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19 Novembre 2010

Palloni, scontri e gomitate: proteggere i denti si può

di Debora Bellinzani


Sfogliando la letteratura scientifica il GdO si è imbattuto in un lavoro non comune: uno studio sull’uso del paradenti durante l’attività sportiva svolta in età pediatrica. A un’osservazione più attenta il lavoro si è rivelato una vera rarità: una ricerca riguardante dati italiani; non sono molti infatti gli studi che raccolgono informazioni sul nostro territorio e arricchiscono con esse le conoscenze della comunità scientifica. Dalla ricerca italiana emerge che, per quanto la possibilità di utilizzare un paradenti sia generalmente conosciuta dai piccoli sportivi, dai loro genitori e dagli allenatori, solo pochissimi atleti utilizzano questa protezione anche negli sport in cui il contatto con gli avversari o i compagni di squadra è frequente.
Per orientarsi nella scarsità di informazioni e capire se il paradenti sia effettivamente così utile da dover essere consigliato dall’odontoiatra ai pazienti che praticano sport, abbiamo approfondito l’argomento con Roberto Biagi, autore dello studio, docente di odontoiatria pediatrica presso l’Università degli Studi di Milano ed esperto di traumatologia dentale, della quale si occupa da oltre venti anni. Lo studio, pubblicato dallo European Journal of Paediatric Dentistry, ha analizzato le conoscenze in relazione ai traumi dentali e all’uso di paradenti di 200 bambini e ragazzi di Isernia; i giovani sportivi al momento della raccolta dei dati avevano un’età compresa tra 8 e 15 anni e praticavano calcio, arti marziali, tennis, nuoto, pallavolo, pallacanestro o ciclismo. Riguardo ai traumi dentali i risultati dello studio indicano che il 75% dei bambini sapeva che è necessario l’intervento immediato di un odontoiatra in caso di trauma e che il 31% di essi aveva nozione del fatto che un dente avulso può essere reimpiantato; riguardo all’uso di paradenti, l’85% degli atleti conosceva questa protezione ma solo il 5% la utilizzava. La prima curiosità riguarda la motivazione: perché realizzare una ricerca italiana su questo argomento? “Se si esegue una ricerca nella letteratura scientifica internazionale riguardo all’uso di paradenti nella pratica sportiva, si scopre che negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati 95 articoli scientifici; tra questi, oltre al nostro, vi è un solo lavoro riguardante dati italiani che risale al 2007” racconta Roberto Biagi.
“Ritengo che sia necessario invece avere una maggiore conoscenza della situazione sul nostro territorio e contribuire con questi dati a migliorare quella della comunità scientifica; solo su questa base, infatti, si possono programmare interventi mirati che convincano coloro che praticano sport a utilizzare il paradenti e consentano quindi di prevenire i traumi dentali nella pratica sportiva.” Da questa e altre ricerche emerge che, eccetto settori specifici nei quali è considerato parte dell’attrezzatura, come per esempio il pugilato, il paradenti è poco utilizzato; alcune delle motivazioni più frequentemente addotte dagli atleti per spiegare il mancato utilizzo sono la scomodità, la difficoltà nel respirare, la presenza di apparecchi fissi ortodontici e la vergogna per l’uso di un accessorio visibile che quasi nessun altro indossa. Ma il paradenti ha dimostrato di essere tanto utile da spingere a superare tutte queste resistenze? “Si tratta di uno strumento estremamente utile per prevenire e limitare le lesioni dovute a traumi dentali; dati significativi anche se non recenti, pubblicati nel 1999 in un manuale di J.O. Andreasen, evidenziano che l’uso di paradenti ha ridotto i traumi dentali dal 32% al 4,7% tra i giocatori di pallacanestro del campionato statunitense nell’anno 1986-87. Un decremento davvero notevole in uno sport in cui i contatti, specialmente nell’area del canestro, sono frequenti e possono essere violenti” continua Roberto Biagi. “Altri dati a testimonianza dell’utilità del paradenti riguardano il football americano, nel quale è stata riscontrata una riduzione dal 2,3% allo 0,3% dei traumi, e l’hockey su ghiaccio, in cui sono passati dall’8,3% all’1,2%; questo nonostante il fatto che gli atleti che praticano questi sport siano già protetti da casco e griglia, aspetto che spiega una frequenza inferiore rispetto alla pallacanestro.
