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26 Settembre 2010

Se il low-cost è un network di studi

di Norberto Maccagno


Possiamo definire Amicodentista un’alternativa alla classica struttura low-cost: non una società di capitale, ma un network di professionisti che si sono organizzati e riescono a offrire prestazioni e servizi come studio monoprofessionale a prezzi contenuti.
Ci siamo fatti raccontare com’è l’organizzazione da uno dei fondatori, Maurizio Pedone che, a proposito di low-cost, ci dice: “È una filosofia di vita, condivisa da chi non cerca il prezzo basso a tutti i costi, ma il giusto prezzo. Io ritengo che il rapporto dentista-paziente non possa essere stravolto. Amicodentista permette di mantenerlo, pur offrendo prestazioni a costi contenuti”.
Dottor Pedone, ci può raccontare di Amicodentista, partendo dalla sua origine?
Amicodentista nasce in Lombardia nel 2007 dall’idea di un gruppo di attempati colleghi amici. Da tempo pensavamo di dover cambiare il modo di intendere la nostra professione. Poi due eventi ci convinsero che era ora di tentare. Il primo fu una serie di articoli pubblicati sui principali quotidiani nazionali in cui c’era un confronto tra le tariffe dei dentisti europei e gli italiani non ne uscivano bene. Il secondo è stato il proliferare del turismo odontoiatrico. Abbiamo allora cominciato a ipotizzare un modello vincente, chiedendo pareri, mettendo nero su bianco le nostre esigenze, formulando possibili soluzioni. La sfida era quella di riuscire a offrire prestazioni di qualità a prezzi contenuti.
E come ci siete riusciti?
Razionalizzando la produzione e passando anche attraverso l’associazionismo come strumento di aggregazione. Associazionismo che permette di razionalizzare le procedure operative, ottimizzando gli acquisti e abbattendo i costi.
Quindi avete creato un gruppo di acquisto?
Banalizzando, possiamo dire che la filosofia che ci guida è quella del networking, del gruppo di acquisto, che intende migliorare l’organizzazione, pur mantenendo buona la qualità della prestazioni che eseguiamo.
In realtà il lavoro è stato complesso. Abbiamo dapprima cercato di individuare gli aspetti non indispensabili, i servizi che non servivano ai pazienti, non apprezzati, ma che erano forniti ugualmente. Poi abbiamo cercato di adattare l’organizzazione dei nostri studi, eliminando le criticità evidenziate. Abbiamo in sostanza ottimizzato il tempo dedicato al paziente, tagliando quello non necessario alla cura. Ma non solo: abbiamo anche ottimizzato i tempi dedicati all’attività clinica, cercando protocolli validati in letteratura che permettessero di ridurre le sedute. Per esempio, oggi, preferiamo la chirurgia implantare monostadio o trasmucosa, piuttosto che quella che prevede due interventi. O tecniche innovative, come l’utilizzo di materiali biomedicali, invece delle più costose leghe auree, per la realizzazione della protesica.
Poi abbiamo quantificato i materiali e i servizi che ci servivano e abbiamo cercato i fornitori più convenienti: visto il numero di impianti che tutti noi utilizziamo, ci riforniamo direttamente dal produttore, evitando i canali della distribuzione. Lo stesso criterio è stato adottato anche nella scelta del laboratorio odontotecnico, del commercialista, dell’esperto della radioprotezione, del consulente del lavoro. Abbiamo anche deciso di sfruttare le possibilità date dalla legge Bersani in materia di pubblicità per farci conoscere. Per questo ci siamo affidati a un’agenzia di comunicazione. A questo aspetto destiniamo il 5% delle nostre risorse: investire singolarmente in pubblicità sarebbe stato impensabile.
Riuscite a quantificare l’efficacia della pubblicità? Quanti pazienti nuovi vi porta in studio?
Difficile dirlo. Un dato indicativo potrebbe essere questo: da quando, tre anni fa, abbiamo avviato la campagna pubblicitaria, posso dirle che il mio studio ha circa 1000 pazienti nuovi l’anno, a fronte di 1400 visite. E mi sembra che il dato possa valere anche per le altre sette strutture del network.
Questo ovviamente ha significato un notevole incremento del lavoro che ci ha portato a dover strutturare in modo diverso lo studio. Nel 2007 avevo una segretaria e due assistenti. Oggi ho quattro collaboratori odontoiatri, sei assistenti e tre segretarie. In media, ogni anno, cresciamo del 40%; nel 2009 abbiamo fatturato 1 milione e 200 mila euro. Ma stiamo raggiungendo il numero massimo di pazienti che possiamo seguire.
Tenga conto che io seguo direttamente i pazienti nelle varie fasi di controllo che abbiamo definito per la cura.
Chi è il vostro paziente tipo?
Prevalentemente facciamo comunicazione attraverso internet: forse è per questo che il nostro paziente tipo ha un profilo culturale medio-alto. Per lo più è un paziente con cui si dialoga bene e che comprende con facilità le soluzioni cliniche che gli prospettiamo, soprattutto quelle protesiche. Tra i nostri clienti abbiamo diversi professionisti e anche tanti medici e questo ci fa molto piacere.
L’80% delle prestazioni che eseguiamo sono implantoprotesiche, probabilmente perché la nostra campagna informativa punta a presentare proprio soluzioni implantari. Siamo però convinti che questo tipo di riabilitazione, rispetto alla tradizionale, sia più etica, dato che non compromette denti sani, e, di conseguenza, anche più economica. E questo i pazienti lo capiscono.
I vostri prezzi sono mediamente più bassi del 40% rispetto al tariffario indicativo Andi. Questo non pregiudica la qualità offerta?
Assolutamente. Ovviamen­te non forniamo l’eccel­lenza: se questa vale dieci, noi forniamo prestazioni che qualitativamente valgono 7,5. Riusciamo a ottenere il contenimento dei prezzi attraverso il gruppo di acquisto, la riduzione degli sprechi, l’ottimizzazione di risorse e attività.
Strutture come le vostre sono sempre oggetto di contenziosi con l’Ordine.
Non è vero. Il rapporto con l’Ordine è buono. Sul tema della pubblicità abbiamo sfruttato quanto consentito dal decreto Bersani; ci siamo affidati per la consulenza a una società di comunicazione, ma anche a un legale esperto in materia. Quando abbiamo impostato la nostra campagna informativa ci siamo confrontati con l’Ordine di Varese che ci ha indicato alcune criticità: le abbiamo modificate e da allora non abbiamo avuto nessun problema. La nostra comunicazione è trasparente, non è ambigua e quindi rispetta quanto previsto dalla legge.

Gdo 2010;12

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