Le considerazioni che trovate in questo DiDomenica mi sono venute in mente durante l’Evento UNIDI per presentare i dati dello Studio di settore. Dalla sala è stato chiesto se la crisi alimentare che la guerra in Ucraina sta causando, comporterà problemi alla salute orale degli italiani.
Siccome in sala di odontoiatri non c’erano, ma solo industriali o esperti di statistica, la risposta è stata più economica che clinica.
Neppure io sono un clinico, comunque di dati sulla correlazione tra scorretta alimentazione e povertà e salute orale sono piene le riviste scientifiche e dimostrano la forte correlazione così come è forte la correlazione tra classe sociale e buona salute, non solo orale. Ed è triste e molto cinico sottolinearlo, ma chi è costretto a modificare la propria alimentazione a causa dei rincari alimentari, è difficile pensare che sia un paziente dell’odontoiatria privata.
Altra questione è invece cercare di capire se e quanto l’inflazione al +8% (mai così alta del 1986 e non si può prevedere gli sviluppi futuri) costringerà i vostri pazienti a limitare le cure odontoiatriche.
Non serve essere dei grandi esperti in economia per rilevare che la maggioranza di chi poteva permettersi il dentista prima, probabilmente continuerà a permetterselo anche oggi. Magari le rinunce potranno arrivare da parte del “ceto medio”, da tempo la fascia sociale su cui non solo pesano di più le varie crisi che si sono succedute ma che in questi decenni ha percepito più di altri il calo del proprio potere d’acquisto, dovendo cominciare a fare scelte sulle spese da fare e quelle a cui rinunciare.
In questi 30 anni in cui “racconto” l’odontoiatria di crisi, il settore così come il nostro Paese, ne ha incontrate molte e tutte le volte, confrontando i dati con altri settori, scopriamo che il dentale è quello che ne è uscito meglio, o che ha perso meno di altri a seconda se siate positivi o negativi.
Perché il settore dentale lavora, come ha ricordato Roberto Rosso di Key-Stone durante la presentazione dell’analisi UNIDI, perché risolvere i problemi di salute delle persone.
Però c’è l’aspetto del costo delle cure che per il 90% sono in solvenza da parte del cittadino.
Durante la sempre ricca di spunti analisi UNIDI, è emersa la questione rincari delle materie prime che costringerà, probabilmente, ad aumentare i costi dei prodotti che studio e laboratorio andranno ad acquistare. Costi che andranno a ricadere sui pazienti, se i dentisti aumenteranno le tariffe. Diciamo che un +9% sul materiale che incide per il 20% sulle spese dello studio non è così drammatico anche se va a sommarsi agli altri rincari che negli anni gli studi hanno assorbito di tasca loro, a cominciare dai costi per mettere in sicurezza lo studio per il Covid. Visto che la maggior parte degli studi italiani (60-70% di loro) dichiara di non aver aumentato le tariffe negli ultimi anni.
Ora lo faranno?
Vedremo, ma un ipotetico aumento dei prezzi sarà un ulteriore fattore di rinuncia per i pazienti che oggi hanno le possibilità di andare dal dentista?
Attraverso il nostro sondaggio sulle tariffe applicate dai dentisti ai pazienti abbiamo notato come queste siano molto variabili e non solo da regione a regione ma anche all’interno della stessa città. Quindi se è solo un problema di costi la scelta c’è. Ma siccome, fortunatamente per gli odontoiatri, per il paziente il rapporto con il proprio dentista è importante, probabilmente l’inflazione costringerà a cambiare, non il dentista ma la tipologia di cure da richeidere. Molti dei vostri colleghi da tempo mi raccontano (ma anche i dati lo hanno certificato) che in questi ultimi anni il fatturato non è calato, a volte è rimasto invariato per altri anche aumentato.
A cambiare è il fatto che quel fatturato viene fatto vedendo più pazienti rispetto al passato, “perché si fanno meno riabilitazioni importanti”.
Questo certamente grazie alle campagne di prevenzione, alla cultura verso la salute orale che portano negli studi sempre meno bocche disastrate ma pazienti per visite di controllo, igiene e piccole cure.
Indubbiamente le pesche a 5 euro al chilo, i rincari della luce del 50%, del gasolio del 40%, del gas e di tutto quanto sta aumentano, costringerà una parte dei vostri pazienti a scegliere quali cure fare e quelle da posticipare.
E questo non è un bene per gli studi che vogliono programmare.
Da anni l’amico prof. Antonio Pelliccia consiglia di studiare i propri pazienti anche dal punto di vista della posizione sociale. Per esempio quale lavoro fanno loro ed i familiari, se sono dipendenti pubblici o privati, hanno welfare aziendale, possono essere interessati a pagamenti rateali etc, oltre ovviamente l’età etc.Dati che insieme a quelli clinici consentiranno di ipotizzare il bisogno di cure che vi verranno richieste e programmare l’evoluzione dello studio in termini d’investimenti ed eventualmente di collaborazioni.
Ecco, da questa ennesima sfida che una crisi economica ad oggi neppure ancora definita per portata e durata, per il settore odontoiatrico potrebbe essere l’ennesima occasione, per chi non l’ha ancora fatto, di ripensare all’organizzazione del proprio studio non solo eventualmente dal punto clinico ma dal punto di vista gestionale, della programmazione. Iniziando magari dal cominciare a raccogliere e studiare i dati per capire chi sono i propri pazienti ricordando che competenze cliniche e competenze gestionali, non è detto che debbano essere gestiti dalla stessa persona. Ci si può fare aiutare, magari partire anche solamente da un programma gestionale.
Poi certo ai vostri studi servono i pazienti e questo la statistica non vi può aiutare, ma ci sono azioni che sulla base di quei dati si possono attivare.
Però questa ennesima crisi dovrà, però, anche far pensare a chi dal dentista deve rinunciare completamente o vi ha rinunciato da anni. Ma questo è il lavoro della Politica, vedremo se questa volta ci saprà stupire prima della fine di questa legislatura.
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