La vicenda risale al 2005 quando l'associazione Centro Tutela dei Consumatori di Bolzano (CTCU) inseriva sul proprio sito web una tabella di raffronto dei prezzi praticati, per il medesimo tipo di prestazioni odontoiatriche, dai dentisti della Provincia di Bolzano che volevano aderire. Lo scopo dell'iniziativa, denominata "Prezzi Trasparenza Online" era quello di fornire un servizio informativo ai consumatori circa i prezzi delle singole prestazioni odontoiatriche richiesti nell'area della Provincia di Bolzano.
Su invito dell'Ordine molti degli aderenti avevano, in seguito, ritirato la loro disponibilità alla pubblicazione.
Nel 2008 il CTCU, anche a seguito del decreto Bersani, aveva nuovamente riproposto il progetto e nuovamente l'Ordine aveva invitato gli iscritti a non aderire. Una decina quelli che avevano pubblicato le loro tariffe sul sito del CTCU e che successivamente si sono visti recapitare dall'Ordine una missiva attraverso la quale venivano invitati a recedere dalla iniziativa per non incorrere in possibili sanzioni disciplinari per grave infrazione al codice deontologico.
Il CTCU ricorreva all'AGCM che apriva un procedimento di indagine nei confronti dell'Ordine ravvisando un vero e proprio comportamento possibilmente lesivo e restrittivo della concorrenza.
Nel 2009 l'Antitrust ritiene colpevole l'Ordine per aver ostacolato l'iniziativa del CTU condannandolo a pagare una multa di 5 mila euro e "rimuovere i comportamenti contestati dall'Autorità".
Secondo l'Antitrust l'Ordine, attraverso le missive inviate agli iscritti, "ha messo in atto un'intesa restrittiva della concorrenza, tuttora in corso, che ha impedito in concreto la pubblicazione e il confronto dei prezzi da parte degli odontoiatri iscritti all'Albo tenuto dall'Ordine di Bolzano. L'intesa ha ristretto la concorrenza tra i professionisti impedendo loro di utilizzare una leva concorrenziale essenziale in un settore dove il livello di competizione è già basso, con effetti particolarmente negativi per i consumatori".
L'Ordine impugnava la sentenza davanti al TAR che nei giorni scorsi ha pubblicato la sentenza (numero 2688 del 19 febbraio 2015) con la quale respinge il ricorso e conferma la sanzione.
Diversi i punti contestati dall'Ordine, il principale è contro la decisione dell'Antitrust di considerare la Commissione Albo degli Odontoiatri di Bolzano un "ente rappresentativo di imprese", così come l'Ordine. Stessa base sulla quale si fonda la sanzione inflitta alla FNOMCeO di cui, lo stesso TAR Lazio, si occuperà venerdì 20 marzo.
L'Ordine di Bolzano sosteneva, nel ricorso, che la CAO non avrebbe alcun potere di rappresentanza esterna, né soggettività, essendo quest'ultima riservata all'ordine, che agisce tramite il suo presidente e che le lettere inviate agli iscritti non potrebbero essere qualificate come "deliberazioni".
Altro punto contestato dall'Ordine il fatto che l'Antitrust, nella sua decisione, "non avrebbe correttamente considerato l'evoluzione della disciplina normativa che regola l'informazione pubblicitaria dei professionisti in materia sanitaria. In particolare non avrebbe tenuto conto del fatto che, pur avendo il d.l. n. 223/2006 liberalizzato l'informazione e la pubblicità per le professioni intellettuali, lo stesso ha conservato, in capo agli ordini professionali, un potere di controllo sugli aspetti di veridicità e trasparenza, proprio al fine di garantire che non vengano forniti, al consumatore finale, dati fuorvianti".
Di parere contrario il TAR che ricorda come l'art. 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), a norma del quale "Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari".
TAR che, quindi, considera l'Ordine professionale e la CAO, un organismo simile all'associazione di impresa e per questo motivo deve sottostare alle regole che tutelano la concorrenza.
Entrando nel merito delle lettere inviate agli iscritti dalla CAO, il TAR, in realtà, non contesta il ruolo dell'Ordine di controllo verso i messaggi pubblicitari ma contesta il contenuto delle missive inviate agli iscritti giudicandole troppo generiche. Per l'Authority avrebbero dovuto motivare, nello specifico, i punti per cui l'Ordine considerava l'iniziativa non consona.
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