Quale è il valore della sentenza del consiglio di Stato e quali le implicazioni pratiche sulle due professioni? Il parere dell’avvocato Giungato
La questione della Sentenza della Cassazione sulla possibilità o meno per un Igienista Dentale di aprire un proprio studio autonomo e la reazione di AIDI nata dopo la comunicazione inviata della CAO nazionale per informare i presidenti provinciali della sentenza, ha riaperto la discussione non solo sull’autonomia dell’igienista dentale ma sul valore “pratico” delle sentenze.Ne abbiamo parlato con l’avvocato Maria Maddalena Giungato (nella foto), cassazionista, consulente legale di AIO e di alcune OMCeO, che proprio in quanto consulente legale.
Avvocato, ci chiarisce che valore ha la sentenza del Consiglio di Stato sulle professioni coinvolte?
La sentenza del Consiglio di Stato n. 1703/2020 –che conferma quella del TAR Bologna n.896/2014– decide unicamente il caso concreto sottoposto all’attenzione del Collegio e quindi la singola richiesta di autorizzazione all’apertura di uno studio autonomo presentata dall'igienista dentale ricorrente. Il diniego opposto dall’USL territorialmente competente sulla richiesta è stato ritenuto legittimo dal giudice amministrativo con una statuizione che incide direttamente solo sulla concreta vicenda contenziosa, le cui motivazioni, però - ovvero le ragioni per cui la sentenza ha ritenuto fondato il rifiuto- hanno carattere generale e sono dunque applicabili anche in ulteriori casi analoghi. In altre parole: la sentenza in esame non preclude ad un igienista la facoltà di avanzare una richiesta di autorizzazione all'apertura di uno studio autonomo ma è molto probabile che, allo stato, l'Amministrazione sanitaria rigetti una tale istanza sulla base delle argomentazioni già svolte dalla giurisprudenza amministrativa richiamata, che verosimilmente respingerà eventuali ricorsi basati sui medesimi presupposti.
Che cosa deve intendersi in termini giuridici per "compresenza" ?
Per un ponderato ragionamento sul tema è necessario partire dalle indicazioni che si ricavano dalle sentenze sopracitate, che, a loro volta, muovono dal testo del D.M. 15 03 1999. Sul punto, già il Tar Bologna, pronunciatosi sulla vicenda in primo grado, aveva ritenuto, in termini molto netti, che l'espressione "su indicazione dell'odontoiatra", di cui al D.M. 15 03 1999 precitato, non può essere intesa come una mera disposizione verbale realizzabile pure a distanza anche per il tramite del paziente ma integra "una ben precisa fase del complessivo percorso terapeutico svolto dal paziente all’interno di una stessa struttura sanitaria".
Una tale imprescindibile connessione tra l'attività dell'igienista e quella dell'odontoiatra, da un punto di vista non solo terapeutico ma anche logistico, è stata successivamente ribadita anche dal Consiglio di Stato.
Nella precitata sentenza n. 1703/2020 si legge, infatti, che il D.M. 15.03.1999, allorché prevede la necessità che l'igienista operi “su indicazione” dell'odontoiatra, influisce altresì nel contesto della descrizione del luogo di svolgimento della relativa attività professionale, evocando una contestualità spaziale e presupponendo, quindi, la compresenza delle due figure professionali, all'interno della medesima struttura.Il percorso terapeutico è cosi sintetizzato: " [...]alla previa valutazione della necessità o opportunità del trattamento poi concretamente demandato all’igienista dentale nell’esercizio della propria autonomia professionale, si associa una pronta disponibilità dell’odontoiatra di intervenire, ove quanto indicato si risolva, in executivis, in un rischio per la salute del paziente".
Nell'attuale contesto, dunque, anche se il concetto di “dipendenza” - previsto dal precedente DM 14/9/1994 n. 669 - dell’igienista dall’odontoiatra all’interno della struttura o dello studio è un concetto superato, occorre adeguatamente considerare la prevenzione dei rischi legati alla natura e alla pericolosità dell’attività condotta nel cavo orale che, a mio avviso più che il riferimento a un solo parametro - rigido e standardizzato - di natura spaziale e/o temporale, impone la valorizzazione di un legame funzionale e operativo tra i due professionisti; detto legame, anche in ragione delle laconiche indicazioni normative, deve essere declinato comunque responsabilmente nell'interesse del paziente, cui deve essere assicurato, anzitutto, un “complessivo percorso terapeutico” e, se del caso, la “pronta disponibilità ad intervenire” dell’odontoiatra in termini calibrati sulle caratteristiche soggettive del paziente e sulle specificità del caso concreto.
La sentenza mette la parola fine alla vicenda?
Il Consiglio di Stato, a conclusione delle motivazioni della sentenza n. 1703/2020, esprime la piena consapevolezza delle ricadute applicative della propria decisione da cui deriva, in termini concreti, l’impossibilità per l’igienista dentale di aprire un proprio autonomo ed esclusivo studio professionale prescindendo dalla compresenza di un odontoiatra.
Nondimeno, proseguono i Giudici di Palazzo Spada, il tenore della disposizione - [n.d.r. "su indicazione"] ritenuta “non appagante” - evidentemente "posta a tutela della salute dei pazienti non consente però margini esegetici tali da giungere a conclusioni diverse, la cui percorribilità non può che rimettersi alla ponderata scelta del legislatore, ove l'evoluzione e l’approfondimento dei percorsi formativi, l’affinamento e la sicurezza delle tecniche di intervento ne lascino intravedere i presupposti secondo la migliore scienza ed esperienza.
"Questa chiosa finale sembrerebbe suggerire l'opportunità di una riflessione sul tema nonché sul proliferare nel corso degli anni di provvedimenti amministrativi, emanati dai dicasteri competenti, sotto forma di DM , oppure da singole direzioni generali del Ministero, per il tramite di pareri o circolari che, pur non “transitando” dal Parlamento, incidono su diritti fondamentali dei cittadini.
Sul punto è quantomai indicativa proprio l’evoluzione della professione dell'igienista dentale, che ha assunto negli anni una sempre più pregnante valenza ma, ciò nonostante, pur essendo ad oggi una professione "protetta", che prevede anche un proprio albo professionale, il suo ambito di attività è regolamentato da una scarna normativa, affidata a pochi articoli, contenuti in un decreto ministeriale, peraltro emanato oltre venti anni or sono.Sarebbe invero auspicabile che – almeno - l'ambito di competenza delle singole professioni sanitarie, impinguendo su valori di rango costituzionale, quali la salute e il lavoro, fosse affidato a norme di Legge, il cui iter di formazione e approvazione è regolato da precise garanzie partecipative: ciò anche al fine ed evitare interpretazioni contrastanti, che disorientano il cittadino e alimentano la contrapposizione tra le diverse professioni, tutte chiamate, sia pur con modalità e contributi differenti, a garantire il bene salute.
Se è innegabile che l'obiettivo condiviso è la tutela della salute del paziente, è pur vero che sono gli strumenti messi campo per realizzarlo a fare la differenza.
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