Anche qui si registra comunque una riduzione importante dei traumi dentali.” Il paradenti è dunque uno strumento che potrebbe essere efficace: ci offra qualche indicazione su modelli che forniscono una protezione maggiore. Il paradenti più economico e facilmente reperibile nei negozi di articoli sportivi è il cosiddetto “preformato standard”, il cui unico vantaggio risiede nel costo contenuto: non adattandosi con precisione alla forma delle arcate dentali dell’atleta, infatti, questo tipo di paradenti non è stabile e non protegge adeguatamente, se non per il fatto di interporre uno “scudo” tra denti e labbra. Per via della sua instabilità presenta invece gli svantaggi di interferire con la respirazione e con la capacità di pronunciare correttamente le parole, ma soprattutto conferisce un falso senso di sicurezza agli atleti, i quali credono di indossare una protezione quando invece la sua efficacia in realtà è davvero minima; per questi motivi il paradenti preformato standard è sconsigliato dalla comunità scientifica. Esiste poi il cosiddetto preformato individualizzabile, ossia il paradenti realizzato con resine termoplastiche che, pur partendo da una struttura standard, può essere modellato sull’anatomia del cavo orale del singolo sportivo. Questo tipo di paradenti, se adattato da un odontoiatra, garantisce stabilità, comfort, praticità nell’utilizzo e quindi migliore protezione rispetto ai traumi dentali; ha un prezzo superiore al preformato standard, ma ancora contenuto. Lo strumento di protezione ideale è però il “paradenti individuale”, preparato da un laboratorio ortodontico sulla base dell’impronta dentale rilevata dall’odontoiatra: tra i modelli disponibili è il più costoso, ma anche quello che fornisce la protezione migliore. Ma è doveroso proporre l’uso del paradenti, e a quali pazienti? Io penso che l’odontoiatra dovrebbe consigliare l’uso del paradenti a chi pratica sport. Nel momento in cui si visita un bambino o un adulto dediti a uno sport, è bene contribuire alle attività di prevenzione descrivendo al paziente stesso, o ai suoi genitori nel caso sia molto giovane, l’utilità del paradenti e le diverse tipologie oggi disponibili. Non c’è infatti un’età adatta all’uso del paradenti, che può giovare a tutti gli atleti, ma solo una valutazione professionale dei rischi dello sport praticato e dell’anatomia del cavo orale. A un atleta adulto professionista o sportivo molto assiduo si può certamente consigliare un paradenti individuale, mentre a un bambino è possibile indicare un più economico preformato individualizzabile; in questo caso, scegliendo un modello di ultima generazione, che ha la caratteristica di essere rimodellabile più volte, l’odontoiatra sarà in grado di garantire al paziente una maggiore durata nel tempo del paradenti, con successivi riadattamenti per le variazioni delle arcate dentali conseguenti alla crescita.
Ai soggetti maggiormente a rischio di traumi dentali, per esempio coloro che presentano una protrusione degli incisivi superiori particolarmente accentuata (overjet > 6 mm) associata a incompetenza labiale, è comunque opportuno che l’odontoiatra consigli un trattamento ortodontico e, se rifiutato, l’utilizzo di un paradenti individuale. Non tutti sanno che altri pazienti a cui può essere consigliato un paradenti preformato individualizzabile sono quelli con apparecchiatura ortodontica fissa: in questi casi il dispositivo, oltre a proteggere la dentatura, previene lesioni dei tessuti molli dovute all’impatto con gli attacchi, un eventuale distacco degli attacchi stessi, oppure una deformazione degli archi dovuti a uno scontro di gioco. La direzione è quella di un’odontoiatria di comunità che miri alla prevenzione, svolta soprattutto tramite un’efficace trasmissione di informazioni. Dalla ricerca condotta a Isernia emergono infatti tutte le carenze in questo senso, dal momento che solo 10 giovani atleti su 200 utilizzavano il paradenti. Più in generale 161 ragazzi (80,5%) conoscevano la possibilità di indossare un paradenti, ma questa informazione era stata trasmessa loro per lo più da genitori (67,8%) e odontoiatri (19,2%), e solo in pochissimi casi dagli allenatori (7,4%). “Se si ragiona in termini di prevenzione bisogna riconoscere che il poster affisso in palestra realizzato per promuovere l’utilizzo del paradenti, per fare un esempio, non è realmente efficace se la sua visione non è supportata da informazioni e da un’adeguata azione di convincimento” conclude Roberto Biagi. “Io sono persuaso del fatto che, come è avvenuto nelle campagne per la sicurezza stradale, bisogna far vedere agli sportivi che cosa comporta un trauma dentale attraverso immagini anche crude, perché solo chi ne ha avuto esperienza comprende quanto uno strumento come il paradenti possa essere utile.
Le immagini dovrebbero essere accompagnate da un’informazione adeguata, che spieghi per esempio come gli studi scientifici provino che un paradenti stabile non ostacola la respirazione, e indirizzata a tutti i soggetti coinvolti, in particolare ad allenatori e insegnanti. L’inserimento del paradenti nel corredo dell’atleta da parte delle società sportive, infine, potrebbe far superare ai ragazzi la sensazione di sentirsi diversi dagli altri, facendo rientrare nella normalità, come avviene nel pugilato appunto, l’utilizzo di uno strumento che può davvero proteggere denti, tessuti di sostegno e più in generale il cavo orale”.
Biagi R, Cardarelli F, Butti AC, Salvato A.
“Sports-related dental injuries: knowledge of first aid and mouthguard use in a sample of Italian children and youngsters”
Eur J Paediatr Dent 2010;11(2):66-70.

GdO 2010;15

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