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10 Novembre 2019

Dentista, clinico, collaboratore, cassiere o influencer?

di Norberto Maccagno


Dopo aver letto le norme inserite nella legge di Bilancio che toccano anche lo studio odontoiatrico, i dati rilevati da EDRA e da Key-Stone che indicano la percentuale di odontoiatri e di futuri dentisti che non intendono aprire un proprio studio non ci stupiscono per la numerosità rispetto ad un tempo, ma per il fatto che ci possa essere ancora qualcuno che vuole mettersi in proprio. E la notizia del possibile obbligo per tutti i professionisti sanitari che inviano i dati al StS di adottare il registratore di cassa, è poi la conferma a quanto dico.  Se è vero che la norma è stata scritta male e lascia spazio ad interpretazioni, ecco la prova di come sia oggi veramente difficile lavorare seguendo le regole, perché sempre più spesso, le regole, non sono chiare ma interpretabili. Se invece è veramente convinzione del Governo combattere l’evasione fiscale mettendo il registratore di cassa nello studio del dentista, ok, allora non c’è altro da fare che alzare bandiera bianca. 

Ma torniamo ai dati sulle scelte degli odontoiatri in attività e dei futuri odontoiatri approfondite durante l’evento organizzato da EDRA dal titolo “Odontoiatria 4.0. Meno titolare e più dentista?”. Quando abbiamo cominciato a parlare di questo convegno, un vostro collega mi ha scritto dicendomi che per lui il titolo non era corretto perchè il dentista è il titolare di studio, mentre gli altri sono i collaboratori. La mia risposta è stata: per me il dentista è quello che cura i denti delle persone e può farlo come titolare di studio, socio di uno studio associato, di una società oppure come collaboratore. Ed è questo assunto che ci ha spinti a voler approfondire e ragionare attraverso l’evento e gli ospiti intervenuti.

Ma il vostro collega non ha torto, non solo fino a qualche decennio fa quella dello studio proprio era lo sbocco lavorativo di ogni odontoiatria, ma anche oggi lo è ancora. Solo che un tempo le percentuali erano da democrazia bulgara oggi, stando ai dati rilevati da EDRA, i titolari puri sono il 44% degli esercenti, mentre i titolari che fanno anche collaborazioni il 68%, e molto probabilmente le collaborazioni sono costretti a farle perché faticano a riempire di appuntamenti per tutta la settimana l’agenda dello studio. 

Parlare di evoluzione delle professioni e di quella odontoiatrica in particolare, dovuta ai tanti fattori che la condizionano, è di fatto impossibile in un breve scritto, non basterebbe neppure una giornata di un convegno. Quello che si può invece ricordare, e che spesso si da per scontata la sua importanza, è il fine della professione che si è scelto di esercitare, che nel vostro caso è quella di curare le persone.  

Cambia il modo di esercitarla ma lo scopo della vostra professione è sempre lo stesso fin da quando il dentista girava per i paesi con il suo carro e gli strumenti quasi da torutra.

E su questo punto, secondo i dati rilevati dalla ricerca commissionata dal Collegio dei Docenti, i futuri odontoiatri hanno le idee chiare. Ed infatti alla domanda. “la professione è principalmente espressione di”, rispondono: realizzazione personale (66%), autonomia individuale (26%). Inoltre oltre l’88% non tornerebbe indietro sulla scelta fatta. 

Certo, per la futura generazione di dentisti lo studio di proprietà non sarà più l’obiettivo dove realizzarsi come professionisti, certamente per motivi oggettivi, ma anche per scelta. Ma gli eventuali problemi per i pazienti non saranno certo causati da chi sarà il titolare dello studio dove si sono rivolti, ma sempre dal dentista che li sta curando. 

Ha ragione il presidente CAO Raffaele Iandolo quando all’evento EDRA ha ricordato come “La professione, qualunque sia la modalità in cui viene esercitata, non deve mai perdere di vista il faro dell’etica e l’odontoiatra deve compiere uno sforzo per essere sempre aggiornato e preparato” lavorando secondo scienza e coscienza e, aggiungo io, senza farsi condizionare nel proporre la terapia dai possibili guadagni: sia che lo studio sia suo sia che la retribuzione arrivi, a percettuale, per le collaborazioni fatte in uno studio di una Catena dentale. 

Se lo "scontro", tra sindacati dei titolari di studio e di quello delle Catene, su quale dovrebbe essere l’unico e legittimo modello organizzativo possibile è comunque normale in una democrazia, come normale è che ognuno si batta per fare valere le proprie idee, la questione reale è quella della tutela del paziente ma anche della sostenibilità del sistema assistenziale odontoiatrico. Sia per chi paga le cure, il paziente, che per chi deve garantire l'assistenza, il dentista.

Non sono pienamnete d’accordo con l’amico Roberto Rosso quando dice che in futuro gli studi saranno sempre più grossi. Certamente cresceranno gli studi organizzati, nei grossi centri urbani, ma considerando che il 34% degli attuali studenti ha uno studio di famiglia (ai quali ci dobbiamo aggiungere buona parte dei circa 400 che ogni anno tornano in Italia dopo essersi laureati all’estero) il futuro dell’attuale modello di studio odontoiatrico basato sul titolare o su qualche associato, sembrerebbe ancora avere un futuro. 

Da più parti abbiamo sentito indicare come il cambiamento, condizionato da molti fattori, vada governato così come abbiamo più volte evidenziato come serva un progetto unitario ed un legislatore attento e capace a farlo proprio per il bene dei cittadini prima ancora dei professionisti che ci lavorano.  

Se però il legislatore (ma anche quelli prima non erano meglio, purtroppo) è quello che pensa che sia il registratore di cassa obbligatorio per i dentisti a mettere a posto il nostro Paese, allora si dovrà dire a quei migliaia i studenti che ogni anno si impegnano per cercare di entrare ad Odontoiatria che stanno sbagliano tutto e devono inscriversi al corso di laurea triennale per diventare un Influencer. Peraltro, guardando solo la scelta dal punto di vista del fatturato e della qualità della vita, probabilmente quella giusta l’ha fatta Chiara Ferragni e non suo papà o sua sorella, entrambi dentisti.

Forse, però, questo i futuri dentisti già lo sanno visto che solo il 6% pensa che la professione di odontoiatra consenta di avere una sicurezza economica, ma nonostante questo cercano di diventare odontoiatri. Chiariamo, rispetto a molte altre professioni la vosrta offre ancora moltissime possibilità.

Il futuro della professione sarà quindi come i futuri dentisti sapranno farla diventare. Se poi, nel mentre, chi è già in attività lavora per metterli in condizione di esercitarla, magari potendo concentrare gli investimenti su attrezzature all’avanguardia per migliorare le cure e non su burocrazia, Pos o registratori di cassa e quant'altro, sicuramente sarà un fattore positivo per la professione e per noi pazienti.

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