La pericolosità delle onde elettromagnetiche prodotte dai cellulari e dai cordless è un argomento su cui si dibatte più o meno dal momento in cui l’uso di questi apparecchi ha cominciato a diffondersi ampiamente.
Finora il giudizio degli esperti, basato prevalentemente su dati epidemiologici e su esperimenti di laboratorio, è sempre stato piuttosto cauto, sospettando l’esistenza di una potenziale pericolosità di tipo oncogeno, che però non è adeguatamente sostenuta da evidenze scientifiche. Tra le prime cause di tanta incertezza sta la rarità dei tumori - come l’astrocitoma e il neurinoma - la cui genesi sarebbe favorita dall’uso dei telefonini; inoltre, è difficile quantificare con esattezza la dose di energia assorbita e separare il suo impatto da quello di tutti gli altri fattori di rischio. L’ultimo contributo alla di-scussione è lo studio Interphone, una grande ricerca epidemiologica, (Int J Epidem. 2010 Jun;39(3):675-94) realizzata tra il 2000 e il 2004 in 13 Paesi, tra cui l’Italia - per la quale ha partecipato l’Istituto Superiore di Sanità. Interphone è uno studio di tipo caso-controllo basato su interviste, che si è posto l’obiettivo di valutare la relazione tra uso del cellulare e rischio di tumori cerebrali e altre neoplasie, come i neurinomi del nervo acustico e i tumori delle ghiandole salivari. Il campione era costituito da oltre 10mila persone, tra i 30 e i 59 anni di età (di cui la metà colpita da glioma o da meningioma, mentre il resto serviva da controllo). I dati raccolti hanno riguardato l’epoca di inizio, la frequenza di uso e la durata media delle telefonate. Il risultato è che l’uso del cellulare non è collegato allo sviluppo di quei tumori cerebrali. La credibilità delle conclusioni viene rinforzata dall’omogeneità dei risultati ottenuti nelle diverse nazioni e dagli esperimenti in laboratorio, che non hanno finora dimostrato l’effetto oncogeno dei campi elettromagnetici indotti dai cellulari. Gli autori, tuttavia, raccomandano la prosecuzione delle ricerche, perché il rischio non può ancora essere escluso. In precedenza altri studi simili avevano confermato l’associazione tra uso dei cellulari e aumento del rischio di tumori cerebrali. Per esempio, per l’astrocitoma Hardell e collaboratori (Int J Oncol. Mobile phones, cordless phones and the risk for brain tumours.2009;35:5-17) avevano determinato un odd ratio di 1,3 per il neurinoma del nervo acustico con un uso di cellulari maggiore di dieci anni. Ricordiamo che l’odds ratio misura il rapporto tra l’incidenza di un evento in un gruppo sperimentale e l’incidenza in un gruppo di controllo; se il suo valore supera 1, allora la probabilità che l’evento considerato si verifichi nel gruppo sperimentale è superiore a quella del controllo. In pratica, si tratta di una misura che calcola l’aumento del rischio, in questo caso pari al 30%.
Le sentenze
La questione della pericolosità dei campi elettromagnetici generati dai telefonini è arrivata pure nelle aule di giustizia, precisamente in quelle del tribunale di Brescia, che a dicembre ha dovuto occuparsi di un singolare e grave caso clinico. Un uomo di 49 anni senza precedenti anamnestici di rilievo si trova improvvisamente colpito da ipoestesia dell’emiviso sinistro. La diagnosi è neurinoma del ganglio di Gasser. Il tumore è fortunatamente benigno, anche se le conseguenze per il paziente sono comunque pesantissime.
Conosciuto anche come schwannoma, a livello endocranico si localizza quasi sempre sulla branca vestibolare dell’ottavo nervo cranico (dove in forma bilaterale si associa spesso alla neurofibromatosi), mentre è molto raro sul quinto. Durante l’intervento, avvenuto nel novembre del 2002, il neurochirurgo è costretto ad asportare oltre al ganglio di Gasser, anche la branca mandibolare del trigemino. L’elenco degli esiti che affliggono il paziente è impressionante: ulcera corneale omolaterale da iposecrezione lacrimale, parestesie e dolore cronico dell’emiviso sinistro, disturbi della masticazione per atrofia dei muscoli temporale e massetere del lato colpito e malocclusione secondaria, epilessia parziale dovuta al trauma chirurgico, deficit cognitivo e disturbi psicologici, sindrome del lobo temporale. La gravità della situazione causa anche una sindrome depressiva grave che porta a due ricoveri ospedalieri. Dopo avere raccolto un po’ di documentazione, l’uomo, ex-manager di un multinazionale per la quale parlava in media cinque ore al giorno con telefono cellulare e cordless, si convince di essere vittima di una malattia professionale e, pertanto, chiede all’Inail di essere indennizzato.
L’Inail risponde negativamente, perché non esistono sufficienti prove del nesso causale, e così pure il consulente del tribunale davanti al quale si svolge la prima causa nel maggio del 2008. Ma il protagonista di questa sfortunata vicenda non si arrende e ricorre in appello. I suoi consulenti di parte scavano in tutta la letteratura scientifica e convincono i giudici, che ribaltano la precedente sentenza nel dicembre del 2009.
A convincere i giudici di appello ha contribuito la perizia elaborata da un neurochirurgo e da un oncologo.
Gli studi epidemiologici sui quali si sono basati i consulenti di parte sono stati eseguiti negli ultimi anni ed evidenziano un aumento significativo del rischio relativo di neurinoma (ricordiamo che il rischio relativo misura l’associazione tra l’esposizione a un dato fattore di rischio e l’insorgenza di una patologia, calcolata come il rapporto tra i tassi di incidenza negli esposti al fattore di rischio e nei non esposti).
I giudici hanno anche dato credito ai dati e alle testimonianze che provavano l’uso costante e intenso degli apparecchi per più di dieci anni.
Infine, trattandosi di una causa in materia di lavoro e previdenziale, i giudici, nel prendere la loro decisione, pur tenendo conto della non uniformità di vedute a livello scientifico, hanno applicato il modello probabilistico-induttivo e il principio della “causalità debole” che ha valore proprio in sede previdenziale.Pertanto hanno concluso che il ruolo delle onde elettromagnetiche nel caso in questione raggiunge un rilevante grado di “probabilità qualificata” e che vi è un nesso, se non di causa, quanto meno di concausa tra radiazioni emesse dai telefonini e il tumore in questione.
GdO 2010;12
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