Giusto tre mesi fa’, il 7 marzo 2020, l’Italia si preparava a chiudere per pandemia. Quando qualche giorno prima il dott. Matteo Groppi (odontoiatra di Codogno) ci aveva raccontato via Skype come si viveva da confinati in una zona rossa, pensavamo che la questione si risolvesse chiudendo aree ristrette e durasse poco tempo. Invece, come sappiamo, di settimana in settimana il lockdown si è prolungato per mesi. Tre mesi dopo credo, anzi voglio sperare, di poter dedicare per l’ultima volta un DiDomenica al Covid-19 ragionando su quanto questa esperienza ha toccato e graverà sul settore.
Dentista attività essenziale, ma altamente a rischio
Dal punto di vista sanitario questa pandemia ha celebrato (sicuramente non è il termine corretto ma rende l’idea) la medicina che fino a qualche giorno prima era relegata tra quelle non nobili: la medicina d’urgenza, i pronto soccorso, il medico di medicina generale, la rianimazione. Quelle branche su cui il privato non investe perchè non “produce utile”. L’odontoiatria, forse più di altre specialità prevalentemente svolta in forma privata, si è trovata ad essere tra quelle indispensabili, visto che il mal di denti capita senza rispettare il lockdown.
Così ecco la necessità di continuare a garantire le urgenze con i rischi connessi al fatto che il dentista, l’Aso, l’igienista dentale lavorano “con il naso” nella bocca del paziente, e sistemi di protezione fin da subito non se ne trovavano. Peraltro, nella prima fase era anche difficile capire cosa veramente servisse a prevenire il contagio visto che il virus era totalmente nuovo e gli effetti si imparava a conoscere ora dopo ora. E poi la difficoltà di reperire i Dpi necessari, molti dei quali nella prima fase emergenziale erano anche stati regalati agli ospedali ed ai medici di base in prima linea.
E certamente questa incertezza dovuta al fatto della mancanza di conoscenze certe sul Covid-19 ha creato in molti componenti del team odontoiatrico non solo un comprensibile timore nel trattare le urgenze, ma vera e propria paura che se può essere normale in un cittadino qualunque diventa inusuale (almeno dal mio punto di vista) in professionisti che hanno scelto e studiato per curare persone malate, e da sempre sono a contatto con possibili portatori di virus e infezioni.
Dentista essenziale ma dimenticati
Nonostante la scelta responsabile della quasi totalità dei dentisti italiani di garantire le urgenze, spesso con pochi Dpi reperiti a prezzi da strozzinaggio, sgravando anche gli ospedali pubblici dal dover gestire le emergenze, visto che molti ambulatori odontoiatrici pubblici avevano peraltro chiuso (almeno nelle zone più colpite) per poter dirottare il personale ai reparti Covid, gli odontoiatri in tutta questa fase di emergenza sono stati praticamente dimenticati. Esclusi dalla distribuzione dei Dpi invece dati a medici di base e farmacisti, esclusi dai tamponi, e al pari di tutti gli altri professionisti, esclusi da quasi tutti gli aiuti economici.
D’obbligo, anche, la menzione al lavoro che le CAO hanno svolto a supporto degli iscritti. Trovo che questa pandemia abbia una volta di più abbia relegato lo studio odontoiatrico in un angolo ceco non solo del mondo professionale ed imprenditoriale ma anche dell’area sanitaria.
E volutamente sottolineo studio odontoiatrico e non odontoiatra perché la quasi totalità degli studi italiani (togliendo le poco più 5mila società) oggi faticano a sovrapporsi ai colleghi professionisti medici, ed anche faticano ad essere simili per esigenze agli altri professionisti perché sono molto più impresa in termini di capitale impegnato, ammortamento e necessità di ritorno dell’investimento, di quanto lo sia uno studio notarile, uno studio legale, uno studio di commercialisti.
Ed è questo aspetto che pone lo studio odontoiatrico in un limbo, professionista sanitario che deve garantire il diritto alla salute, ma in quanto imprenditore anche la sostenibilità della sua impresa.
A mio modo di vedere la conferma della differenza tra odontoiatra professionista (collaboratore) e titolare di studio odontoiatrico arriva anche dalla dichiarazione del presidente FNOMCeO Filippo Anelli che nel sostenere gli Stati Generali delle Professioni ma prendendone in parte le distanze. A proposito dell’essere professionisti, il presidente Anelli spiega che “Le Professioni hanno un bagaglio immenso di competenze e conoscenze, acquisite attraverso percorsi di studio specifici, e un altrettanto immenso bagaglio valoriale. È questo che rende fondamentale il ruolo che la Legge affida loro, quali garanti dei diritti costituzionalmente protetti: quello alla Salute, quello all’uguaglianza, alla giusta difesa, alla libertà di stampa, di pensiero e di espressione”. Entrando nel merito della professione medica Anelli evidenza come questa sia “preposta, attraverso le competenze che derivano da dieci anni di studio e da un aggiornamento continuo, alla realizzazione del Diritto alla Salute, che la Costituzione, all’articolo 32, tutela come ‘fondamentale’ dell’individuo e come interesse della collettività”.
