Ovunque e sempre, negli scritti, nei corsi, nelle tavole rotonde, il termine più frequentemente usato è qualità. A prescindere da cosa si possa intendere per qualità, data la complessità del concetto in campo, un punto si deve chiarire con determinazione: la qualità che intende il dentista non è la qualità che intende il paziente o, per meglio dire, non è la qualità che percepisce il paziente.
Supponendo, allora, che si possa parlare di una qualità “vera”, occorre sottolineare il fatto che esiste una differenza sostanziale tra “verità” e la percezione di verità. Brutalmente: il dentista che applichi, secondo scienza e coscienza, procedure operative corrette, che lo portino a realizzare un intervento di vera qualità, non si aspetti che quanto il paziente avverte (“percepisce”) corrisponda a quanto egli ha concretamente applicato e realizzato.
Perché esiste questa discrepanza e quali conseguenze ha? Il perché è presto detto: ogni intervento è avvertito dal paziente come un misto di manualità e di comunicazione, polisensoriale e policomportamentale.
Il paziente percepisce pochissimo della qualità tecnico-manuale ed è straordinariamente influenzato dalla comunicazionale polisensoriale e policomportamentale cui viene sottoposto.
Conseguenza: il paziente, tranne casi estremi, tende ad attribuire un valore elevato alla qualità ma, inesorabilmente, alla qualità che lui percepisce. Se la qualità “vera” è ottima, ma è “impacchettata” in un insieme polisensoriale e policomportamentale percepito come scadente, ebbene, per il paziente la verità vera s’indebolisce… fino a svanire del tutto. Qual è, pertanto, la dinamica del rapporto da mettere in atto? Porta un nome e un nome solo: comunicazione. È soltanto tramite la comunicazione, polisensoriale e policomportamentale, da imparare a gestire, che il paziente può essere considerato un “alleato”, con la possibilità di un’informazione simmetrica, tra noi e lui, su tutto quanto riguarda diagnosi, prognosi e terapia.
Se ciò non si realizza, che cosa resta al paziente per giudicare il “prodotto”? Un unico elemento discriminante, il prezzo, che sostituisce in modo grossolano qualunque percezione e induce a preferire una determinata sede odontoiatrica in base a una considerazione rozza ma così “percepibile”: “Qui le cure costano meno, quindi le faccio qui!”.
È per questo che dobbiamo imparare a comunicare: impegno tutt’altro che facile, tuttavia l’unico in grado di difenderci da low-cost, turismo odontoiatrico, “diagnosi e rx gratuite”, come da qualsiasi altro tipo di colpevole e incosciente dumping.
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