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28 Febbraio 2021

Quando il giudicante è anche giudicato e rischia (quindi) di non essere legittimato a giudicare


Nella classifica della tipologia di notizie più lette su Odontoiatria33, quelle ordinistiche quasi mai arrivano ai primi posti: salvo non trattino di procedimenti disciplinari e regole da seguire. Spesso, sbagliando, le vicende politiche o organizzative dell’Ordine sono viste in modo distaccato, come se non dovessero influire sulla routine professionale del lettore medio.  

Invece lo fanno, altrimenti non servirebbe un Ordine professionale, il mio compreso.   Anche la notizia dell’archiviazione della denuncia di abuso d’ufficio nei confronti del presidente CAO La Spezia non è entrata tra quelle più lette della settimana, pur essendo importante.  

Il rapporto tra giudicato e giudicante è da sempre difficile in tutti gli ambiti: non ho passato l’esame perché gli sono antipatico; non ci hanno dato il rigore perché pagano l’arbitro; mi ha fatto la multa perché è invidioso della mia auto.

Forse, è il film Il Vigile di Alberto Sordi a raccontare meglio di tante parole i paradossi di questa eterna disputa tra chi ha il potere (dovere) di controllare e sanzionare e chi viene giudicato e sanzionato. Però, ogni paradosso ha una base di verità da entrambe le parti la si guardi.   E’ vero che se chi ha l’autorità per giudicare può farsi prendere la mano nel controllare con insistenza ogni situazione, è però altrettanto vero che se il controllato non ha nulla da nascondere, non corre nessun rischio. Un autovelox ogni chilometro non è un problema per chi rispetta i limiti di velocità e consente di pedalare in strada senza essere travolto, ma certamente è una scocciatura essere fermato ogni volta che incontri una pattuglia.  

Perché sostengo che è importante la decisione prima del PM e poi del GIP di La Spezia di archiviare la denuncia nei confronti del presidente CAO reo, per il legale rappresentante della società odontoiatrica che ha sporto denuncia, di attività ostruttiva nei loro confronti?   Perché, se avessero ritenuto legittima l’accusa -verificare con insistenza è abuso di ufficio- l’attività di vigilanza dell’Ordine sarebbe di fatto resa vana, e di conseguenza l’istituto ordinistico sarebbe stato delegittimato, relegato ad un mero gestore di elenchi.  

Quanti presidenti CAO, o di Ordine, avrebbero continuato a convocare un iscritto o peggio ancora aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti sapendo di rischiare una denuncia penale per abuso d’ufficio? Per denunciarlo sarebbe bastato anche solo: “mi vuole limitare nell’attività perché io sono un suo concorrente”.  

Sintetizzo la vicenda per chi non avesse letto l’articolo, che comunque trovate a questo link.  
L’accusa del legale rappresentate di una società odontoiatrica sosteneva che il presidente CAO, continuando a verificare le attività della società in tema di pubblicità o di autorizzazione sanitaria, “abusava del proprio ruolo e del potere di vigilanza riconosciuto in capo al proprio Albo professionale”. Quindi il presidente CAO, “utilizzando gli strumenti forniti dalla legge” conduceva una “battaglia personale” nei confronti della società odontoiatrica perché appartenente ad un network e, per l’accusa, per il presidente CAO i network non devono esistere perché fanno concorrenza agli studi tradizionali come il suo.  

E guardandola dalla parte della società odontoiatrica, o più in generale dalla parte dei network odontoiatrici italiani spesso impegnati a difendersi o difendere i propri direttori sanitari accusati su questioni legate alla pubblicità o altre mancanze deontologiche, si può anche comprendere l’iniziativa. Stesso discorso potrebbe farlo il singolo dentista chiamato dal suo Ordine a motivare, per esempio, una inserzione sul giornale locale sapendo che a giudicarlo sarà un dentista come lui che, magari, ha lo studio anche vicino al suo.  

Con questo non voglio dire che chi si sente discriminato non deve chiedere di essere tutelato. Anzi deve farlo presentando le prove, ed il giudice verifica e si esprime.  

La questione posta dal legale rappresentante della società odontoiatrica non entra nel merito della sanzione: la pubblicità era corretta o scorretta, le società non StP possono esercitare l’attività odontoiatria o possono farla.

La questione di fondo era: il presidente CAO può continuare a verificare una società (ma vale anche un singolo iscritto) sollevando infinte questioni agli organi di controllo?   Se vogliamo possiamo sintetizzare la questione posta in questa domanda: ma perché controlla sempre me? Poi magari (ora non mi riferisco alla notizia di La Spezia nello specifico, ma in generale), approfondendo si scopre che oltre a “me” la Commissione ha controllato anche altri. Ma questo è un altro tema, quello della trasparenza già toccato in questo DiDomenica.  

La vera questione sul tema dell’attività di controllo da parte degli Ordini professionali è quella dell’attività giudicante. Non solo perché il giudicante, come avvenuto nel caso La Spezia, può essere tacciato di avere un interesse personale (o essere prevenuto) nel giudizio, ma anche per l’esatto contrario. Quanto si sente libero di giudicare chi è eletto da chi viene giudicato?  

Certamente tutti i presidenti di Ordine svolgono senza pregiudizi il loro ruolo in quanto guidati da etica e senso istituzionale.  

Molte volte ho pensato: ma chi glielo fa fare di candidarsi a quella carica?
Il presidente di un sindacato si propone come il paladino della categoria, offrendosi come la persona che raggiungerà gli obbiettivi attesi dalla professione.
Il presidente di Ordine lavora invece per i cittadini, vigilando che la categoria si comporti eticamente, bacchettando i suoi colleghi che non lo fanno.  

Detto questo, e ribadito il mio assoluto rispetto per chi decide di accettare questo difficile incarico e lo onora attraverso un lavoro serio ed imparziale, la denuncia del legare rappresentate della società odontoiatrica dimostra che il dubbio di una non imparzialità possa insorgere.  

La soluzione ci sarebbe anche, e persino da qualche anno.  

La legge Lorenzin sul tema ha legiferato prevedendo la separazione, nell'esercizio del giudizio disciplinare, della funzione istruttoria da quella giudicante. Come ci spiegava in un approfondimento sul tema Andrea Tuzio, consulente OMCeO Roma.  

In ogni Regione – ricordava quanto prevede la Legge- dovranno essere costituiti uffici istruttori di Albo, sorteggiati tra i componenti delle commissioni disciplinari di Albo e con un rappresentante del Ministero della Salute. Gli uffici istruttori, sulla base di esposti o su richiesta del presidente della competente commissione disciplinare o d'ufficio, istituiranno il procedimento disciplinare, sottoponendo all'organo giudicante la documentazione acquisita e le motivazioni per il proscioglimento o per l'apertura del procedimento disciplinare”.  

Però ad oggi nulla si è mosso, del nuovo statuto FNOMCeO che dovrebbe contenere quanto previsto dalla Lorenzin non se ne parla da tempo e con le elezioni in arrivo continueremo a non sentirne parlare. Quindi, fino quando non si metterà mano anche alla questione “giudizio disciplinare”, il pallino sarà nelle mani degli avvocati e dei giudici.

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