Quando si pensa ai costi fiscali, il primo riferimento è ovviamente alle tasse. Non è l'unico. Bisogna aggiungervi quelli delle risorse dedicate alla gestione contabile dello studio e il commercialista. Questi costi aggiuntivi hanno una parte visibile e certa, i software, la formazione specifica, l'eventuale personale impiegato, la parcella del consulente, il tempo dedicato, e una nascosta che può emergere inaspettata qualora quanto fatto in studio non fosse stato conforme a ben precise regole. In caso di controlli fiscali infatti, si potrebbe incappare in ulteriori tasse e sanzioni pure in assenza di evasione, se ci fossero state alcune imprecisioni del comportamento amministrativo che consentono al Fisco di presumerla. Chiameremo questo eventuale nuovo costo il "Rischio fiscale inutile".
Inutile perché, con i giusti accorgimenti, può essere evitato.
Diremo in che occasioni e per quali motivi può sorgere questo "rischio". Ma prima è bene sapere che ciò che serve per scongiurarlo va attuato prima di essere controllati, non ci sono soluzioni a posteriori. Si deve anche sapere che si tratta di accorgimenti che spettano al Titolare dello studio, sono parte del suo quotidiano sistema di lavoro, e il commercialista non potrà surrogarlo in alcun modo. Infatti, non è questi che scrive le fatture, riscuote dai clienti, acquista, paga i fornitori, preleva, versa, ordina bonifici, emette assegni, usa il bancomat o la carta di credito.
Il "Rischio fiscale inutile" può dunque manifestarsi in occasione dei controlli che il Fisco esegue nei confronti dei contribuenti, frequentemente innescati da anomalie nella dichiarazione, si pensi al "Redditometro", o nello studio di settore. Certamente, non tutti i dentisti "anomali" saranno controllati, ma l'esperienza dei corsi di una giornata che tengo sull'argomento, dove la percentuale di presenti già sottoposti a qualche forma di verifica oscilla attorno al trenta per cento, fa pensare che la categoria abbia una certa probabilità di esserlo. Il primo consiglio è quindi quello di presentare dichiarazioni in linea con la dimensione dell'attività e il tenore di vita, e studi di settore tassativamente "congrui e coerenti". A tal fine, l'impiego preventivo dei software "Redditest" e "Gerico" dell'Agenzia delle Entrate potrà aiutare.
Partite le verifiche, il nostro "rischio" si massimizza in presenza di "indagini finanziarie" e "ispezioni" della contabilità obbligatoria, quella di solito tenuta dal commercialista. In estrema sintesi, con le prime ci si vede recapitare l'elenco dei movimenti dei propri conti correnti bancari, e li si deve "giustificare" uno per uno entro breve tempo. Con le seconde viene eseguito un confronto fra quanto incassato e pagato, quanto registrato, i relativi documenti e la dichiarazione dei redditi. Il problema è che ciò che il Fisco può presumere come evasione magari è stato dichiarato ma che, per questioni che al profano potrebbero sembrare meramente formali e di cui prima, in mancanza di adeguate procedure amministrative interne, magari nemmeno aveva coscienza, non si riesce a provarlo nei modi che il Fisco vorrebbe.
Ad esempio, l'"indagine finanziaria" potrebbe sostenere che il versamento di un assegno incassato se di importo diverso da quello della relativa fattura, perché in parte saldata anche per contanti, è un incasso al nero. Stessa sorte potrebbe capitare per un assegno firmato da Tizio per pagare una regolarissima fattura, ma intestata a Caio.
In un accertamento fatto nei confronti di un mio cliente, sono stati contestati, sempre incassi al nero, accrediti POS perché la data di valuta (!) dell'operazione bancaria era anteriore a quella della fattura. In sintesi, per evitare tali contestazioni si deve avere la capacità amministrativa, e ribadisco che qui il commercialista non c'entra, di far corrispondere perfettamente, tenendone memoria per i canonici cinque anni, importi, soggetti e modalità degli incassi con quelli presenti nelle fatture e con i versamenti in banca.
Nella contabilità obbligatoria, specie se "ordinaria", un incasso registrato come avvenuto per contanti mentre è stato incassato con il Pos potrebbe essere considerato "senza fattura". L'acquisto di un bene strumentale, in mancanza di una chiara comunicazione al commercialista, potrebbe entrare per errore nelle spese dei consumi, o viceversa, rendendo "infedeli" i dati dello studio di settore. Per consentire al commercialista di fare bene il suo lavoro, che non è una meccanica trascrizione delle fatture sui registri, ma il controllo della regolarità, formale e sostanziale, delle operazioni svolte, vanno predisposte le migliori procedure possibili per trasferirgli informazioni e documenti. Non basterà quindi "portargli le fatture", ma si dovrà almeno accompagnarle con il loro elenco, da far riscontrare al consulente per evitare spiacevoli misunderstanding, e con la rendicontazione analitica dei movimenti di entrata e uscita del mese.
L'elencazione dei "difetti" che scatenano il "Rischio fiscale inutile" non si esaurisce con gli esempi dati, durante i miei corsi elenchiamo ben quindici procedure pratiche in grado di evitarli. A dispetto del "rischio", qualcuno potrebbe pensare che, tutto sommato, potrebbe convenire "dare in pasto" ai verificatori questi che sembrano errori minori e pagare, così sperando che, magari, non si accorgano di eventuali "peccati" ritenuti più scabrosi. Personalmente, trovo rischiosa l'idea, perché nulla vieta ai verificatori, che gli errori fossero pochi o tanti, di passare a forme di indagine ancor più invasive e arbitrarie, quali le "ricostruzioni presuntive" del reddito a partire dagli acquisiti di materiali monouso, e potrebbero essere guai seri. Meglio fare subito "bella figura". Un solido sistema amministrativo interno, con il quale condurre con mano sicura e nel rispetto delle regole la propria amministrazione, e con cui gestire nel migliore dei modi il trasferimento dei dati e dei documenti al commercialista, non è quindi proprio per nulla un optional.
A cura di: prof. Paolo Bortolini, esperto di economia aziendale
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