Un'idea apparentemente semplice ma che nessuno aveva avuto prima e che potenzialmente può evitare l'insorgenza di una patologia tanto grave quanto misconosciuta quale il cancro orale: si tratta del coinvolgimento in prima persona degli odontoiatri specializzati nel trattamento di questa neoplasia nella divulgazione sul tema sia presso il grande pubblico sia, soprattutto, nelle scuole iniziando già dalle medie inferiori.
Obiettivo: far conoscere la malattia (in gran parte ignota nella popolazione generale) e sensibilizzare fin dalla giovane età i ragazzi sui fattori di rischio e in particolare sugli stili di vita corretti da seguire per prevenire un tumore che ha raggiunto livelli di incidenza e prevalenza preoccupanti. Il professor Matteo Biasotto, docente di Scienze odontostomatologiche presso l'Università degli Studi di Trieste, ha avuto un ruolo fondamentale nell'organizzare una rete di colleghi che, nel Friuli Venezia Giulia, si occupa di questo tipo di attività. Un'attività che, come spesso accade quando si parla di tumori, all'inizio ha avuto qualche difficoltà a essere compresa e accettata ma nel tempo è stata sempre più apprezzata per il suo valore, tanto che nelle scuole medie inferiori e nei licei le richieste di lezioni sull'argomento sono in costante aumento. L'iniziativa non si limita a questa regione ma è stata seguita fin dagli inizi da altre università, diffondendosi in tutta Italia.
Professor Biasotto, qual è lo scopo della divulgazione scientifica sulla patologia orale?
La patologia orale studia gli aspetti clinici e terapeutici delle malattie che interessano la cavità orale (in particolare i tessuti molli) e i tessuti delle regioni periorali. Come in tutte le branche della medicina è importante far conoscere al pubblico le attività di ricerca, le più recenti pubblicazioni scientifiche del settore e in particolare il "peso" di alcune patologie nella popolazione, in termini di prevalenza e incidenza. Molte di queste patologie poi sono strettamente correlate ai nostri stili di vita ed è proprio tale aspetto che viene messo in rilievo per far aumentare la percezione dell'importanza del comportamento dell'individuo nella propria quotidianità in rapporto, per esempio, con l'alimentazione, le abitudini viziate (fumo di sigaretta, assunzione e abuso di alcol), l'esposizione al sole senza protezioni adeguate ecc.
A chi è rivolta l'azione e come è organizzata sul territorio?
Questa campagna di divulgazione ha l'obiettivo di promuovere e diffondere nell'opinione pubblica la consapevolezza della rilevanza delle malattie oncologiche del cavo orale, in particolare in relazione agli stili di vita. La nostra attività è concentrata su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia. Dapprima eravamo noi a contattare le varie scuole del territorio. Poi, vista la crescente richiesta, ci siamo appoggiati all'Ufficio Servizi per la Divulgazione scientifica del nostro Ateneo, grazie al quale le scuole possono prenotarsi e ricevere un programma dettagliato dell'evento.
Quali sono i principali temi trattati e quali obiettivi sono perseguiti?
L'iniziativa è partita nel 2014 dopo aver letto alcuni articoli che riportavano dati veramente sconfortanti sulla conoscenza del cancro orale. In un'intervista a circa 1.800 persone di età superiore ai 18 anni, solo il 56% aveva risposto che a livello del cavo orale si possono manifestare delle neoplasie maligne. Abbiamo quindi pensato di creare un format semplice, rispettando sempre il rigore scientifico, per parlare di oncologia del cavo orale agli studenti delle scuole medie inferiori (classi terze) e superiori (classi terze e quarte). Il nostro obiettivo principale è informare i ragazzi su come questa patologia si manifesta e come è possibile, attraverso il nostro stile di vita, limitarne la diffusione.
Ci sono metodi per verificare l'efficacia di questa attività in termini di prevenzione?
Non possiamo affermare con certezza che la nostra attività di divulgazione avrà effetti, nel prossimo futuro, in termini di diminuzione delle neoplasie maligne delle vie aerodigestive superiori correlate agli stili di vita nel nostro territorio (tumori che in Friuli Venezia Giulia si attestano circa al 6% di tutte le neoplasie), tuttavia mediante la somministrazione di questionari prima e dopo il nostro intervento riusciamo a capire se e quanto la nostra comunicazione è stata efficace per la comprensione del problema. Per esempio, prima della lezione solo il 30% è a conoscenza dell'esistenza del tumore del cavo orale e mentre il fumo è già noto come fattore eziologico, l'alcol e i raggi solari non sono stati riconosciuti come possibili fattori di rischio. Il 20% circa dei ragazzi ha correlato l'insorgenza del cancro orale con la presenza di otturazioni in amalgama. Un altro aspetto interessante è la provenienza delle informazioni: del 30% che è a conoscenza della neoplasia, il 60% lo ha appreso da amici e parenti e solo il 10% da fonti maggiormente coinvolte nella prevenzione, per esempio gli odontoiatri.
Avete notato differenti reazioni o problematiche tra il pubblico nelle varie aree della vostra regione?
No, non abbiamo riscontrato alcuna differenza tra le varie aree. Quello che abbiamo notato in un primo momento è come l'argomento oncologia susciti qualche perplessità nel personale docente, in particolare perché direttamente o indirettamente coinvolto con la malattia seppur in distretti differenti.
Il tumore viene sempre messo in relazione all'esperienza del dolore, della sofferenza e alla morte; mentre quello che noi facciamo è spiegare, attraverso la biologia, come sia possibile evitare (o rendere meno probabile) la trasformazione e la progressione della cellula neoplastica andando a intervenire sugli stili di vita. Ormai sappiamo non solo dai dati di organi ufficiali ma anche dalla cronaca quotidiana come fumo e alcol, per esempio, siano largamente diffusi nella popolazione giovanile.
A suo avviso, grazie alla vostra azione il grado di consapevolezza è migliorato o ci sarebbe necessità di maggiori risorse?
Il grado di consapevolezza è certamente migliorato. Non occorrono molte risorse ma sicuramente è necessaria la partecipazione delle istituzioni politico-amministrative (per esempio assessorati alla cultura o all'istruzione) che contribuiscano alla diffusione del progetto nelle scuole, che per esperienza non sempre sono facilmente raggiungibili.
Arturo Zenorini per Dental Cadmos
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