In concomitanza del giorno in cui si festeggia Sant'Apollonia, patrona dell'Odontoiatria, alcuni rappresentanti dell'ANCO (Associazione Nazionale Centri Odontoiatrici) sborsano migliaia di euro per comprare pagine di quotidiani a grande tiratura per difendere i propri interessi e investimenti minacciati da un emendamento bipartisan al Disegno di Legge sulla Concorrenza, attualmente in discussione al Senato, con cui si richiede che i 2/3 del capitale sociale delle strutture odontoiatriche sia intestato, appunto, a odontoiatri. Questa posizione è condannata nella lettera quasi fosse un atto di lesa maestà nei riguardi della libera concorrenza, adducendo motivazioni palesemente di parte.
In particolare sostengono che i centri odontoiatrici rappresentino la forma evolutiva migliore per l'esercizio della nostra professione, dal momento che in essi trovano lavoro migliaia di odontoiatri, con standard di preparazione elevatissimi "in linea con le migliori pratiche internazionali", che garantiscono accesso alle cure con "forme di finanziamento a tassi agevolati" (che spesso però sono obbligatori), che vengono offerte "trasparenza, certezza e continuità delle cure" (dimenticando i centri che hanno improvvisamente chiuso lasciando i pazienti senza le cure già pagate), il tutto condito da "totale trasparenza fiscale, zero evasione" (ancora con la fosca immagine del dentista evasore?) e un non meglio specificato "crescente livello di investimenti esteri".
Purtroppo le obiezioni da opporre a questi punti sono numerose e partono tutte dalla considerazione che una gestione puramente imprenditoriale delle attività cliniche odontoiatriche non significa necessariamente migliore tutela del paziente, ma di sicuro promozione e difesa degli interessi degli investitori, secondo i codici della gestione imprenditoriale che rispondono a parametri prima di tutto economici, che devono essere rispettati perché queste realtà sopravvivano.
Peccato che non sempre tali criteri vadano necessariamente a coincidere con la tutela dei pazienti-cittadini.
Normalmente il rapporto medico paziente è normato e tutelato da un legame fiduciario tra il paziente e il sanitario soprattutto laddove, come nel settore odontoiatrico, il 90% delle prestazioni viene erogato in forma privata: il diritto del paziente di scegliere il sanitario a cui affidarsi deve essere quindi imprescindibile. In tali strutture questo aspetto cardine viene subito meno, dal momento che il paziente si rivolge al centro odontoiatrico non al medico, che anzi normalmente non conosce se non al momento di iniziare le terapie. Terapie che sovente si vede costretto a pagare in anticipo, e quindi non dubitiamo che sottoporsi a forme di finanziamento diventi spesso l'unico modo che essi hanno per iniziare i trattamenti. Salvo poi ritrovarsi in sfortunati casi in cui il centro, probabilmente perché non riesce a mantenere gli standard di fatturato mensile richiesto, secondo le classiche logiche dei franchising, chiude lasciando il paziente solo con le rate del prestito da pagare (e si sottolineano "certezza e continuità" come aspetti principali? ).
Inoltre è senz'altro vero che le prestazioni siano erogate dai sanitari, e ci mancherebbe altro che non fosse così, ma si tace che essi non sono liberi professionisti, ma dipendenti, sottomessi alle logiche economiche che determinano la sopravvivenza del centro. Sono infatti dipendenti nella sostanza, dovendo garantire la loro presenza nei centri secondo orari prestabiliti e definiti, secondo criteri di lavoro costante e continuativo e non libero professionale, come invece sono costretti a sottoscrivere nei contratti di regolamentazione della loro collaborazione. E che dire dei molti casi in cui un piano di trattamento viene deciso dal responsabile commerciale invece che dal medico?
E' invece proprio il rapporto personale e fiduciario medico-paziente che è alla base dell'attività sanitaria e che può essere garantito da nessun altro se non dal professionista sanitario, il quale determina, garantisce e risponde del piano di cure nei riguardi del paziente (mentre nei centri odontoiatrici gestiti da imprenditori, essi non rispondono mai direttamente di eventuali danni che possano occorrere ai pazienti, dal pagamento delle cui terapie traggono invece profitti).
Infine, e non come aspetto secondario, ricordiamo ai rappresentanti AN-CO che dovrebbero approfondire maggiormente le loro conoscenze sulla branca in cui hanno deciso di investire, dal momento che l'essere "in linea con le migliori pratiche internazionali" in Italia non è un'eccezione, ma la regola, poiché il nostro Paese in campo odontoiatrico è leader riconosciuto in formazione e know-how in Europa insieme alla Svezia e a livello mondiale insieme agli USA.
Eleonora Cardamone: Consigliere AIO Roma
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