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13 Ottobre 2016

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla CCEPS. Il punto di vista della CAO nazionale


In merito alla recentissima sentenza della Corte Costituzionale che ha giudicato incostituzionali alcuni commi dell'art. 17 del DLGSCPS 13/09/1946 n° 233 per quanto concerne la nomina dei componenti di derivazione ministeriale all'interno della CCEPS, Odontoaitria33 ha chiesto all'avvocato Marco Poadas, (nella foto), Ufficio legale della CAO nazionale, una valutazione.

Sul tema registriamo anche le dichiarazioni del presidente FNOMCeO Roberta Chersevani che inorpellerà il Ministro Lorenzin al fine di chiarire gli sviluppi derivanti dall'intervento della Corte Costituzionale.

Questa sentenza, peraltro ampiamente attesa, commenta l'avvocato Poladas, applica i principi del giusto processo, previsti dall'art. 111 della Costituzione, anche alla Commissione Centrale che, quale Organo di giurisdizione speciale, è giudice d'appello sui ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari irrogati dagli Ordini delle professioni sanitarie.

In estrema sintesi la Corte Costituzionale ha chiarito che il Ministero della Salute non può essere parte e giudice nello stesso momento, in quanto sarebbero palesemente violati i principi di imparzialità e terzietà che devono essere salvaguardati in qualsiasi giudizio. Nella stessa sentenza, inoltre, si rileva che i funzionari ministeriali chiamati a far parte della CCEPS attualmente rimangono incardinati nella struttura amministrativa ministeriale e quindi non sono pienamente indipendenti e liberi nello svolgimento della loro funzione di giudici.

La sentenza appare condivisibile in quanto applica principi ormai acquisiti a livello costituzionale. Non si può negare però che la situazione che si viene a creare pone molti interrogativi sulla gestione attuale e futura dei provvedimenti disciplinari irrogati dagli Ordini nei confronti del professionisti che si sono macchiati di gravi colpe di carattere deontologico.

E' molto difficile prevedere quello che accadrà per dare la necessaria applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale.

Potrebbero prospettarsi varie soluzioni che oscillano fra chi ritiene possibile ricostituire la CCEPS mantenendone sostanzialmente la struttura ma non prevedendo più la partecipazione di funzionali ministeriali e chi, all'estremo opposto, ritiene necessario un intervento legislativo diretto a sanare il vuoto normativo che si sarebbe prodotto prevedendo magari la costituzione di una CCEPS del tutto diversa nella sua composizione oppure addirittura l'individuazione di un Organo diverso cui affidare il compito di giudice di appello sui ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari degli Ordini.

Per quanto riguarda la situazione attuale si può ritenere che rimangano certamente inattaccabili i provvedimenti disciplinari su cui la Cassazione si sia già pronunciata e quelli nei confronti dei quali non siano stati presenti i ricorsi alla Corte di Cassazione stessa.

Difficile invece prevedere, nelle more, cosà accadrà sui ricorsi che hanno dato luogo già a decisioni della CCEPS che sono stati impugnati di fronte alla Corte di Cassazione.

Come è noto la Corte di Cassazione non ha più posto all'o.d.g. la discussione di questi ricorsi proprio in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale.

Esiste il fondato rischio che la Corte di Cassazione accoglierà eventuali richieste dei ricorrenti dirette a far valere il principio della non corretta composizione della CCEPS e spetterà alla Corte stessa valutare se e come rinviare ad una nuova CCEPS, correttamente costituita, il giudizio stesso.

Si apre ora una fase transitoria molto delicata che preoccupa gli Ordini per quanto concerne l'operatività dei loro procedimenti disciplinari ma che deve preoccupare anche l'opinione pubblica considerando che, finché non sarà costituito un Organo di appello sui ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari, viene a paralizzarsi l'esecutività di qualsiasi sanzione disciplinare.

In sostanza si corre il rischio che un medico radiato dall'albo ad esempio perche "curava il cancro con l'aspirina" possa continuare ad esercitare la professione attraverso un semplice ricorso ad un Organo d'appello che attualmente non è costituito.

In conclusione verrebbe da dire citando un noto aforisma latino: "summum ius, summa iniuria" perché la Commissione Centrale, con tutte le sue limitazioni legate ad una normativa del 1946, ha sempre svolto in tutti questi anni un'opera importante di garanzia sul corretto svolgimento del procedimento disciplinare. L'auspicio è che da questa sentenza possa invece nascere un percorso virtuoso che rilanci il ruolo disciplinare degli Ordini a garanzia prima di tutto della tutela della salute dei cittadini.

Avvocato Marco Poladas: Ufficio Legale CAO Nazionale

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