Un maggio denso di ricorrenze, quello appena trascorso. Anniversari* di straordinaria importanza per la nostra storia di italiani hanno scandito la blanda sonnolenza della nostra placida routine. Eppure zero clamore. Zero rumore. E non ai giornali mi riferisco, che pure con scritti prevedibili e collaudati hanno “ricordato”. Non alle tv, che con rassegnazione considero ormai supine a logiche un po’ distanti dall’informazione. Non alle istituzioni, né ai politici, così occupati a occuparsi di loro e -di tanto in tanto- di noi.
Mi riferisco ai giovani cittadini di questo paese, a noi ragazzi, noi studenti, che un tempo infiammavamo le nostre esistenze con la presenza e la “partecipazione alla storia” e invece oggi sembriamo assorti in una condizione di estraniazione da noi stessi, di perdita della nostra identità e abbiamo smarrito la consapevolezza di ciò che siamo o che potremmo essere: la carrozza motrice del treno del cambiamento. Quarant’anni fa, maggio ’68, l’intero occidente fu scosso da un tumulto giovane, un mastodontico movimento di ragazzi riuscì a smascherare le contraddizioni che attanagliavano il mondo e a proporre possibili superamenti.
Rubando le parole a Tracy Chapman direi we’re talkin’ about a revolution, perché forse di rivoluzione si è trattata: nei fatti, secondo alcuni, ma soprattutto nel modo di intendersi “cittadini attivi”, secondo me. La carica e la forza dei movimenti di quegli anni derivò proprio dalla scoperta dell’importanza della partecipazione, dalla rinnovata “immersione nella dimensione sensuale della vita, in quella percezione di presenza e di pienezza del ritrovarsi insieme agli altri”.
Resisi coscienti di sé stessi e delle proprie potenzialità, i ragazzi del ’68 furono in grado di rendere sovrane le assemblee, tanto in fabbrica quanto nelle università. Erano loro a indicare le priorità alle agende di governo, a mettere in dubbio valori e a crearne altri, a dettare le regole.
I giovani di quegli anni esercitarono in sostanza il loro vero ruolo: si fecero spinta propulsiva per il cambiamento. I conflitti che generarono furono profondamente necessari, come lo sono tutti i conflitti - elementi vitali per la società e per la vita di ognuno: là dove essi mancano, e anche dove vengono soffocati o apparentemente risolti, il mutamento viene rallentato e arrestato.
Lascio analizzare agli storici gli effetti del ’68 e mi limito invece ad osservare ciò che dovremmo oggi considerare un’eredità: la grande spinta propulsiva che i ragazzi di quegli anni hanno saputo dare alla storia. La coscienza della classe giovanile è oggi ai minimi storici. Da una parte esiste fortissima una classe compatta, organizzata, solidale al proprio interno, cosciente di sé e pronta a salvaguardare i propri interessi, la “casta”. Dall’altra una moltitudine di individui senza direzione, noi. Se continuiamo così, non c’è partita.
Ecco perché, amici miei, dobbiamo tornare a fare quello per cui siamo “programmati”: torniamo a provocare, a dissentire, a proporre, a costruire. Torniamo a essere spudorati e scandalosi; rischiamo, esponiamoci, spendiamoci, “facciamoci riconoscere” e non tiriamoci indietro: affacciamoci alla finestra e mostriamoci al mondo, qualunque faccia abbiamo, usciamo allo scoperto anche quando piove e vorremmo restarcene a casa, oppure quando sentiamo che ci manca l’equilibrio e rischiamo di cadere. Sono convinta che buona parte dell’attenzione di chi -finora- pare non essersi accorto di noi, dovrà necessariamente esserci dedicata. E chissà se il mondo comincerà a girare nel verso giusto.
Talkin’ about a revolution / it sounds like a whisper...
* Anniversari da non dimenticare
E visto che sono qui per “dire la mia”, eccomi a ricordare che tra i valori fondanti di questa società non può mancare il valore della Memoria, che dev’essere apprezzato, acquisito, conservato e trasmesso, perché contribuisce alla crescita, all’unità e all’integrazione di una società e non può certo rappresentare - come alcuni insinuano - motivo di disordine o disintegrazione. La Memoria è un patrimonio che ci arricchisce, ma ci impegna anche al suo mantenimento e al suo rinnovamento. Quindi ricordiamo, seppur con ritardo, gli anniversari del maggio trascorso:
09/05– Trovato 30 anni fa sui binari della ferrovia di Cinisi il corpo devastato da una carica di tritolo di Peppino Impastato, giornalista e attivista antimafia.
09/05– Trovato 30 anni fa in via Caetani a Roma, dopo 55 giorni di prigionia in un covo delle Brigate Rosse, il corpo senza vita di Aldo Moro adagiato nel baule posteriore di una Renault 4 rossa.
13/05– Approvata 30 anni fa la legge 180 o “legge Basaglia”, che impone la chiusura dei manicomi e istituisce i servizi di igiene mentale pubblici allo scopo di ridurre le terapie farmacologiche e il contenimento fisico dei malati di mente, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali.
20/05– Emanato 38 anni fa con la legge 300 lo “Statuto dei Lavoratori”, una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro he su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, lavoratori e le loro rappresentanze sindacali.
22/05– Approvata 30anni fa la legge 194 o “legge ull’aborto”, che consente alla donna di poter ricorrere lla Interruzione Volontaria di Gravidanza n una struttura pubblica, nei primi 90 giorni di gestazione.
3/05– 16° anniversario della Strage di apaci. Esplode per una carica di tritolo posta in n tunnel l’auto del giudice antimafia Giovanni Falcone. Perdono la vita insieme a lui anche la moglie, magistrato, e tre agenti della scorta.
GO 2008; 98
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