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29 Maggio 2012

Valorizzare la dimensione medica dell'odontoiatria

Nicola Perrini è il nuovo presidente di Amici di Brugg per il prossimo triennio

di Francesca Giani


Iorio PerriniIorio Perrini

Un'odontoiatria che sia realizzabile all'interno dello studio e una professione dove la dimensione medica abbia un peso maggiore. Questo è l'obiettivo che Nicola Perrini, neo presidente di Amici di Brugg, si propone per il suo mandato alla guida dell'associazione e che spiega a odontoiatria33.

Presidente, quale programma per il prossimo triennio?
Una prima impostazione che vorrei seguire è quella di ridare valore alla dimensione medica della nostra professione e a una visione biologica del corpo e dell'odontostomatologia, intesa nel suo complesso di dente e bocca. Mi sono affacciato alla professione nel 69 e sono passato attraverso varie fasi e concezioni dell'odontoiatria. Credo che una caratteristica dei giorni nostri sia una grande evoluzione tecnica, a fronte però di una involuzione del sapere scientifico. Questo trend è evidente in molti eventi scientifici e culturali: spesso a essere posto al centro della discussione sono manovre e interventi brillanti, con risultati però che nulla ci dicono sul reale stato di salute dell'apparato dente-bocca. Quello che invece mi propongo è, da un lato, di fornire all'odontoiatra strumenti per una considerazione dell'organismo nella sua complessità, nelle interrelazioni delle sue parti e soprattutto nel suo stato di salute. E di offrire una panoramica su interventi che possono effettivamente realizzati da tutti, nella quotidianità dello studio.

Questa impostazione implica anche l'approfondimento e lo sviluppo di una logica multi e interdisciplinare della professione?
La questione non è per niente banale. Spesso si assiste a una magnificazione, anche da parte della stampa di settore, della specialità, senza però considerare che si sta parlando di una stretta minoranza di casi. La stragrande maggioranza dei dentisti è infatti un odontoiatra generico, inserito nella realtà dello studio monoprofessionale. È a loro che la nostra associazione si rivolge. Guardi che a volte è frustrante andare ai congressi e assistere a terapie eccelse che poi spesso non si ha la possibilità di realizzare. E quale vantaggio ne è derivato per la gestione dello studio e del paziente? È più utile allora focalizzare l'attenzione su una manovra, anche più semplice e più frequente, che sia svolta il più correttamente possibile e che garantisca una maggior durata nel tempo. Detto questo, la interdisciplinarità dovrebbe anche voler dire avere la capacità di costruire un network e il coraggio, di fronte a una situazione che richiederebbe l'intervento di uno specialista, di orientare il paziente in altre strutture assistenziali, rinunciando eventualmente all'immediato guadagno. Ma mi rendo conto che in tempi di crisi sia un approccio difficile da seguire.

In una logica di recupero della dimensione medica, la prevenzione può diventare un elemento di discrimine?
Certo, non bisogna mai dimenticare che la nostra è una professione della salute. È nostro dovere la prevenzione, ma anche la capacità di intercettare quelle manifestazioni che possono essere sintomo di patologie più gravi. Penso per esempio al tumore del cavo orale, che ha un'incidenza sempre crescente. Noi speriamo di riuscire a fornire strumenti anche in questa direzione. Occorre però tenere in considerazione che si tratta solo di prevenzione, ma anche di manutenzione e controllo nel tempo di quanto si è fatto. Se un intervento fallisce dopo qualche anno il risultato in termini di salute viene meno e troppo spesso, purtroppo, non sappiamo più cosa succede ai denti che abbiamo curato.

Sono concetti che è importante trasferire soprattutto ai giovani?
In Italia abbiamo 35 scuole odontoiatriche, ma i docenti a volte mancano. Per altro un neolaureato, anche con 110 e lode, spesso non ha mai fatto un'anestesia o una sutura. Intercettare i giovani è fondamentale, anche per cercare di insegnare un approccio che non si limiti alla considerazione del dente, ma che colga il problema salute all'interno dell'organismo. E l'impostazione è tanto più importante perché da patologie legate alla bocca si possono cogliere patologie sistemiche. Per quanto ci riguarda, credo che un valore aggiunto sia rappresentato dal fatto che sono contemporaneamente alla guida della Fondazione Castagnola: la mia idea, in questo senso, è di sviluppare il più possibile le interrelazioni tra le due associazioni, aumentando anche la presenza dei giovani, fino ad arrivare a una loro fusione.

Un consiglio per chi si affaccia alla professione?
Credo fortemente che non sia possibile vendere cultura. Non è che dalla partecipazione a un congresso derivi professionalità. Tutto dipende dalla volontà dell'odontoiatra. Ma certamente un aspetto importante è la modestia, la capacità di individuare una figura più esperta di noi, con cui discutere delle varie situazioni e da cui saper anche accettare consigli. Come associazione siamo già sensibili a questo aspetto. Ma tra gli intenti che mi propongo c'è anche quello di implementarlo.

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