Quasi il 43% (42,7%) degli italiani pensa che la sanità stia peggiorando, una quota di delusi che sale al 64% al Sud. Inoltre il 55,5% considera inadeguato il Servizio sanitario regionale (Ssr), con picchi dell'82,8% nel Mezzogiorno. È quanto emerge dal capitolo 'Il sistema di welfare', del 49esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2015. «La capacità del privato di offrire prestazioni a prezzi sostenibili e la lunghezza delle liste di attesa nel pubblico, si risolve spesso nella scelta dei cittadini di pagare per intero di tasca propria le prestazioni», dice il Censis. E problema non da poco, i costi e tempi di attesa che hanno andamenti inversi nel passaggio dal pubblico al privato, poiché all'aumentare dei costi delle prestazioni nel privato corrisponde una diminuzione dei tempi di attesa, e viceversa. Una colonscopia nel privato, infatti, richiede circa 169 euro in più rispetto al pubblico e riduce i tempi di attesa di 74 giorni; per una risonanza magnetica nel privato, la spesa è di 79 euro in più con una riduzione dei tempi di attesa di 69 giorni. Da un'analisi complessiva dei dati del Rapporto, il dato più rilevante è che il restringimento del welfare alimenta gli squilibri sociali, e ammalarsi può diventare un problema serio.
Sono 7,7 milioni, secondo il Censis, le persone che in un anno si sono indebitate o hanno chiesto un aiuto economico per pagare le cure. La spesa sanitaria pubblica, cresciuta dal 2007 al 2010 da 101,9 miliardi di euro a 112,8 miliardi, negli ultimi anni "ha registrato - si legge nel Rapporto - una inversione di tendenza, con una riduzione tra il 2010 e il 2014, attestandosi nell'ultimo anno a 110,3 miliardi. La spesa sanitaria privata delle famiglie, invece, dal 2007 al 2014 è passata da 29,6 a 32,7 miliardi, raggiungendo il 22,8% della spesa sanitaria totale". E c'è chi fatica a pagare le cure. La percentuale di famiglie a basso reddito in cui nell'ultimo anno almeno un membro ha dovuto rinunciare o rimandare prestazioni sanitarie è elevata: il 66,7%. Anche l'andamento del Fondo nazionale per le politiche sociali testimonia il progressivo ridimensionamento dell'impegno pubblico, nonostante il parziale recupero degli ultimi tre anni: 1.565 milioni di euro nel 2007, 43,7 milioni nel 2012, 400 milioni nel 2015 (-74,4% nell'intero periodo). E con dati simili, non tarda ad arrivare il commento dei sindacati di categoria.
Per la salute orale conta di più la situazione economica che la prevenzione
La relazione tra le condizioni socioeconomiche e la salute è stata ampiamente sottolineata da studiosi di tutto il mondo, ma le modalità e le cause che ne sono responsabili restano in gran parte una scatola nera, anche se frequentemente sono oggetto di dibattito. Si sa che influiscono fattori biologici, psicologici e comportamentali e sono stati analizzati, per esempio, riguardo alla mortalità dovuta a malattie cardiovascolari.
In questo contesto, due ricercatrici, una iraniana e l'altra australiana, si sono proposte di verificare se l'associazione tra stato socioeconomico ed edentulia fosse mediata dai comportamenti adottati dalle persone in ambito odontoiatrico, come l'attenzione alle pratiche quotidiane di igiene dentale o l'abitudine di recarsi periodicamente dal dentista(*).
Anche a garanzia di maggiore omogeneità di valutazione, uno stesso intervistatore, appositamente formato, ha fatto tutte le telefonate, domandando a ciascuna persona interpellata (adulti dall'età media di 38 anni, uomini e donne in ugual misura) se, a causa di carie o malattia parodontale, avesse dei denti estratti ma non sostituiti; ha preso nota anche della scolarità e ha raccolto i dati utili per il calcolo del wealth index, un indicatore che tiene conto di diversi fattori legati al benessere sociale ed economico; ha infine indagato sulla frequenza di spazzolamento dei denti, sull'utilizzo del filo interdentale e sul numero di visite dal dentista nell'anno precedente la telefonata.
L'analisi statistica della mole di dati ottenuti ha mostrato che la scarsa aderenza alla prevenzione e alla cura odontoiatrica spiega solo in parte l'associazione tra status socioeconomico ed edentulia.
Si è visto che, come previsto, chi ha l'abitudine di lavarsi i denti con regolarità, facendo uso anche del filo interdentale, ha meno denti mancanti. Allo stesso modo, queste abitudini di igiene dentale sono effettivamente meno diffuse tra le persone socialmente ed economicamente più svantaggiate. Tuttavia le persone che godono di un minore benessere socioeconomico, pur pulendosi i denti correttamente e con regolarità, presentano un maggior grado di edentulia rispetto ai concittadini più benestanti, suggerendo l'esistenza di altri fattori
Cosa significa tutto questo? Che probabilmente a incidere maggiormente sono proprio le disponibilità economiche: anche chi fa tutto il possibile in fatto di prevenzione, se non può permettersi di affrontare certe procedure odontoiatriche (impianti, ma anche protesi) resta ovviamente con più denti mancanti. Come nella gran parte dei Paesi, anche in Iran il sistema odontoiatrico è prevalentemente privato e in genere le assicurazioni sanitarie non coprono adeguatamente i trattamenti dentistici; in particolare, mentre l'estrazione di un dente è meno costosa e oltretutto a carico del welfare, le operazioni più complesse devono essere pagate, di tasca propria, dai cittadini.
Renato Torlaschi
(*) Ghorbani Z, Peres KG. Is the association between socioeconomic status and nonreplaced extracted teeth mediated by dental care behaviours in adults? Community Dent Oral Epidemiol. 2015 Dec;43(6):532-9.
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