Proporre al paziente una cura può rischiare di trasformarsi in una vendita percepita, per il paziente, reale per il dentista che punta sul business pur mantenendo fermi i bisogni del paziente. Ne abbiamo parlato nel nostro ultimo DiDomenica ed il tema ha suscitato dibattito con interessanti contributi.
Abbiamo voluto approfondire il tema con Antonio Pelliccia (nella foto), professore di Economia ed Organizzazione Aziendale, uno dei massimi esperti della materia e profondo conoscitore del settore dentale
Lei ha scritto un libro sull’etica del marketing odontoiatrico. Il Dentista quando propone una cura la vende?
Il più importante effetto positivo del marketing, dalle radici etiche, è determinato dal consolidamento dei pazienti e dalla loro “fidelizzazione” nel tempo. Ma non solo, il costo dell’investimento di marketing negli anni diminuisce. Chi vende mette al centro della propria attività il prodotto, e chiediamoci perché debba persuadere qualcuno ad accettare una terapia. Se il paziente ne ha l’esigenza ed ha scelto di curarsi percependo il valore della terapia e del professionista, semmai avrà necessità solo di concordare la quantità economica e le modalità di pagamento più adeguate. Quindi l’aforisma è: “chi è costretto a vendere è perché non riesce a farsi preferire”.
Non trova che oggi molti corsi di marketing e gestione spingano il dentista a pensare più al reddito dello studio che alla cura del paziente?
Tasto dolente. Molti anni fa (25 circa) introdussi in odontoiatria il concetto di Qualità Percepita come la sommatoria delle Quattro Qualità: Qualità Clinica, Qualità Economica, Qualità della Relazione e Qualità dell’Organizzazione. L’eticità nel marketing è quella di non utilizzare messaggi che abbiano al centro la vendita di prestazioni, ma che diffondano il valore "dell’informazione che cura". Bisogna riuscire a coinvolgere i pazienti consapevolmente, utilizzando l'informazione responsabile, con un indirizzo prevalentemente aggregativo, per sviluppare il senso di appartenenza verso lo Studio. Scegliere un corso per migliorare le Quattro Qualità ed una corretta comunicazione valoriale interna ed esterna è il miglior investimento per aumentare e mantenere i pazienti realmente nel tempo. Al contrario i corsi di vendita commerciale mercificano la relazione dialogica medico-paziente e generano clienti/pazienti economicizanti.
Quanto questa mentalità è stata condizionata dall’ingresso nel mercato delle Catene?
I network odontoiatrici, le catene, i franchising, i brand, chiamiamoli come vogliamo, hanno solo sfruttato prima degli altri la liberalizzazione della “Legge Bersani”. Poi la cosiddetta crisi economica, Internet, il Web, i Social Media ed il cambiamento dei processi decisionali di acquisto dei pazienti, hanno generato un maggiore “rischio di impresa”. L’ansia e l’incertezza di imprenditori che avevano investito nel dentale, per paura di perdere pazienti in un mercato sempre più aggressivo, hanno prodotto una tensione che si è sfogata verso una mentalità commerciale, come se si dovesse “fare cassa subito”. L’ansia e l’incertezza economica, abbinati ad una scarsa cultura manageriale, hanno permesso errori che oggi disorientano proprio quei pazienti che hanno scelto di affidarsi a chi li ha trattati commercialmente. Chi invece ha investito nell’eticità di una professione sanitaria, forse avrà fatturato meno in qualche periodo, ma oggi ha pazienti valoriali che garantiscono lunga vita e successo consolidato allo Studio. È una questione di lungimiranza, di conoscenze manageriali specialistiche e di equilibrio.
Quali consigli dà al dentista per proporre la terapia al paziente?
Mi piacerebbe approfondire questa domanda in una diversa sede, ma una risposta va data ed allora è centrale per me ripetere la frase che ho scritto: “Il dentista deve prima accertarsi che il paziente abbia compreso e scelto la terapia, che il paziente l’abbia condivisa e quindi accettata, infine deve metterlo in condizione di poterne usufruire sotto il profilo economico, concordando la quantità economica e le modalità di pagamento più adeguate, lasciando percepire il valore delle cure, delle persone e dell’organizzazione che si prende cura di lui.”
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