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26 Ottobre 2010

Nuovo Redditometro: ecco come essere preparati

di Andrea Telara


La data è già fissata: primo gennaio 2011. Con l’inizio del prossimo anno, arriverà il nuovo Redditometro, uno degli strumenti più importanti (e discussi), con cui l’amministrazione finanziaria cerca di dare la caccia all’evasione. All’appuntamento mancano ancora un po’ di mesi, ma le procedure sono già stabilite e l’Agenzia delle Entrate sta preparando decine di migliaia di controlli. Secondo la tabella di marcia prevista dal Governo, infatti, le ispezioni dovrebbero raggiungere il numero di 35mila entro la fine del 2011 contro le 28mila del 2009. Lo scorso anno, secondo i dati dell’amministrazione finanziaria, il redditometro ha permesso al fisco di recuperare una cifra attorno ai 460 milioni di euro di tasse non pagate. Non è poco, anche se si tratta di una piccola parte dei miliardi di euro sottratti ogni anno al Fisco. Alla base di questo strumento anti-evasione c’è una logica molto semplice che, almeno in teoria, non fa una piega: se è vero che accertare tutti i redditi dei contribuenti è difficilissimo, soprattutto nel caso dei lavoratori autonomi, allora meglio concentrarsi sulle loro spese. Acquisti di auto, case, ville o barche, soltanto per citare qualche esempio, possono infatti essere passati ai raggi X dal fisco, per verificare se il tenore di vita di una persona è incompatibile con i redditi che ha dichiarato ogni anno. In caso contrario, scattano i controlli e il cittadino deve dimostrare in che modo riesce a spendere cifre ‘enormi’, o quasi, pur disponendo di entrate modeste.
A dire il vero, quello appena descritto è soltanto il meccanismo di funzionamento ‘di base’ del redditometro. In realtà queste procedure, che sono state introdotte in Italia nel 1973, sono abbastanza complesse e vengono sempre regolate da provvedimenti e dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate. Innanzitutto, gli accertamenti effettuati dalle autorità tributarie si dividono sostanzialmente in due categorie: quelli sulle spese effettuate dal contribuente e quelli sul patrimonio. I primi riguardano tutti i pagamenti che il cittadino ha sostenuto in un particolare periodo d’imposta. Le voci più importanti sono senza dubbio le rate dei mutui, dei prestiti e i canoni di leasing, oltre alle spese per l’affitto di posti barca, per le ristrutturazioni di immobili, per gli arredi di lusso nelle abitazioni o per l’acquisto di oggetti preziosi e opere d’arte. Con il redditometro del 2011, inoltre, si sono aggiunti ulteriori elementi indicativi di reddito, come la frequentazione di centri benessere, la partecipazione ad aste, la proprietà di riserve di caccia o pesca, l’iscrizione a circoli esclusivi o a scuole private, gli hobby costosi come la partecipazione a gare automobilistiche, a rally o a competizioni di motonautica. Senza dimenticare, infine, le spese sostenute da un contribuente per pagare lo stipendio alla colf e a tutto il personale domestico.
Le ispezioni del redditometro 2011 riguarderanno le spese sostenute dai contribuenti negli ultimi 5 o 6 anni. In particolare, saranno oggetto di verifica le autovetture immatricolate tra il 2005 e il 2007 mentre verranno passati ai raggi X tutti gli atti registrati dal 2004 al 2009 (ad esempio la stipula di un mutuo o il versamento dei contributi previdenziali per la servitù domestica). Gli accertamenti sul patrimonio riguarderanno invece i beni di proprietà del contribuente e includono una lista abbastanza dettagliata di voci, considerate dal fisco come “indicative di reddito”, cioè come prove del fatto che un cittadino gode di un tenore di vita elevato. I motocicli e le autovetture, purché di potenza fiscale superiore ai 21 cavalli, sono la prima e più importante categoria di beni inclusi nel redditometro. Ci sono poi le case di proprietà (sia quelle destinate ad abitazione principale o secondaria sia quelle date in affitto), i camper, o le roulotte, le barche (a vela o motore), gli aerei privati e, infine, persino i cavalli da corsa o da equitazione. Tra i beni patrimoniali, vengono incluse anche eventuali polizze assicurative di cui il contribuente risulta titolare (a eccezione delle polizze automobilistiche, sulla vita o contro gli infortuni e le malattie). C’è poi anche un’ultima categoria di ispezioni effettuate dall’amministrazione finanziaria: quelle sui conti correnti. L’Agenzia delle Entrate può infatti passare ai raggi X anche i depositi bancari posseduti da un contribuente, per verificare quali sono le sue disponibilità liquide e in quale arco di tempo sono maturate. Una volta acquisiti tutti questi dati, il fisco calcola un “reddito presunto”. Se quest’ultimo risulta sensibilmente più alto di quello effettivamente dichiarato dal contribuente (cioè superiore di almeno il 25%), allora scattano i controlli. Il sistema di calcolo è un po’ complicato e prevede alcuni “passaggi tecnici” utilizzati dagli esperti dell’amministrazione tributaria. In linea di massima, il valore di ogni bene incluso nel redditometro viene moltiplicato per un coefficiente, stabilito dalla stessa Agenzia dell’Entrate.
La somma di tutte queste operazioni porta al calcolo di un reddito imponibile presunto che viene messo a confronto con quello dichiarato. In caso di scostamenti significativi, il fisco accende i riflettori sul contribuente sospetto, chiedendogli di fornire tutti gli elementi utili a giustificare il suo tenore di vita (cioè a dimostrare come ha potuto affrontare determinate spese o come è entrato in possesso di alcuni beni di lusso). Una volta finiti nel mirino del fisco, i cittadini hanno 30 giorni di tempo per rispondere, al termine dei quali l’amministrazione finanziaria, dopo aver esaminato nel dettaglio le carte, può decidere di procedere su due strade diverse: archiviare la pratica, perché non vi è stata alcuna pratica di evasione fiscale, oppure andare fino in fondo, emettendo un avviso di accertamento. In tal caso, vengono fatte ulteriori ispezioni che, probabilmente, si concludono con una richiesta di pagamento delle imposte non versate, più le relative sanzioni. In teoria, chi non ha nulla da farsi perdonare, perché ha sempre pagato le tasse sino all’ultimo centesimo, può dormire sonni tranquilli. Peccato, però, che l’onere della prova spetti interamente al contribuente in persona. È lui, infatti, a dover dimostrare all’amministrazione finanziaria che il suo tenore di vita è pienamente giustificato, e non viceversa. E allora, anche chi ha tutte la carte in regola deve essere in grado di difendersi in maniera efficace di fronte a delle ispezioni indesiderate. I contribuenti devono dunque presentare qualsiasi documentazione che attesti la presenza di redditi esentasse, oppure soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, ancora, di entrate straordinarie. Ad esempio, la vendita di un immobile o il possesso di azioni e titoli finanziari, (i cui rendimenti non vanno indicati nella dichiarazione dei redditi), possono dimostrare che il tenore di vita del contribuente è assolutamente legittimo. Altri elementi che consentono di sviare qualsiasi sospetto del fisco sono i documenti che attestano l’accensione di un finanziamento per l’acquisto di determinati beni e servizi molto costosi, oppure la liquidazione di somme di denaro a titolo di eredità o a titolo di risarcimento per qualche danno subito. è bene, dunque, conservare con cura tutte le carte per un po’ di tempo.

GdO 2010;13

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