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04 Ottobre 2017

La cessazione dell'attività, questi gli aspetti fiscali. I consigli dell'esperto


Dopo anni di duro lavoro, giunti finalmente alla sospirata pensione, è arrivato il momento di cessare l'attività. Anche quest'ultima operazione richiede tuttavia estrema attenzione e cautela. In questo articolo ci proponiamo di esaminare le differenze tra le diverse modalità di cessazione dell'attività, di valutarne gli aspetti operativi principali e di individuarne le modalità di tassazione.

La cessazione dell'attività può avvenire in due modi che esamineremo separatamente nel prosieguo:

1. la cessione dello studio dentistico;

2. la sua chiusura.


La cessione dello studio dentistico

Il tratto distintivo della cessione di uno studio odontoiatrico è la cessione della clientela che si estrinseca in un insieme di attività tese a favorire la prosecuzione del rapporto del cliente con l'acquirente dello studio. Dal punto di vista giuridico si tratta di un contratto atipico configurabile come un "obbligo di fare, non fare e permettere".

Al passaggio della clientela è solitamente affiancata la cessione dei beni strumentali e del materiale sanitario, che nel caso di uno studio dentistico, assumono generalmente un valore rilevante.

Per quanto riguarda gli aspetti pratici, la cessione dello studio odontoiatrico è una fattispecie particolarmente delicata, visto che il rapporto con i clienti si basa sull'aspetto fiduciario e personale, e trova il suo fondamento nella reputazione del professionista. A tal fine, il contratto dovrebbe prevedere oltre ad un periodo di affiancamento anche l'obbligo di non concorrenza, così da impedire al venditore la possibilità, per un determinato periodo, di aprire un nuovo studio.

Altri aspetti legali da non sottovalutare riguardano la tutela della riservatezza dei pazienti, e il rispetto degli adempimenti di legge per il consenso al trattamento dei dati personali.


Aspetti fiscali della cessione della clientela

La cessione di uno studio professionale è stata disciplinata dal legislatore dal punto di vista fiscale solo nel 2006 con il decreto Bersani Visco. Prima del decreto, nessuna norma disciplinava espressamente tale fattispecie e, tuttavia, l'amministrazione finanziaria pretendeva di tassare il compenso per la cessione dello studio nella categoria residuale dei redditi diversi; la giurisprudenza invece escludeva tali redditi dalla tassazione.

Con l'entrata in vigore del Decreto Bersani Visco, la cessione della clientela ed ogni altro elemento immateriale riferibile all'attività professionale (ad esempio un marchio), sono attratti nel reddito da lavoro autonomo e tassati in base al principio di cassa. (Art 54 TUIR comma 1-quater: "Concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale").

Ordinariamente quanto percepito per la cessione dello studio si aggiunge ai redditi dell'anno, con l'effetto di una tassazione elevatissima a causa della progressività delle aliquote. Per evitare la tassazione progressiva la legge consente di optare per la cd. tassazione separata: in questo caso il provento da cessione studio viene tassato a parte, con un'aliquota fatta pari alla media di tassazione avuta nei due anni precedenti.

L'opzione, tuttavia, è percorribile soltanto nel caso in cui il corrispettivo venga riscosso in un'unica soluzione, o, al massimo, in più rate tutte però percepite nello stesso anno.

Nel caso in cui il pagamento rateale si estenda per più periodi di imposta, la quota incassata annualmente sarà sottoposta obbligatoriamente a tassazione ordinaria (e quindi avverrà il cumulo con gli altri redditi dell'anno percepiti). Un altro svantaggio della soluzione rateale "pluriennale" è rappresentato dal fatto che la presenza di crediti relativi all'attività professionale, impedisce la chiusura della partita IVA. Infine, seppur irrilevante fiscalmente, ci si espone al rischio di insoluto per il mancato pagamento delle rate successive.


Aspetti fiscali della cessione dei beni strumentali

Come già accennato, di norma, il corrispettivo previsto per la cessione dello studio ricomprende anche una parte legata ai beni strumentali (riunito, rx, etc). Per tale quota saranno da individuare le plusvalenze o minusvalenze relative alla cessione dei cespiti. Le plus/minus-valenze sono determinate dalla differenza tra il prezzo di vendita dei beni ceduti e il loro valore fiscale residuo; quest'ultimo è pari al prezzo sostenuto per l'acquisto (costo storico) detratti gli ammortamenti dedotti.

Facciamo un esempio per chiarire gli effetti fiscali: ipotizziamo la cessione di un riunito acquistato per € 20.000, ammortizzato per €15.000 e, quindi, con valore fiscale residuo di € 5.000 (20.000-15.000). A fronte di un prezzo di cessione pari ad € 8.000 la plusvalenza che concorrerà al reddito sarà di € 3.000 (8.000-5.000).

La cessione dei beni strumentali, per gli odontoiatri che compiono solo operazioni esenti, è esente da IVA ai sensi dell'art. 10 comma 27 quinques DPR 633/72.


Aspetti fiscali: il rischio di accertamento

Come detto il compenso per la cessione dello studio ricomprende una quota legata ai beni ceduti ed una parte correlata al valore della clientela.

In riferimento alla prima componente (beni strumentali e materiale sanitario) il rischio di accertamento si concentra sulla possibile rettifica a valori di mercato.

Un elemento controverso nella presente normativa è rappresentato dalla cessione del contratto di leasing in essere per i beni strumentali; tale casistica non è "letteralmente" prevista dalla norma ed appare dubbio che le somme percepite per la cessione dei contratti di leasing debbano essere tassate. Una tale dimenticanza da parte del Legislatore porterebbe a preferire, negli ultimi anni di attività, l'accensione di leasing piuttosto che l'acquisto diretto con finanziamento bancario.

Appare possibile, ma meno probabile, una rettifica riguardo alla seconda componente del prezzo dello studio commisurata al valore del passaggio di clientela. In questo caso va considerato che il rapporto tra il professionista ed il cliente-paziente è di tipo fiduciario e non risultano metodi di valutazione unanimemente riconosciuti poiché non è possibile garantire il passaggio di clientela ma solo favorirlo. Non è da escludere che l'Agenzia, rifacendosi a quanto sviluppato sulla cessione delle aziende, tenderà a sviluppare metodi di verifica incentrati su multipli della redditività mostrata negli ultimi anni fiscali ante cessione.


Altri aspetti fiscali e previdenziali

Si ricorda inoltre che l'atto di cessione della clientela è assoggettato ad IVA, al contributo ENPAM e all'imposta di registro nella misura fissa di € 200. Le somme corrisposte dal cessionario sono integralmente deducibili.

Ai fini fiscali i documenti rilevanti devono essere conservati fino al 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi, quando decadono i termini per l'Amministrazione Finanziaria per notificare gli avvisi di accertamento. Tuttavia, salvo i casi in cui la legge dispone diversamente, i crediti si prescrivono in 10 anni. È consigliabile pertanto conservare tutta la documentazione di studio, fatture e corrispondenza commerciale per almeno dieci anni.

Entro 30 giorni dalla cessazione dell'attività, il commercialista provvederà a inviare la Dichiarazione di cessazione attività ai fini IVA all'Agenzia delle Entrate.-

A cura di: Fulvio Giovannetti, dottore commercialista Studio Associato Giovannetti Di Agostino Ciancaleoni di Ascoli Piceno (AP)

Sull'argomento leggi anche:

5 Ottobre 2017: Cessione dello studio. Questi gli aspetti operativi da considerare

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