intercollegio di area medica, la stessa nomina del prof Ferrari al CSS sono la dimostrazione della centralità dell’odontoiatria nel mondo accademico. Ciò non è casuale, ma conseguenza del lavoro svolto con serietà e caparbietà.
Intanto vi state preparando per il Congresso di Aprile a Napoli. Quali novità oltre la location?
Dall’11 al 13 aprile saremo per la prima volta a Napoli per il nostro Congresso Nazionale.Ne sono particolarmente felice.Sarà un Congresso veramente aperto, inclusivo, da cui auspichiamo una nuova spinta propulsiva per un mondo odontoiatrico che sappia discutere con franchezza per raggiungere una sintesi e lavorare in sinergia per il bene della professione.Il tema “rischio clinico e costi-benefici in odontoiatria” ci darà ampi spazi di riflessione per il futuro.Vi aspettiamo!
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