"Quale formazione per il dentista di domani" è stato il tema del 4° Congresso politico AIO svoltosi a Roma sabato 22 Novembre.
In realtà e' stato un processo all'attuale modello che regola l'accesso alla professione, come ha ricordato aprendo l'evento il presidente del Congresso Mauro Sanalitro.
Ma la sentenza, emessa alla fine del dibattito, può essere quella dell'assoluzione per insufficienza di prove.
Perché, se da una parte l'evento ha cercato di indicare quale potesse essere il modello ideale per garantire il diritto allo studio e la possibilità di trovare lavoro una volta laureati, dall'altra ha evidenziato come sia veramente difficile se non impossibile indicare un modello che accontenti le esigenze di tutti.
Si parte con la fotografia "dell'esistente" portata dal presidente AIO Pierluigi Delogu in cui viene evidenziato il problema pletora in Italia rispetto agli altri paesi europei. Poi, dopo altri interventi, una tavola rotonda ha cercato di approfondire le criticità avanzando possibili soluzioni.
A difendere il diritto allo studio e la possibilità, per tutti, di iscriversi al percorso formativo scelto è stato Alessio Portobello, rappresentante dell'UDU, l'Unione studenti universitari che ha promosso in questi anni, con successo, i ricorsi che hanno permesso a oltre 5mila studenti che non hanno superato i test a medicina ed odontoiatria di iscriversi ugualmente in sovrannumero.
"Il nostro obiettivo non è quello di promuovere i ricorsi -ha detto Portobello- ma di dare la possibilità a tutti di studiare, diritto che non deve essere distinto dal garantire a tutti le milgiori opportunità di lavoro". Quindi garantire il diritto allo studio aprendo le porte delle università a tutti per poi, come suggerisce Portobelo, fare selezione durante il percorso universitario in modo da laureare solo chi veramente merita.
Ma anche su di un tema come il diritto allo studio diventa difficile trovare un punto d'incontro che accontenti tutti perché, ricorda Emilio Fiorentino presidente AISO, il diritto allo studio non è solo quello di chi vuole iscriversi all'università "ma anche di chi pretende di imparare". "A seguito dei ricorsi -spiega Fiorentino- nella mia università (la Federico II di Napoli NdR) siamo costretti a studiare in 67 in una struttura che ha attrezzature e locali calibrate per 30 persone. Difficilmente potremo non solo fare pratica ma neppure essere seguiti dai nostri docenti come andrebbe fatto".
In questo caso il diritto allo studio diventa solo un diritto all'iscrizione.
Un soluzione potrebbe essere quella proposta da Maria Grazia Tarsitano dell'Associazione Giovani Medici che schierandosi per il numero chiuso suggerisce di lavorare sull'orientamento scolastico nelle scuole superiori cercando di fare programmazione indirizzando gli studenti alle facoltà per cui sono realmente portati.
Tutti si schierano, invece, sulla inefficacia degli attuali test chiedendo meno domande di cultura generale e più domande specifiche alle professioni per cui gli studenti si formeranno.
Sul fronte di poter garantire il lavoro a chi si laurea, il discorso diventa ancora più complicato sia considerando l'attuale modello di assistenza odontoiatrica, basato prevalentemente sul dentista privato, che sul come l'università italiana forma i propri studenti. Per il prof. Guido Broich ,docente di organizzazione Servizi Sanitari dell'Università di Ferrara, evidenza come l'Università italiana predilige, troppo, la formazione teorica. Sul numero chiuso ricorda quando, per medicina, non vi erano sbarramenti e tutti si laureavano senza la possibilità di valutare la preparazione dei futuri medici oltre a non esserci la possibilità, per gli studenti, "di imparare a fare i medici". In merito alle possibilità di lavoro dopo la laurea il prof. Broich ritiene che oggi "l'odontoiatria stia affrontando un problema che la medicina ha affrontato molti anni fa" e che poi ha portato il medico a lavorare quasi esclusivamente con le convenzioni con il SSN. "Il professionista da solo non riesce più ad essere competitivo e si andrà verso un modello che vedrà gli odontoiatri lavorare in studi strutturati". Se questo è un bene o un male il prof. Broich non si sbilancia ma anticipa che nel futuro "l'autonomo da solo sarà una eccezione", anche perché la specialità della professione odontoiatrica non lo consentirà più. E nel futuro la professione, come accaduto per medicina, dovrà anche fare i conti con il terzo pagante.
Certo, per l'odontoiatria ci vorrebbe una maggiore attenzione da parte dello Stato come avviene in altri paesi, non solo dal punto di vista assistenziale ma anche per la promozione della cultura alla prevenzione, ha ricordato Gerhard Seebergher, past president AIO e Consigliere FDI. "In Italia -ha detto- la salute orale non è una priorità politica" e questo ha come conseguenza molti dei problemi del settore.
Ma l'attuale modello di accesso ai corsi di laurea in odontoiatria basato sui test d'ingresso non sembra essere stata la causa della pretora odontoiatrica indicata dai dati sugli iscritti all'Albo. Il sistema era già saturo quando è nato il corso di laurea in odontoiatria visto che oggi, dopo 30 anni i laureati in odontoiatria iscritti sono solo 26 mila contro i 34 mila in possesso di una laurea in medicina (e di questi solo 11 mila hanno la specialità in odontoiatria), come Odontoaitria33 aveva informato.
Quindi il problema non è dell'attuale modello di accesso alla professione ma di quello passato, chiediamo provocatoriamente al segretario AIO Angelo Raffaele Sodano.
"Un sistema che si sta mettendo a regime da solo, con il tempo", dice Sodano che sposta l'attenzione su di un'altra faccia del problema: la previdenza.
"Il numero chiuso a medicina ed odontoiatria- dice Sodano- garantisce una programmazione nell'accesso al mondo del lavoro, ma genera degli squilibri nel sistema della previdenza comportando, in un futuro neppure tanto lontano, problemi". "Deve esserci connessione con chi entra nel mondo del lavoro e chi esce". Anche per questo, evidenza Sodano, non si può trattare il problema dell'accesso alla professione guardandolo da un solo punto di vista ma si deve mettere sul tavolo tutte le problematiche cercando di trovare risposte univoche.
Un tavolo di confronto, conclude il segretario AIO che "deve comprendere tutte le parti in causa e non puntare ad escluderne alcune".
Norberto Maccagno
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