Il paziente deve provare il rapporto con il sanitario e l’insuccesso dell’intervento mentre il sanitario, per evitare la condanna, risarcitoria deve provare che l’insuccesso dell’intervento è stato causato da fattori indipendenti dalla propria volontà. A sostenerlo è il Tribunale Civile di Genova chiamato ad esprimersi sulla richiesta di una paziente che ha citato per danni una dentista.
Secondo quanto riportato nella sentenza, la paziente riferiva che nel 2011 si era rivolta allo studio della dottoressa “per cure odontoiatriche tra cui la cura di alcune carie con ablazione del tartaro e l'impianto di due ponti al II e IV quadrante”. Sempre secondo la paziente “le cure si erano dimostrate subito disastrose e brutali ed eseguite persino senza anestesia, che nell'aprile 2012, aveva deciso di interrompere il trattamento rivolgendosi ad altro specialista, dopo aver versato degli acconti”.
La versione della dentista è differente visto che riferisce che la paziente si era “presentata presso il proprio ambulatorio dentistico, in seguito a precedenti cure dentarie cui si era sottoposta con scarsi risultati presso altri e diversi studi dentistici, poiché era risultata affetta da una forma di grave parodontopatia pregressa e diffusa, patologia aggravata da abitudini di scarsa igiene orale”. La dentista riferisce che la paziente si era presentata in studio “con alcuni denti già monconizzati o limati” e gli interventi si limitarono alla realizzazione di una protesi provvisoria ed al fissaggio del ponte con cemento provvisorio, in attesa della predisposizione ed impianto di una protesi definitiva”. All'atto della formalizzazione del preventivo delle spese ed alle richieste di acconti in pagamento la paziente, riferisce la dentista, “preferì non presentarsi più presso lo studio senza aver corrisposto nessun acconto”.
Durante il procedimento, e neppure a seguito delle perizie del CTU, la paziente non riesce a documentare gli interventi svolti dalla dentista se non quelli dell’applicazione del provvisorio come sostenuto della stessa dentista. Di fatto non sono state portati prove per documentare che, le avulsioni dentali, devitalizzazioni ed altro, siano stati eseguiti dalla dottoressa chiamata in causa e non dai dentisti a cui si era rivolta in precedenza la paziente.Di conseguenza le perizie tecniche non possono fare altro che segnalare che è da escludere che dall’applicazione del provvisorio possa essere seguita l'insorgenza di disturbi a carico dell'articolazione temporo-mandibolare è da escludere tenuto conto della situazione precaria preesistente ed attuale della bocca della paziente.
Nella sostanza il Giudice ribadisce che:
“Il pazienteche alleghi di aver patito un danno alla salute in conseguenza dell'attività professionale del medico, ovvero di non avere conseguito alcun miglioramento delle proprie condizioni di salute nonostante l'intervento del medico, deve provare unicamente l'esistenza del rapporto col sanitario e l'insuccesso dell'intervento”.
“Costituisce, invece, onere del medico, per evitare la condanna in sede risarcitoria, provare che l'insuccesso dell'intervento è dipeso da fattori indipendenti dalla propria volontà e tale prova va fornita dimostrando di aver osservato nell'esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza normalmente esigibile da un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione ( così, Cass., n. 24791 del 08 ottobre 2008).
“Si ricorda –continua la motivazione della sentenza- che la giurisprudenza di legittimità ha anche ribadito che in caso di prestazione professionale medico-chirurgica di "routine", spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento. Ne consegue che il giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di "complicanze intraoperatorie", ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità, nonché l'insussistenza del nesso causale tra la tecnica operatoria prescelta e l'insorgenza delle predette complicanze, unitamente all'adeguatezza delle tecniche scelte dal chirurgo per porvi rimedio (così Cass. n. 20806 del 29 settembre 2009)”.
Tornando al caso in esame viene evidenziato che “la paziente che ha allegato di aver patito un danno alla salute in conseguenza dell'attività professionale del medico, ovvero di non avere conseguito alcun miglioramento delle proprie condizioni di salute nonostante l'intervento del medico, ha provato unicamente l'esistenza del rapporto col sanitario, ma non l'insuccesso dell'intervento, ne consegue il rigetto della domanda di parte attrice”. “Non essendo stata provata la responsabilità di parte convenuta, la domanda di parte attrice deve essere rigettata”, sentenzia il Giudice che condanna la paziente a pagare le spese processuali.
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