Anelli che evidenza come le competenze del medico per tutelare il diritto costituzionale alla salute “non sono prettamente tecniche, ma diventano professionali nel momento in cui si coniugano con un sistema di valori, liberamente e autonomamente condivisi”. “E sono proprio questi valori continua- a imporre ai medici di utilizzare le proprie conoscenze per il fine ultimo del bene della persona e dell’intera società, anche a costo, come è accaduto nella pandemia di Covid-19, della propria salute e della stessa vita”.
“Sta in questa differenza di obiettivi la differenza tra la Professione medica e le aziende, le imprese, le attività commerciali: dove quelle perseguono obiettivi di profitto ed economici, la nostra Professione ha come obiettivo il bene comune” aggiunge. “Lo realizza rendendo concreti e fruibili quei diritti fondamentali, la Salute, l’uguaglianza, che la Repubblica mette in capo ai cittadini, come singoli e come popolo, e la cui tutela affida alla FNOMCeO come Ente sussidiario dello Stato”.
“È questo il ruolo che vogliamo rivendicare per la nostra Professione, per tutte le Professioni: quello di fautori e garanti della Democrazia – conclude Anelli -. Un ruolo che viene prima e va ben oltre le pur giuste rivendicazioni di carattere economico, che anche come Medici e Odontoiatri stiamo in ogni caso portando avanti”.
Lo scrivevo anche nel DiDomenica scorso, la questione sta nelle ultime righe della dichiarazione del presidente Anelli quella sulle rivendicazioni economiche. Per un medico dipendente del SSN è una questione sindacale, per un medico libero professionista è una questione di tariffe e di fiscalità. Ma per uno studio odontoiatrico dove oggi la gestione e gli investimenti necessari per essere competitivi sul mercato sono quelli da piccola e media impresa, le rivendicazioni economiche e normative sono totalmente diverse da quelle di un medico, ma le garanzie al paziente di essere curato con la terapia più adatta alla sua patologia (e non quella più conveniente all’economicità dello studio) rimane.
E’ qui la necessità di norme specifiche che tutelino il paziente ma aiutino anche il titolare di studio a garantire il diritto alla salute ed allo stesso tempo la redditività dell’impresa odontoiatrica. Questo, credo, che sia il tema che più di altro la pandemia lascia al settore, e su cui i sindacati odontoiatrici, ma forse ancora prima l’Ordine, dovranno ragionare.
Quale futuro
Dall’inizio della fase 2 credo che, oggi, tutti gli studi odontoiatrici abbiano ripreso la propria attività. Sono anche convinto che dopo le prime settimane di comprensive difficoltà derivanti da procedure diverse dalle usuali, i problemi legati al lavorare con i Dpi previsti, vi stiate abituando. Anche dal punto di vista del lavoro sembra che i pazienti stiano tornando, lo aveva previsto il presidente di Key-Stone su Odontoiatria33 (LINK), lo state raccontando nelle mail che ci scrivete.
Come sarà l’autunno ovviamente non lo sappiamo, il presidente ANDI prevede che a fine anno gli studi dentistici avranno perso il 56% del fatturato, l’AD di DentalPro ha previsto entro dicembre di spendere per tutti i suoi centri 2,5 milioni di euro in più per Dpi e gestione del paziente.
Certamente non sarà come prima del Covid, il quanto peggio andrà sarà ovviamente condizionato dal come andrà il nostro Paese, sia sul fronte economico che sanitario.
Ritorno alla normalità
Ovviamente stando davanti ad un computer e non indossando camice, sovracamice, cuffietta, mascherina, guanti schermo protettivo, la mia visione della ripresa odontoiatrica è totalmente differente da quella reale che avete voi tutti i giorni stando al riunito, ma credo che piano piano il settore si lascerà dietro le spalle questo periodo. Con il calo dei contagi probabilmente verranno anche allentate le misure di prevenzione.
Anche il mondo delle Società scientifiche sta certando di tornare alla normalità, dopo il boom di video incontri (che credo continueranno perché abbiamo scoperto essere comodi ed utili) cominciano ad arrivare le conferme degli eventi residenziali programmati in autunno. E ritrovarsi in una sala congressuale o tra gli stand merceologici certamente aiuterà a ritrovare il senso della normalità.
Normalità che si ritrova poi anche nelle piccole cose, come il tornare a vedere in televisione l’inviato di Striscia la Notizia, Moreno Morello, a sole tre settimana dalla fine del lockdown beccare un presunto finto dentista assistito dal direttore sanitario. Anzi lo ribecca, visto che era già stato protagonista di un servizio a dicembre.
Solitamente mi indignavo, ora vedere il “dottor Sopranzi” visitare in piedi, prima in sala d’attesa e poi in studio, l’attrice di Striscia incurante non solo della necessità di avere una laurea riconosciuta nel nostro Paese ma anche di dover rispettare le procedure per la prevenzione del contagio da Covid-19, mi fa questa volta sorridere e pensare: ma è proprio vero che alla fine tutto passa e, purtroppo, nulla cambia.
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