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03 Marzo 2009

Ecco come ti motivo la sanzione

di Norberto Maccagno


Chi si occupa professionalmente di difendere medici e odontoiatri nei procedimenti disciplinari avanti agli ordini professionali, ma anche per
i professionisti stessi, si trova sempre di fronte a un grande problema: le decisioni degli ordini non vengono pubblicate. Per essere più precisi, è difficile reperirle in quanto vengono (non tutte) pubblicate sui singoli bollettini ordinistici (inviate solo agli iscritti medici e odontoiatri e non ai giuristi) e di solito viene pubblicato solo il principio deontologico e non il fatto (il che non consente di trarre “alcun insegnamento” perché se non sono evidenziati i fatti che hanno portato alla decisione assunta si fa fatica a capire la portata del precetto deontologico affermato).
Motivo di tale reticenza a rendere pubbliche le decisioni assunte sarebbe la tutela dell’iscritto a una pubblicizzazione di un eventuale procedimento disciplinare.
È opinione di chi scrive che tale problema sarebbe facilmente risolvibile semplicemente cancellando i nomi dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare (esattamente come avviene per le sentenze emesse dall’autorità ordinaria) e creando un sito web nel quale i singoli ordini potrebbero pubblicare le decisioni assunte che reputano più importanti per la categoria. Tale soluzione tutelerebbe il singolo iscritto e contemporaneamente consentirebbe a tutti di capire meglio come viene effettivamente applicato il codice deontologico, rendendolo quindi uno strumento molto più vicino e molto più sentito dalla categoria e non invece (come avviene per lo più ora) una sorta di strumento in mano di pochi usato solo “nella stanza dei bottoni”.
Tant’è che oggi delle decisioni degli ordini si sa poco o nulla, gli unici provvedimenti pubblicati sono quelli di secondo grado della Commissione centrale esercenti le professioni sanitarie che qualche settimana fa ha reso pubbliche sul proprio sito internet le decisioni del 2007.
CHE COS’È LA CCEPS
La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie è un organo di giurisdizione speciale, istituito presso il Ministero della salute; volendolo paragonare a un organismo giuridico potremmo dire che è come la Corte di appello. La Commissione centrale è preposta all’esame dei ricorsi presentati dai professionisti sanitari contro i provvedimenti dei rispettivi ordini e collegi professionali in determinate materie (tenuta degli albi professionali, irrogazione di sanzioni disciplinari), nonché sulla regolarità delle operazioni elettorali per il rinnovo degli organi direttivi; inoltre, esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri membri professionisti e dei componenti i Comitati centrali delle Federazioni nazionali.
Le decisioni della Cceps sono impugnabili davanti alla Suprema corte di cassazione. La Commissione è presieduta da un consigliere di stato ed è composta da membri designati dal Ministro della salute, nonché da membri designati dalle Federazioni nazionali degli ordini e collegi delle professioni sanitarie; detti componenti vengono nominati con Decreto del Presidente del consiglio dei ministri e durano in carica quattro anni: le prossime nomine saranno nel 2011. Per l’esame degli affari concernenti la professione di odontoiatra sono stati nominati: il dottor Francesco Paolo Maraglino - dirigente medico di II fascia - designato dal Ministro della salute; il dottor Giorgio Carrara, il dottor Giuseppe Costa, il dottor Giovanni Del Fra, il dottor Massimo Ferrero e il dottor Salvatore Rampulla. “Mediamente - ci spiega il dottor Massimo Ferrero - ci riuniamo tre, quattro volte all’anno, salvo dover decidere su questioni urgenti come per i ricorsi elettorali, ogni volta valutando circa una quindicina di ricorsi sentendo il ricorrente e il suo avvocato. Noi siamo chiamati a decidere in merito al ricorso contro una decisione comminata all’iscritto da parte del suo ordine di appartenenza. Spesso i colleghi, per superficialità o per non conoscenza delle procedure, inoltrano il ricorso senza rispettare le norme e i tempi che regolano il nostro istituto e questo comporta l’automatica sentenza negativa. Sul sito del ministero sono presenti tutte le indicazioni necessarie per il ricorrente e per i suoi legali”.
QUALCHE COMMENTO ALLE MASSIME
Tra le tante decisioni pubblicate nel rapporto 2007 del Cceps, abbiamo scelto principalmente quelle che toccano un tema sempre caldo, ovvero quello del favoreggiamento da parte di odontoiatri all’esercizio abusivo della professione e delle difese che i soggetti sottoposti a procedimento cercano di sostenere in un eventuale giudizio. La vicinanza fisica tra studio odontoiatrico e laboratorio odontotecnico è sempre fonte di rischio e chiama l’odontoiatra a prestare un’attenzione particolare: ne discende che il fatto di non essere stato in grado di controllare non è una scusante (decisione n. 26 del 13 luglio) e che “Laddove risulti che il sanitario - pur avvertito dell’effettuazione di prestazioni odontoiatriche da parte del collaboratore non abilitato - non abbia adottato un comportamento volto a far cessare l’abusivismo, lo stesso è responsabile disciplinarmente, anche in quanto titolare dello studio dentistico”  (decisioni n. 34 del 29 marzo e n. 73 del 12 novembre). Le stesse decisioni stabiliscono poi la non necessità per l’applicazione delle sanzioni deontologiche (così come per l’art. 348 c.p., nonché per l’art. 8 della legge n. 175/1992) e “ai fini dell’accertamento della responsabilità, che vi sia attività continuativa da parte della persona non abilitata con la copertura, protezione o omissione di sorveglianza da parte del professionista, ma è sufficiente anche una sola ‘invasione di campo’ da parte dell’abusivo” (n. 34 del 29 marzo e n. 73 del 12 novembre). Peraltro si ribadisce che “la mera disattenzione” invocata dal ricorrente non esclude la responsabilità, anzi connota nel suo tratto tipico l’inosservanza degli oneri di sorveglianza da parte dell’interessato, al quale competeva la vigilanza sulla attività professionale esercitata nel presidio odontoiatrico di cui lo stesso era direttore sanitario” (decisione n. 53 del 12 novembre). Interessante poi la decisione n. 26 del 13 luglio 2007 in forza della quale si stabilisce che gli ordini possono applicare le sanzioni deontologiche anche senza aver effettuato ispezioni. “L’art. 8 della legge n. 175/1992, infatti, non impone alcun obbligo in tal senso quale condizione per irrogare la sanzione, attribuendo alla commissione solo la facoltà di procedere a tale tipo di accertamento.”
Da ultimo, in materia diversa, si segnala la decisione n. 14 del 29 marzo 2007 relativa a un inadempimento nei doveri connessi all’incarico di Ctu ove si afferma che “integra illecito disciplinare, sanzionabile con la censura, la revoca della nomina del sanitario a consulente tecnico d’ufficio in vari procedimenti giurisdizionali, disposta perché lo stesso, con il suo comportamento gravemente omissivo, aveva violato intollerabilmente i doveri caratterizzanti la pubblica funzione di ausiliario del giudice, vanificando lo scopo dell’accertamento tecnico preventivo”. 

GdO 2009; 2

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