Considerando che sulla questione della possibilità o meno di iscriversi all’Albo dei medici ed anche a quello degli odontoiatri da parte del laureato in medicina, ma anche laureato in odontoiatria, se ne stanno occupando i legali FNOMCeO, quelli del Ministero della Salute e prossimamente anche quelli del Consiglio di Stato, ogni mia ipotesi “tecnica” su come ci si dovrebbe comportare mi sembra fuori luogo. Peraltro per studiare la questione prima di scrivere l’articolo del parere del Ministero della Salute, ci ho impiegato due giorni solo per risalire a cosa fosse ancora in vigore della 409/85 e quali le modifiche che erano state apportate nel tempo.
Però alcune considerazioni sul tema si possono fare. La prima sembrerebbe la più logica, ma quando si parla di leggi l’ovvio non sempre è contemplato dalle norme.
Se di fatto fino al 1994 (grazie alle norme che consociamo) si è consentito ad un medico neppure specialista in odontostomatologia di iscriversi all’Albo degli odontoiatri e mantenere l’iscrizione all’Albo dei medici, come si può pensare di non fare altrettanto per una persona che ha studiato almeno 6 anni per medicina (salvo non abbia poi studiato altri 4-5 anni per una specialità) e poi altri 5-6 anni per laurearsi in odontoiatria?
Però mi fermo subito, come dicevo, sul tema si stanno pronunciano avvocati, giuristi, ordinisti.
La mia considerazione, invece, non è sul fatto se un laureato in medicina anche laureato in odontoiatria possa iscriversi all’Albo dei medici ed anche a quello degli odontoiatri, ma sul perchè un professionista con i requisiti necessari deve volersi iscrivere a due Albi professionali differenti se non esercita entrambe le professioni. E la considerazione vale per tutte le professioni regolamentate. Prima che me lo ricordiate, so bene che, salvo pochissime eccezioni, questo è possibile per la maggior parte degli Albi.
Nel scrivere l’articolo sul parere del Ministero della Salute e sulle azioni che FNOMCeO intende intraprendere, ho sentito un po’ di esperti, di professionisti ed anche, ovviamente di doppi iscritti che come sappiamo sono ancora, di fatto, la metà degli iscritti all’Albo degli odontoiatri.
Alla domanda del perché un professionista voglia iscriversi ai due Albi anche se esercita una sola professione, una delle risposte più frequenti che mi sono state date è stato: per senso di appartenenza, un laureato in medicina anche se fa il dentista si sente un medico.Ci può stare, poi ovviamente ci sono anche aspetti prettamente molto più pratici, per esempio un medico che mantiene l’iscrizione all’Albo può continuare a prescrivere tutti i tipi di farmaci.
Ma l’iscrizione ad un Albo professionale, che di fatto è il vero “patentino” per poter esercitare la professione, può essere ricondotto a puro “senso di appartenenza”?
Peraltro è obbligatorio iscriversi all’Albo, non è una scelta. Se ho fatto il Carabiniere e mi sono congedato ma sento ancora forte il senso di apparenza mi iscrivo all’Associazione dei Carabinieri in congedo, così se sono stato Alpino. Per senso di appartenenza o per schierarmi mi iscrivo ad AIO, ad ANDI, al WWF, ad un partito politico. Ripeto, salvo alcune eccezioni, quasi tutti gli Albi professionali consentono di iscriversi anche se non si pratica la professione.
Ma è giusto?
In odontoiatria questo comporta anche un problema dal punto di vista pratico: 62 mila circa iscritti all’Albo, 45 mila circa di partite Iva per l’Agenzia delle Entrate, 48 mila circa coloro versano alla quota B di ENPAM come odontoiatri. Allora quanti sono in Italia i professionisti che fanno i dentisti?
Dal mio punto di vista un professionista, iscritto a qualsiasi Ordine, dovrebbe mantenere l’iscrizione solo se esercita quella professione o almeno, l’Ordine, dovrebbe essere in grado almeno di sapere chi è in attività o chi non lo è.
