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16 Maggio 2018

Come sono organizzati i dentisti italiani e quali specialità praticano

Dalla Congiunturale ANDI la fotografia della professione

Norberto Maccagno

Al Workshop di Economia Odontoiatrica di Cernobbio, attraverso i dati dell’indagine Congiunturale 2018 elaborata da Servizio Studi ANDI, è stato possibile capire come è organizzata la professione odontoiatrica. Indagine, ha spiegato il Coordinatore del Servizio Studi ANDI Roberto Callioni, realizzata attraverso un questionario composto da 50 domande inviato via web ai soci. Oltre 3 mila le risposte ricevute elaborate secondo basi statistiche. L’analisi, spiega Callioni “può ritenersi statisticamente attendibile per l’intera popolazione odontoiatrica italiana”. 

Come e dove esercitano i dentisti italiani? 

Stando ai dati presentati viene confermano che l’odontoiatria italiana è ancora prevalentemente esercitata come titolare di studio (72,3%), studio associato (11,6%), società (3,8%) collaboratore/consulente (26,2%), dipendente (1,8%), universitario (1,6%), anche se proprio quanto presentato a Cernobbio confermerebbe che oggi, anche il titolare dello studio monoprofessionale, dedica qualche giornata della settimana alle collaborazioni. Dato confermato da fatto che il 66,2% ha dichiarato di esercitare in un solo studio, il 23,7% in due studi mentre il 10,2% in più di tre studi. Lo studio principale per il 75,3% dei dentisti è utilizzato solo dal titolare e non in condivisione con altri dentisti, mentre l’8,5% lavora in uno in condivisione con altri, l’11,7% in uno studio associato ed il 4,4% in uno studio organizzato come società. 

Per il futuro, i dentisti italiani non sanno individuare la tipologia di studio che sarà destinato ad erogare in prevalenza le cure, cosi quasi sullo stesso piano vengono indicati come possibili modelli organizzativi predominanti lo studio in associazione che supera di poco quello tradizionale il poliambulatorio o della clinica odontoiatrica indicati alla pari. Leggermente staccato il franchising e le cliniche odontoiatriche distribuite sul territorio e collegate in rete.  

Sul fronte collaboratoriil 31,9% dei dentisti dichiara di avere un dipendente, mentre il 27,1% di averne due, oltre tre il 28,7%. Il 12,3% di coloro che hanno partecipato all’indagine ha risposto di non avere dipendenti: il 17% risiede al Sud, il 15,3% al Nord mentre il 14,7% al Centro. Odontoiatra che si conferma tuttologo, visto che la maggior parte di loro pratica molte specialità: conservativa (87,7%); protesi (80,8%); odontoiatria generale (74,6%); igiene e prevenzione (74%); chirurgia orale (60,3%); implantologia (56,6%); parodontologia (49,2%); odontoiatria infantile (48,3%); ortodonzia (41%); gnatologia (29,8%); patologia orale (23,8%).

 Lavoro e pazienti 

I dentisti italiani visitano in media meno di 10 pazienti al giorno (il 50,4% ha dato questa risposta), tra 11 e 20 (40,8%), tra 21 e 30 (6,6%), oltre i 30 (2,3%). Secondo il campione i fattori che portano i pazienti a scegliere il proprio studio sono il passaparola, la relazione con il dentista, la reputazione, la competenza personale, la qualità delle attrezzature e la gradevolezza dei locali. A metà classifica (al campione era stato chiesto di dare un voto da 1 a 9 ad una serie di affermazioni) il prezzo della prestazione, mentre la pubblicità è considerata tra i fattori meno efficaci per portare pazienti in studio.Tariffe che i dentisti italiani sembrano non aumentare visto che il 64,4% ha dichiarato di averle mantenente uguali rispetto all’anno precedente (dato simile anche a quello rilevato nelle Congiunturali degli anni precedenti), mentre il 20,1% le ha abbassate. 

Società e convenzionamento 

Se i dentisti italiani vedono nel proprio collega il vero concorrente, ma sono spaventati da Catene e low-cost, quanti andrebbero a lavorare come dipendenti in una struttura odontoiatrica facente capo ad un network?Il 61,6% risponde con un netto no, il 22,8% quelli dubbiosi ma che dicono più no che si. Possibilisti il 10,3%, mentre i convinti a volerci andare sono il 5,4%. Chissà se le percentuali sarebbero cambiate se fosse stato chiesto di valutare una collaborazione? 

ANDI da sempre vede le STP come unico modello possibile per esercitare l’odontoiatria in forma di società. Un modello che viene visto come una opportunità da cogliere per il 35,9%, come un modello al quale per forza si dovrà aderire (31,5%), una novità ma di scarsa utilità (14,1%), un modello da starne alla larga per confermare il valore della libera professione (11,4%), un modello da contrastare per il 7,1%. 

Altro tema che ha sempre raccolto forte dibattito tra i dirigenti dell’Associazione quello dei fondi integrativi e delle convenzioni. Dai dati presentati a non essere convenzionati sono il 70,6%. Di questi il 35,2% non si è convenzionato perché non è stato contattato da nessun gestore di un Fondo, mentre il 7% si sarebbe convenzionato ma non è riuscito a farlo. Il restante 57,8% invece è stato contattato ma ha declinato l’offerta.


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