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23 Novembre 2009

Numero chiuso e pari opportunità addio

di orberto Maccagno


Richiamando una famosa battuta dal film L'ultima minaccia potremmo dire: “è l’Europa, bellezza, e tu non puoi farci niente”.
Realizzando l’articolo che trovate su questo Giornale su di una università privata spagnola, mi veniva da sorridere pensando all’Italia, dove si grida allo scandalo per 10 posti in più a Odontoiatria o si gioisce per 10 in meno; pensando che da anni ci dicono che presto l’Italia sarà invasa da dentisti provenienti dall’Est Europa: nel 2008 erano circa 40 i titoli stranieri riconosciuti in Italia. E due di questi erano di cittadini italiani.
Negli ultimi tre anni alla facoltà di Odontoiatria e protesi dentaria dell’Universidad privada Alfonso X El Sabio (Uax) si sono iscritti 350 italiani. 50 tre anni fa, 100 lo scorso anno e 200 quest’anno. E la Uax non è l’unica università privata europea: altre tre, quattro in spagna, ma anche in Francia e in Inghilterra. Senza considerare gli altri Paesi europei.
Non stiamo parlando di università fantasma, di strutture dove paghi e compri la laurea. Si tratta di atenei estremamente organizzati dove si studia e si impara a fare i dentisti (o altre professioni). Al confronto molte nostre università sfigurano.
Cercando informazioni e testimonianze dirette ho trovato una forte reticenza da parte di alcuni studenti iscritti a raccontarmi la loro esperienza. Il padre, dentista, di uno di loro, amico di un mio amico residente nella mia stessa città ha declinato l’invito sostenendo che se ne parlavamo poi “qualcuno” toglieva questa possibilità.
Ricordiamo al dentista astigiano, ma non solo a lui, che il numero programmato in Italia non è stato introdotto per regolamentare l’accesso alle varie professioni, ma per garantire allo studente la possibilità di ricevere una formazione adeguata. Il numero di studenti che possono iscriversi ai vari corsi di laurea è stabilito - o dovrebbe esserlo - sulla base delle capacità formative dell’ateneo. Il numero dei riuniti sarà poi un parametro corretto per odontoiatria?
Per puro esempio segnalo che la Uax ha 71 riuniti e gli studenti seguiti dagli insegnanti eseguono 70 mila prestazioni odontoiatriche l’anno. All’Università di Trieste (vedi videointervista al professor Di Lenarda sul sito odontoiatria33) hanno 41 riuniti e gli studenti con i propri docenti effettuano lo stesso numero di prestazioni.
Ma la possibilità offerta dalle Università come la Uax crea una serie di disparità non indifferenti. La prima è che per alcuni futuri dentisti il destino professionale è legato alla lotteria delle domande dei test di cultura generale, per altri alla possibilità di “investire” 100mila euro per laurearsi in Spagna.
E chi investe 100mila euro in una professione che dà sempre meno sicurezze economiche? Chi ha già prospettive professionali certe: i figli dei dentisti.
Cosa che assottiglierà sempre di più le possibilità dei non figli d’arte di trovare uno sbocco professionale serio. Franchising, Srl e Service ringraziano.
Se un imprenditore può cedere la propria azienda al figlio, direte voi, perché un dentista non lo può fare per una stupida legge che impone il numero di chi potrà iscriversi all’università?
Vero; ma sperando in una società che possa garantire anche al figlio di un dentista di intraprende con successo la professione di avvocato o architetto, preferirei un sistema che funzioni diversamente.
Una proposta sostenibile per superare l’attuale istituto del numero programmato ci sembra quella avanzata dalla professoressa Elettra De Stefano Dorigo, presidente del Collegio dei docenti, dalle pagine di questo Giornale. Uniformare i primi tre anni dei corsi di laura di Medicina con Odontoiatria.
“Al termine del triennio lo studente - ci spiega la professoressa Dorigo - sulla base delle sue preferenze, delle opportunità lavorative e dei posti disponibili potrà scegliere se frequentare il corso di laurea in Medicina e chirurgia o quello in Odontoiatria. Una soluzione che permetterebbe anche di ottimizzare le strutture dell’ateneo, la forza docente e consentirebbe allo studente di avere più tempo nello scegliere la propria professione e valutare diverse opportunità lavorative.”
Per quanto possa valere la mia opinione mi sembra una proposta sostenibile.
Avrei anche voluto informarvi dei risultati della commissione tecnica istituita dal Miur nell’ottobre 2008 che avrebbe dovuto individuare un nuovo sistema per il numero programmato. Sappiamo che la commissione ha prodotto un documento ma non siamo ancora riusciti a conoscerne i contenuti, nonostante le numerose richieste avanzate. Probabilmente per lo staff del ministro Gelmini è più facile inviare un comunicato stampa per annunciare l’attivazione della commissione nel pieno della “bufera” post test di ammissione, ma è più difficile informare del lavoro prodotto.

Norberto Maccagno
n.maccagno@d-press.it

GdO 2009; 16

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