Certo la funzione dell’Ordine è quella di garantire ai cittadini che l’iscritto è in possesso dei titoli e delle competenze indispensabili per esercitare la professione, quindi io posso avere le caratteristiche per essere iscritto ma non eserciate. Però se vogliamo giocare a fare gli “azzecca garbugli”, per un pensionato medico che non è più tenuto a soddisfare l’obbligo formativo, l’Ordine può garantire che questo abbia ancora le competenze per rimanere iscritto, per prescrivere, per esempio, farmaci? Oppure: viene verificato se il doppio iscritto consegue nel triennio i 150 crediti ECM previsti per l’aggiornamento dei medici ed i 150 necessari per quello degli odontoiatri? Altra considerazione è sul perchè un medico decide di prendere anche la laurea in odontoiatra o viceversa.
Ovviamente le motivazioni sono molteplici e personali. La più pratica è quella del laureato in medicina che non rientra tra le regole indicate dalle norme e non può iscriversi all’Albo degli odontoiatri se non si laurea in odontoiatria. In questo caso potrebbe anche disiscriversi da quello dei medici e tutta la questione posta al Ministero della Salute non si porrebbe. Forse il caso più eclatante della necessità di mantenere la doppia iscrizione è quello del medico specialista in chirurgia maxillo facciale che vuole fare anche il dentista, l’implantologo.
Oggi per farlo deve prendere anche la laurea in odontoiatria ed iscriversi all’Albo degli odontoiatri, ma a questo professionista serve anche mantenere l’iscrizione all’Albo di medici, perché magari è assunto in ospedale.
Altro caso potrebbe essere il medico di medicina generale che ha anche il suo studio dentistico privato in cui lavora qualche ora alla settimana.
Poi, mi hanno spiegato, ci possono essere esigenze cliniche, ovvero poter trattare anche patologie esclusive dell’odontoiatra ma affini a quelle trattate come medico, per non chiamare ogni volta un dentista.
Questo un esempio che mi hanno fatto: chi si occupa dell’estetica del volto potrebbe aver bisogno dell’iscrizione all’Albo medici per trattare inestetismi delle zone del volto riservate ai medici ma all’Albo degli odontoiatri (quindi se non appartiene alle categorie regolamentate serve la laurea in odontoiatria) per i tessuti “presidiati” dagli odontoiatri.
Cercando di capire cosa invece può portare un laureato in medicina a laurearsi in odontoiatria, la motivazione più “gettonata” è stata quella del cercare una professione più sicura, una che consente uno sbocco nell’ambito pubblico.
Come mi capita sempre più spesso, è sempre più difficile avere l’autorizzazione ad abbinare un nome e cognome ad un racconto che mi hanno fatto, ma tra quei tre o quattro raccolti di 30-40 enni odontoiatri che si stanno laureando in medicina, o che si sono anche laureati in medicina dopo aver conseguito quella in odontoiatria, la motivazione riferitami è per il timore che quella di dentista sia una professione che in futuro offrirà sempre meno possibilità di quella medica. Altra motivazione tra quelle raccolte è il fatto che per l’odontoiatra sia di fatto preclusa, ovviamente perché non proposta, la dipendenza ma si debba optare per la libera professione anche se non si hanno velleità di avere uno studio proprio.
Raccogliendo queste testimonianze, la soluzione che mi viene più ovvia è quella che, forse, sarebbe meglio abbandonare la laurea in odontoiatria e tornare a quella in medicina con la specialità in odontoiatria obbligatoria per fare il dentista.
Lasciando da parte le questioni politiche ed il fatto che è l’Europa che non consentirebbe di farlo, la domanda che vi pongo è: a 40 anni dall’istituzione del corso di laurea in odontoiatria, nonostante le battaglie per la netta separazione delle due professioni ed anche degli Albi (anche se su questo le richieste sono più per una autonomia decisionale che per un netto “divorzio”) la professione di odontoiatra è già in crisi d’identità, ci si sta già pentendo delle scelte fatte, oppure quella della doppia iscrizione è una esigenza di pochi che alla fine si potrebbe risolvere con: a seconda di che professione eserciti, iscriviti all’Albo che ti serve?
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