Rispettare l’ambiente costa fatica (in realtà poca), rinunce (anche queste poche) e quello dell’impegnarsi per il bene collettivo alla fine rischia di rimanere una frase che suona bene, ma molto spesso senza un risvolto pratico.
E forse ci spieghiamo le immagini di alcune città immerse nei rifiuti.
“Perché devo andare a piedi o con i mezzi quado posso prendere l’auto, con la bici eviterei le code e contribuirei ad evitare di inquinare ma tanto gli altri vengono in ufficio in auto, e poi capirai quanto inquinerà la mia”.
“Il tanto gli altri”: c’è sempre questo pensiero dietro alla difficile svolta eco sostenibile nel nostro Pese, che deve prima passare dai singoli. Ed allora perché devo avere il balcone pieno di contenitori per la raccolta differenziata, tanto a Roma buttano tutto nel cassonetto. Perché devo andare a piedi, tanto cosa cambia, la maggioranza “degli altri” usa l’auto.
Mio figlio, 17 anni, è sceso in piazza qualche settimana fa per dimjostrare e chiedere l’attenzione verso un mondo ecosostenibile. Ha passato la sera prima a scrivere uno slogan su di un cartone, prima di uscire si è pittato la faccia con delle strisce verdi, ma poi devo sempre riprenderlo perché butta il bicchierino di plastica dello yogurt nel contenitore in cucina e non in quello sul balcone della plastica. “Papone, è vero, ma prima si deve creare una sensibilità collettiva”. Mi dice quando gli faccio notare.
Però se in attesa della sensibilità collettiva, se ci proviamo con gesti concreti forse è meglio.
Il mondo si cambia con i piccoli gesti, ma vorremmo che a farli fossero solo gli altri perché è una rottura modificare le proprie abitudini. Ed allora meglio evocarli, rivendicarli ma poi “restano sparsi, disordinatamente, i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente”. (chi ricorda la canzone citata?)
In Italia la propaganda ecologista non è neppure buona per fondare un partito. A differenza degli atri Paesi europei, nel nostro i Verdi non riescono ad ottenere consenso ed entrare in Parlamento. La tutela dell’ambiente da noi “non è cosa”, se non per fare soldi con lo smaltimento illegale.
Però, ora, sembra diventare buona per “battere cassa” in Europa. Ed allora perché non potrebbe diventare anche un’opportunità per i dentisti?
Tiziano Caprara ci ha raccontato l’esperienza di chi sta cercando di trasformare lo studio odontoiatrico in eco sostenibile. Non certo perché inquina più di altre attività, ma per il motivo che indicavo prima: se tutti fanno qualcosina, alla fine mettendo tutti insieme quei “qualcosina”, diventa tantissimo.
Un aspetto, quello dell’impatto sull’ambiente della professione odontoiatrica, che non è mai entrato nell’agenda politica dei sindacati ed associazioni di settore. Anzi, quando il legislatore è intervenuto per evitare che i residui di mercurio contenuti nell’amalgama finissero nelle acque, si sono alzate le barricate.
Il dott. Caprara dice che l’obiettivo di impostare la propria professione (non solo lo studio) verso un aspetto “eco salutare”, “non è quello del risparmio, ma del benessere del paziente e collettivo”.
E se invece la volontà di inquinare meno permettesse ai dentisti di risparmiare, innovare, rinnovare il proprio studio?
Ho chiesto a Roberto Rosso di Key-Stone se l’introduzione della diagnostica per immagini in odontoiatria avesse portato una riduzione dell’uso delle radiografie tradizionali. Dai suoi dati, nel 2010 i dentisti spendevano 3,2milioni di euro per acquistare le “lastrine” per le radiografie, nel 2018 hanno speso 1,47 milioni di euro. E poi c’è stato, anche, il risparmio di liquidi per lo sviluppo e dei costi per smaltire quelli esausti. Nel 2018 i dentisti hanno speso più di 30 milioni di euro per acquistare materiali da impronta, circa 140 mila litri (Rosso dice che si misurano così), in calo del 2,7% rispetto al 2017. E poi ci sono tovagliolini, bicchierini, aspirasaliva e tutta l’altra plastica e materiali monouso non eco sostenibili che gli oltre 45 mila studi dentisti italiani utilizzano. Dell’amalgama, oggi usata meno del 5% negli studi, già abbiamo ampiamente parlato.
Il Governo è all’opera per predisporre la manovra economica che dovrà essere approvata entro dicembre, e si parla di sostegno a chi produce in maniera ecosostenibile.
Perché i sindacati odontoiatrici, l’Ordine, l’UNIDI non predispongono una richiesta unitaria e provano ad andare a “battere cassa” chiedendo sgravi fiscali anche per gli studi odontoiatrici che vogliono dotassi di attrezzature e strumenti che permettano di risparmiare rifiuti ed inquinare meno? Uno scanner intra orale quanto materiale da impronta (rifiuto sanitario) può fare risparmiare?
E tutto il resto che si può sostituire con materiali riciclabili o ecosostenibili? La diagnostica per immagini, incentivi per l’acquisto di un separatore di amalgama etc. Magari anche proponendo modifiche alle norme sulla prevenzione delle infezioni in modo da ridurre il monouso, sostenendo soluzioni alternative altrettanto sicure per i pazienti. Se il tema dell’ambiente può essere un’occasione per ottenere vantaggi, perché non provarci. Magari scopriamo che molti pazienti si sentono gratificati rivolgendosi in uno studio rispettoso dell’ambiente oltre che della sua salute.
E chissà che in mezzo a tutto questo “green”, ci prendiamo anche gusto e ci accorgiamo che andare al lavoro in bici è anche rilassante e diventerà naturale mettere il vasetto di yogurt nel contenitore della plastica sul balcone anche a Roma. Avendo però anche la certezza che l’AMA, poi, lo porterà via.
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