Ogni volta che si parla di Catene odontoiatriche il settore si scalda, commenta, si indigna, si preoccupa e in certe occasioni parla a sproposito.E’ successo anche per la notizia che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi sui dati Key-Stone sull’incremento del numero di studi legati ai marchi delle “Catene”, dell’odontoiatria organizzata.
Alcuni commenti su Facebook indicavano quello come modello futuro per la professione: “ci toccherà trasformare i nostri studi”, scrivevano preoccupati. Mi sembra difficile e complicato riuscire a farlo. Per trasformare gli studi secondo quel modello si deve trovare un fondo d’investimento disposto a darvi milioni di euro, ed aprire in giro per l’Italia un centinaio di studi odontoiatrici e poi gestirli. Già, questo perché quasi sempre Catene e società, per i distratti utenti di Facebook e non solo, sono la stessa cosa. Nulla di più sbagliato.
Le Catene sono certo Srl ma il modello di business è diverso dall’Srl del dentista che ha scelto quella forma giuridica per gestire la propria attività.
Perché spaventano le Catene?
Lo abbiamo scritto più volte, perché sono il nuovo che è entrato in un settore radicato e chiuso, non in punta di piedi ma in “pompa magna”, con spot televisivi, pubblicità, creando clamore per farsi vedere. All’inizio per attirare dentisti e convincerli ad aprire strutture sotto il loro marchio e poi utilizzando i soldi dei fondi d’investimento per acquistare gli studi già esistenti o crearne dei nuovi. E la crescita è stata importante, Key-Stone indica nel 300% l’incremento di nuove aperture negli ultimi 7 anni, ma si partiva quasi da zero. Se consideriamo, invece, non la percentuale ma il numero di unità in attività, si arriva a poco meno di mille studi che, non tanto se paragonate con i 35mila studi odontoiatrici mono professionali attivi nel nostro Paese, ma con le 5mila società odontoiatriche esistenti in Italia (come Odontoiatria33 aveva indicato), ecco che il fenomeno si ridimensiona. Le Catene sono un quinto delle società odontoiatriche attive. Certo i pazienti vanno nelle Catene, sembrano apprezzarle soprattutto per gli interventi protesici, ma alla fine veramente il mercato sarà cannibalizzato da queste strutture, gli studi monoprofessionali chiuderanno per colpa loro?
Roberto Rosso (presidente di Key-Stone) commentando ad Odontoiatria33 i dati, fa notare poi un altro aspetto, ovvero che la crescita del numero di studi afferenti alle Catene è stato in prevalenza dovuto ad acquisizioni, ovvero comprando studi già esistenti e operanti, “sottraendo business ai competitor”. Ovviamente le Catene di strutture dal nulla ne hanno create, ma in percentuale minore rispetto alle acquisizioni. E questo per Rosso non è sintomo di crescita competitiva, le Catene non fanno altro, dice Rosso, che gestire sotto un nuovo marchio studi che già erano in attività. Diverso invece aprire nuove strutture con tutti i rischi connessi, che poi sono gli stessi che hanno i singoli professionisti che vogliono tentare la strada dello studio proprio. Difficoltà che per questo tipo di strutture si chiama anche forza lavoro; non come personale amministrativo o assistenti, ma come professionisti che curano i pazienti, visto che sono gli unici che possono farlo, o direttori sanitari.
Con mille neo professionisti che ogni anno si iscrivono all’Ordine (lauree estere incluse) c’è poco da crescere a meno che non si cerchi di “importare” dentisti stranieri.
L’impressione è quindi che sia più facile comprare gli studi, di chi è più spaventato da un cartellone pubblicitario che dal reale calo di pazienti nel proprio studio, che aprirne uno nuovo.
Perché poi c’è anche un altro aspetto da considerare: oggi lo studio proprio non è più l’obiettivo primario dei giovani dentisti, che sembrano gradire la collaborazione, e non solo perché il mercato lo impone. A mio parere la vera competizione che il settore si appresterà a vivere sarà proprio quella del contendersi non tanto i pazienti ma i dentisti che li cureranno. Da una parte oltre 15 mila studi che oggi sono in mano dentisti over 60, e che tra poco dovranno trovare colleghi disposti a rilevarli, dall’altra studi in mano a dentisti e catene che non solo vorrebbero crescere ma anche solo riuscire a curare senza farli aspettare troppo i pazienti che si rivolgono alle attuali strutture, ma gli manca chi possa curarli.
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