A seguito della stretta alla normativa che regolamenta i dispositivi medici, occorre capire le intenzioni del Governo europeo, per vedere come la normativa andrà a incidere nel lavoro quotidiano all'interno dello studio odontoiatrico.
Per capire le reali ripercussioni sulla professione e avere anche qualche anticipazione sulle linee della normativa, il Giornale dell'Odontoiatria ha intervistato chi da tempo sta lavorando con le istituzioni europee alla modifica della direttiva: Marco Landi, membro del Board del Ced (Council of European Dentists).
Dottor Landi, il problema delle protesi al seno francesi ha evidenziato una carenza nel sistema di controllo dei dispositivi medici. Potenziali rischi sono presenti anche per i prodotti a uso odontoiatrico?
Se ci riferiamo al rischio generico di reazioni avverse ai materiali contenuti nei dispositivi medici, la possibilità, in linea teorica, non è da escludere: la Commissione europea è, infatti, preoccupata della assenza di sistemi obbligatori di segnalazione e documentazione di possibili problemi rilevati durante l'uso nel paziente.
Ma, il problema delle protesi mammarie, sempre secondo la Commissione, era parzialmente conosciuto dai chirurghi plastici, anche se non era mai stato segnalato in modo ufficiale. Per quanto riguarda il settore odontoiatrico, l'allarme può essere associato all'aumento della produzione dei cosiddetti semilavorati protesici in outsourcing presso laboratori odontotecnici extra Ue, a costi preoccupantemente risibili e con il reale rischio di utilizzo di materiali scadenti e manodopera non qualificata.
Il prodotto semilavorato spesso consiste in un manufatto protesico già praticamente completato, per il quale un laboratorio europeo produce il certificato di conformità. L'aumento dell'offerta di prestazioni low-cost nasconde questo preoccupante fenomeno, le cui conseguenze purtroppo non saranno immediatamente visibili.
Quali sono le proposte di modifica della direttiva su cui sta lavorando la Commissione europea per i dispo-sitivi medici?
Il principale impulso ad accelerare la revisione della direttiva è venuto, appunto, dall'allarme per le protesi mammarie.
La principale preoccupazione della Commissione è garantire ai cittadini (pazienti e professionisti) alti livelli di sicurezza, all'interno di un sistema trasparente e tracciabile dove non sia minata la fiducia nella affidabilità e non nocività dei dispositivi medici. Le modifiche non sono dunque sostanziali, ma accrescerebbero questi livelli di sicurezza.
Ci sono delle particolari modifiche per i dispositivi su misura?
È allo studio da parte della Commissione un sistema chiamato Udi (Unique Device Identification) che dovrebbe consentire di identificare ogni singolo dispositivo, partendo ovviamente da quelli a maggior rischio. Per quanto sia comprensibile la preoccupazione sulla tracciabilità, temiamo che questo sistema possa essere applicato anche ai nostri dispositivi su misura, peraltro già ampiamente tracciabili e individualizzati, con un conseguente aumento dei costi di produzione e senza un effettivo beneficio per il paziente.
Al momento, la Commissione è concorde con noi nell'escludere dall'Udi i cosiddetti "custom made medical devices".
Come relatore della commissione che sta studiando la normativa, ci può dire quali sono le proposte del Ced?
Il chairman del gruppo di lavoro del Ced sui dispositivi medici è Edoardo Cavallè, che sta coordinando la posizione dei dentisti europei in questo settore e, già da anni, anche in altri organismi internazionali. Come componente del board, sono coinvolto nelle attività di contatto diretto e di collaborazione con la Commissione e in questo ambito ho incontrato Jacqueline Minor, direttore generale della Dg Sanco, il corrispondente del ministero della Salute della Commissione Europea, che è la responsabile della proposta di revisione della direttiva sui dispositivi medici.
Abbiamo presentato le nostre proposte che in estrema sintesi si ricollegano alle posizioni già tenute in passato: il mantenimento di sistemi di identificazione del paziente, pur nel rispetto della privacy (mediante acronimi o codici numerici), sui certificati di conformità, la richiesta di definire l'utilizzatore finale come una figura professionale, per evitare confusioni con il paziente, la richiesta di introdurre nel certificato di conformità l'indicazione di tutti i luoghi di produzione del dispositivo, inclusi quelli di totale o parziale subappalto.
Sul tema leggi anche l'intervento di Linda Sanin, responsabile dell'Ufficio Normative Unidi e referente tecnica alla Fide
GdO 2012;5:4-5
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