In queste settimane su gruppi Facebook, ma anche alcuni di voi lettori ci hanno scritto, vi interrogate su come mai ci siano ancora in giro pubblicità che propongono prestazioni odontoiatriche a tariffe particolarmente basse, nonostante leggi e sentenze sembrerebbero vietarlo. Anche nel viale che dall’autostrada mi porta in redazione a Milano, in questi giorni campeggia un grosso cartellone di una nota catena con l’insegna dal colore “violetto” in cui viene proposta una terapia odontoiatrica a tariffe vantaggiose.
Ovviamente non dico che siano pubblicità illegali e chi le propone lo faccia con dolo, le leggi delineano delle linee di principio, sta poi a chi è deputato al controllo giudicare ed eventualmente contestare, e chi pensa di essere nella ragione motivare il perché ritiene di essere nel giusto. La norma Boldi, come già in precedenza altre, affida ai presidenti OMCeO e CAO, a seconda se il presunto illecito sia commesso da un iscritto medico o odontoiatra, di verificare ed eventualmente sanzionare. In caso di società di capitale a finire sotto esame è il direttore sanitario della struttura.
Ma con che tempi e quali strumenti?
Nel caso del cartellone vicino alla sede milanese di Edra, il presidente CAO lo deve vedere, o gli viene segnalato, porta la cosa in Commissione (solitamente si riunisce una volta al mese), viene valutato che il messaggio non è conforme con quanto previsto delle norme (ora in aiuto per la valutazione, non solo dei presidenti CAO ma anche di chi vuole fare pubblicità, ci sono le indicazioni della CAO nazionale) e convoca l’iscritto, valutano insieme il messaggio e se giudicato non corretto probabilmente gli viene chiesto di farlo rimuovere. Se poi questo non avviene inizia l’iter che porta la Commissione a giudicare il comportamento dell’iscritto ed eventualmente a sanzionarlo. Se la pubblicità giudicata non conforme alle norme promuove una Catena la CAO potrà, oltre a aprire un procedimento nei confronti del direttore sanitario, segnalare il caso all’Autority per eventualmente multare la proprietà. Autority che ad oggi dovrebbe essere ancora l’AGCM, in attesa che un decreto renda operativo il compito affidato all’AGCOM dalla norma Boldi.
Insomma, i tempi non sono immediati, salvo il presidente CAO non riesca a convincere i NAS che il messaggio sul cartellone può mettere a rischio la salute del cittadino e di conseguenza farlo rimuovere in tempi brevi, come avvenuto tempo fa a Teramo.
Diciamo anche che, grazie all’instancabile impegno dei presidenti CAO, a forza di convocare iscritti e aprire procedimenti, con molta probabilità la situazione, nel tempo, si dovrebbe normalizzare. Credo che alla fine non convenga a nessuno un conflitto perenne.
Se l’impegno dei presidenti CAO è massimo, e non solo sulla pubblicità, sempre i presidenti di Ordine ed i presidenti CAO da sempre lamentano che i loro strumenti per far rispettare norme e codice deontologico, sono spuntati. E questo nonostante il loro potere, sulla carta, sia centrale nell’esercizio della professione medica ed odontoiatrica: senza iscrizione all’Ordine un laureato ed abilitato all’esercizio della professione medica o odontoiatrica non può esercitare.
Quello dei tempi che intercorrono tra la decisione della Commissione Albo Odontoiatri di infliggere una sanzione ad un iscritto e la sua effettiva applicazione, possono diventare veramente biblici, e non solo per questioni relativamente importanti come una pubblicità non conforme ma anche per casi di radiazione.
E’ notizia di questi giorni dell’avvenuta radiazione di un dentista di Viterbo accusato e poi condannato per vari illeciti tra cui quello di truffa nei confronti di alcuni suoi pazienti, sarebbe scappato in Sudamerica con gli acconti lasciando le cure da terminare. Il dott. Mauro Rocchetti, presidente della CAO di Viterbo, mi racconta che il primo procedimento nei confronti dell’iscritto era stato avviato circa sette anni prima, e vista la gravità dei fatti la CAO non aveva neppure aspettato la sentenza di condanna del giudice, altrimenti i tempi sarebbero stati ancora più lunghi.
Questo in sintesi l’iter che porta l’iscritto a scontare la sanzione comminata. La Commissione convoca l’iscritto per chiarimenti, valuta, eventualmente lo riconvoca con un legale e poi decide. Se scatta la sanzione l’iscritto può ricorrere alla CCEPS, che però per via del blocco imposto da una sentenza che ne ha contestato la validità, ha molte pratiche arretrate e non si riunisce spessissimo. La decisone del ricorso può quindi arrivare anche dopo tre anni, nel frattempo la sanzione inflitta dalla CAO è sospesa. Se la CCEPS conferma la sanzione, l’iscritto può ricorrere in Cassazione. Anche se il ricorso non garantisce la sospensione della sanzione, la decisione della CCEPS è esecutiva, molti presidenti di Ordine preferiscono sospendere la decisione, in attesa che la Cassazione si pronunci, per evitare eventuali richieste di danni se la Suprema Corte dovesse dare ragione all’iscritto.
Quindi, un medico o odontoiatria giudicato colpevole, anche di fatti gravi che meritano la radiazione, può continuare ad operare per alcuni anni prima che gli venga tolta la possibilità di esercitare. La vicenda della dentista sospesa a Terni è una delle recenti conferme a questo.
E se poi dopo 5 anni dimostra al proprio Ordine di essere “cambiato”, di aver capito la lezione, può richiedere di iscriversi e tornare ad esercitare.
E questo non vale solo per medici ed odontoiatri, ma per buona parte degli iscritti agli Albi professionali.
Sempre in questi giorni dalle colonne del Giornale della Previdenza ENPAM Cosimo Nume, membro CCEPS e responsabile area comunicazione della FNOMCeO ricorda come alla CCEPS “attualmente, ci sono in linea 210 contenziosi, 142 di medici e 68 di odontoiatri. Tra essi, casi di violenza sessuale, concorso esterno in associazione mafiosa, prestanomismo ad abusivi, pubblicità ingannevole, promozione di fake news e teorie antiscientifiche”. Sempre nell’articolo si evidenziava come un iscritto sospeso o radiato possa nel mentre andare a lavorare in Europa sfruttando un sistema di controllo che non sempre funziona a dovere.
Come capita anche nella giustizia ordinaria, i tempi per garantire, giustamente, la possibilità a chi viene accusato e condannato di dimostrare l’eventuale innocenza rischiano di aiutare a triarla per le lunghe chi ha poco da dimostrare e lasciare sulla “graticola” chi invece è dalla parte della ragione.
In attesa che si risolvano i problemi della giustizia ordinaria, si potrebbe cominciare a rivedere il sistema per quella ordinistica.
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